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Giovanni Pizzo  |
venerdì 21 Ottobre 2022

"L’Italia non si può, soprattutto in questo momento, concedere avventure": il commento alle consultazioni del centrodestra al Quirinale e l'imminente nomina di Giorgia Meloni a premier.

Qua non parliamo di Arbore e Boncompagni e della loro fortunatissima trasmissione radiofonica. Ma della nascita del nuovo Governo italiano che sembra un percorso accidentato da Mountain bike. La Meloni si era ripromessa ed aveva dichiarato di essere pronta per un governo di Alto Profilo. Ma si sa l’establishment è restio a rischiare su carri neofiti, e molti tecnici, da Panetta a Cingolani, hanno detto “no grazie”. A questo punto non rimaneva che rivolgere agli alleati un appello a fornire curriculum di persone competenti ed esperte delle deleghe.

E qui il nodo viene al pettine, perché il centrodestra ha molti nodi che vengono al pettine se si parla di nomine. Da conflitti d’interesse a debolezze curriculari, condite da rapporti di forza interni non sereni quasi ovunque quando c’è da sgomitare, soprattutto per quei gruppi in cui si è insinuato il dubbio, non peregrino, dell’ultimo giro di giostra.

La sortita temeraria, che genera più di un sospetto, di Berlusconi mette il probabile premier incaricato in una posizione veramente difficile. A questo punto lei, che tentava di assorbire in maniera morbida le pulsioni dell’ormai ex centrodestra, può solo allungare il passo e alzare l’asticella. Soprattutto dopo quello che è successo in Parlamento in questo giorni. Deve procedere a un governo alla Draghi, con molti tecnici di Alto Gradimento, soprattutto internazionale, che non diano la sensazione di essere come ha detto lei “ricattabili” da qualcuno o qualcosa.

Su questo potrebbe trovare il malcontento di tanti, di certo Berlusconi ma non solo, dovrà anche sostenere una certa solitudine, che solo il potere da, anche nel proprio partito. Un governo che abbia la Belloni, la migliore risorsa in questo campo, agli Esteri o un generale Graziano alla difesa certamente da più credibilità internazionale, di un Tajani o un D’Urso, con tutto il rispetto per entrambi. Forse una Silvana Sciarra alla Giustizia, oltre al gradimento di Mattarella, restituirebbe un po’ di imparzialità in un momento del genere, oltre a essere un nome femminile.

Su questa linea si potrebbe pure puntare a manager donne, come Maria Bianca Farina o Cristina Mollis, per l’incarico del Ministero dello sviluppo economico. Quello della parità di genere dovrebbe essere un punto di forza della prima Premier donna di questo Paese. Non solo per dare un bello schiaffo morale alla sinistra, ma per fare veramente capire, anche ai maschietti della sua coalizione, che il vento è cambiato, e lei Giorgia non è uno specchietto per le allodole.

Inoltre se vuole ricevere una qualunque forma di appoggio da parte di altri soggetti politici, cosa che ha già sperimentato con l’elezione di La Russa al Senato, un governo con una profilatura ad alto gradimento, anche interno, da civil servant, aiuta molto. Perché tornare al voto, con campagna elettorale natalizia, non sarebbe avventuroso, sarebbe suicida, tra bollette e mercati impazziti. L’Italia non si può, soprattutto in questo momento, concedere avventure, ne abbiamo avute fin troppe e non si può sempre confidare nello Stellone, né quello a stelle e strisce né quello che campeggia in altre bandiere.

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