Il piano strategico della Scuola di Specializzazione in Archeologia dell’Università di Catania tra ricerca, professione, management e comunicazione
È entrata a pieno regime l’offerta di formazione proposta dalla Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dell’Università di Catania. Alla regolare attività didattica elaborata per gli allievi sulla base di un piano di studi tradizionale che sarà oggetto di rivalutazione nel corso del prossimo anno accademico, la direzione della “Scuola” ha deciso di spingere l’acceleratore ed avviare, in parallelo, un consistente “Piano di investimento formativo”.
Un progetto di alta formazione mirata a inserire l’archeologia professata alla Scuola dell’ateneo catanese in una traiettoria di forte innovazione, al passo con i tempi e, soprattutto, in sintonia con le esigenze derivanti da diversi contesti disciplinari che vanno dal mondo della ricerca a quello delle professioni dell’imprenditoria in una progressiva rivalutazione del ruolo dell’archeologo nella società contemporanea.
Nell’attesa che prenda avvio, a livello nazionale, un processo di revisione del quadro normativo che regola la formazione di terzo livello, è la visione strategica e la capacità di innovare in seno alle singole Istituzioni a fare la differenza.
«Stiamo investendo con determinazione sulla formazione dei nostri trenta allievi – spiega il prof. Daniele Malfitana, direttore della Scuola di Specializzazione in Beni Archeologici dallo scorso novembre -. Abbiamo pensato, d’intesa con il Consiglio scientifico della “scuola”, di intensificare l’offerta didattica mettendo a sistema un piano di investimento che tenga conto di temi solitamente non toccati nella tradizionale offerta».
Sono così state promosse le Public lectures, affidate ad illustri nomi dell’archeologia nazionale ed internazionale, e, inoltre, seminari e laboratori affidati a specialisti di vario indirizzo che affronteranno tematiche che l’archeologo di oggi, prima o poi, incontrerà lungo il suo cammino professionale.
L’obiettivo principale dell’offerta è sviluppare nei giovani archeologi che studiano per un biennio nella Ssba la capacità di destreggiarsi nell’utilizzo delle nuove tecnologie dell’informazione e dei principali strumenti dell’innovazione digitale largamente adottati in ambito archeologico.
In tal modo, laboratori dedicati all’uso dei software Gis e Web-Gis, alla gestione di database per la gestione delle evidenze archeologiche, o ancora, quelli dedicati alla comprensione del valore del capitale culturale e di quello socio-economico, all’acquisizione di soft skills nel campo dell’archeologia virtuale, della gamification e dello storytelling emozionale. E ancora si continua con laboratori finalizzati al rapporto fra archeologia e scienze esatte per toccare anche il tema della progettazione europea con uno spazio dedicato alla formazione dei giovani nel campo della progettualità, nazionale, internazionale e regionale, finalizzata a fornire gli strumenti essenziali per poter competere, una volta chiuso il percorso formativo, in iniziative finanziate da enti ed istituzioni diverse.
Saranno affrontati e discussi, inoltre, i temi dell’archeologia preventiva, dell’archeologia pubblica e partecipata, della comunicazione e divulgazione, della valorizzazione della ricerca, dello studio dell’ambiente e del paesaggio, dell’archeo-faunistica e dell’archeologia subacquea. Tutto ciò senza dimenticare l’interesse sul ‘valore della ricerca’ nella sfera delle professioni e dell’imprenditorialità, negli aspetti di tipo manageriale, quali la gestione operativa di uno scavo e delle risorse umane ed economiche in esso allocate.
Il ciclo di seminari si concluderà con l’analisi del sistema legislativo italiano dei beni culturali: obblighi, procedure, prassi normative e vincoli, con l’approfondimento di tutti quegli aspetti che consentiranno ai futuri archeologi di operare in piena sintonia con le direttive del sistema statale del Ministero della Cultura e dell’assessorato regionale ai Beni culturali.
«È un piano strategico non casuale – continua il direttore Malfitana – e riceve forza anche dalla profonda sintonia che la Ssba ha avviato, con decisione, già da quest’anno accademico, con l’assessorato regionale dei Beni culturali coinvolgendo ed impegnando nell’offerta didattica chi vive e opera sul campo, ovvero gli archeologi attivi nelle strutture di Soprintendenze, parchi, musei e aree archeologiche siciliane che finalmente potranno trasmettere le loro esperienze ed arricchire il percorso formativo degli allievi».
«Crediamo – conclude Malfitana – che questa intrapresa sia la strada giusta. L’archeologia professata nell’ateneo catanese ha una lunga tradizione ed il percorso per la specializzazione di terzo livello che stiamo pian piano potenziando si iscrive nella volontà e nel disegno di mettere il giovane allievo nelle condizioni di acquisire una formazione completa che lo prepari per ogni settore in cui vorrà cimentarsi a conclusione del suo percorso di studi».