A due mesi dal voto, centrodestra e centrosinistra non hanno ancora annunciato i candidati definitivi. Nel frattempo, sembra ormai tramontata l’ipotesi di un “grande Centro” unito in corsa
PALERMO – A due mesi dalle elezioni Amministrative il centrodestra e il centrosinistra non hanno ancora un candidato sindaco definitivo. Per il centrodestra bisognerà attendere il vertice tra Lega, Fratelli d’Italia e Forza Italia. Era in programma questa settimana ma è slittato di qualche giorno in attesa del rientro dalla Polonia del leader del Carroccio Matteo Salvini.
Nel frattempo però Fdi ha fatto la prima mossa confermando ufficiosamente la candidatura di Carolina Varchi attraverso un messaggio sui social. A scriverlo è stato Giovanni Donzelli, responsabile dell’organizzazione del partito di Giorgia Meloni, che ha diffuso su Instagram una foto che lo ritrae alla Camera insieme alla deputata: “In Aula con la nostra Carolina Varchi, candidato sindaco a Palermo per Fratelli d’Italia – si legge nel commento alla foto -. Nelle pause dei lavori parliamo del futuro di una delle più belle città del mondo”. Difficilmente, però, Lega e Fi lasceranno a Fdi sia il Comune sia la Regione.
Già, perché nella più ampia partita a scacchi che porta allo scranno di Palazzo delle Aquile bisogna tenere a mente anche gli altri appuntamenti che coinvolgeranno gli elettori siciliani nei prossimi mesi, come le elezioni del primo cittadino di Messina e del nuovo governatore. E qui nasce l’inghippo, visto che non è un mistero che Fdi vorrebbe la conferma di Nello Musumeci a Palazzo d’Orleans, anche se i rapporti tra il leader di Diventerà Bellissima e la Lega sono ormai ai minimi termini. Se Meloni dovesse puntare i piedi su Musumeci, gli alleati potrebbero decidere di lasciar correre i meloniani da soli oppure di rilanciare imponendo in cambio un proprio nome per Palazzo delle Aquile.
Non dovrebbe trattarsi, in ogni caso, di Roberto Lagalla, assessore regionale all’Istruzione (sponsorizzato dal coordinatore regionale di Forza Italia Gianfranco Miccichè), che ha incontrato parecchie resistenze nelle scorse settimane tra i banchi di Fdi, Mpa e Cantiere popolare, che hanno minacciato di sfilarsi e correre da soli. Sullo sfondo restano le candidature di Alessandro Aricò, capogruppo di Db all’Ars, e di Francesco Greco di Fi, che però sembrerebbe essersi defilato.
Anche nella coalizione di centrosinistra regna ancora confusione. Nelle ultime settimane si era fatta largo la candidatura del presidente dell’Ordine nazionale degli architetti Franco Miceli, che un ventennio fa è stato assessore ai Lavori pubblici in una Giunta di Leoluca Orlando. Miceli aveva ricevuto il beneplacito di buona parte del Pd e di Sinistra Civica Ecologista ma non piaceva ad alcuni pezzi del M5S. A non convincere era stato anche il metodo, dato che gli orlandiani hanno invocato le primarie per settimane. Alla fine le divisioni interne alla coalizione hanno indotto Miceli a ritirarsi.
“L’amore per la mia città mi ha portato a valutare la proposta che mi veniva offerta – ha annunciato in una nota -. Ma per fare delle scelte era necessario stabilire alcune condizioni primarie. La condizione prioritaria è la massima unità dello schieramento progressista in grado di costruire un rapporto forte tra politica e società. Questa condizione non si è manifestata, al contrario registro la presenza di troppi conflitti ed il permanere di tante posizioni autoreferenziali. Ne prendo atto. Pertanto, non ritengo esistano le condizioni favorevoli per mettere in campo il potenziale di cui c’è bisogno e viceversa noto tanta disattenzione nei confronti del destino della nostra città”.
“Chi mi conosce – ha aggiunto Miceli – sa bene che non mi sono mai sottratto ad impegni complessi e di responsabilità ma ritengo che un impegno così grande, necessario per affrontare gli enormi problemi irrisolti della città, abbia bisogno di una grande partecipazione collettiva, sia da parte della politica, sia da parte dell’intera città, altrimenti ogni sforzo risulterebbe vano. Non mi trovo a mio agio con i ‘tatticismi esasperati’ della politica che sono lontani anni luce dalle mie corde. Con grande rammarico – ha concluso – constato che l’interesse vero della città non è al centro dell’agenda politica. Palermo non può essere merce di scambio per appetiti personali presenti e futuri, né può essere il campo di gioco per soddisfare la bramosia di partecipazione dei candidati di bandiera per future collocazioni. Così si fa solo danno alla città”.
Sembra ormai tramontata, infine, l’ipotesi di un “Grande Centro”. Sia Italia Viva sia l’asse +Europa-Azione hanno deciso di procedere in ordine sparso: i renziani punteranno sul senatore Davide Faraone mentre i partiti di Carlo Calenda ed Emma Bonino hanno ufficializzato proprio in questi giorni Fabrizio Ferrandelli al suo terzo giro di giostra dopo le candidature del 2012 e del 2017.
“È indegno che una città dell’importanza di Palermo a due mesi dalle elezioni non abbia un candidato in campo – ha detto Calenda, secondo quanto riportato dall’Ansa -. Ferrandelli è in campo, con una candidatura sostenuta da un programma serio e corposo. Cuffaro, Miccichè e compagnia non fanno parte del nostro perimetro, che non è aperto al M5S, che è una sciagura come abbiamo visto a Roma con la Raggi. Agli amici del Pd dico: abbandonate l’abbraccio ai Cinque Stelle e venite con noi. Lo dico anche all’area moderata di centrodestra. Non so cosa voglia fare Italia Viva, Davide Faraone si è candidato a Palermo, auguri – ha concluso -. Penso che la linea politica sia inintelligibile a parte dire che Renzi sia il salvatore della patria e dell’universo. In Italia Iv si alleerà a volte con il M5s altre con Forza Italia, auguri”.