Il presidente della Corte Costituzionale, Giovanni Amoroso, nella sua relazione tenutasi lo scorso 11 aprile, ha citato un dato estremamente preoccupante: delle 212 leggi sottoposte alla Corte lo scorso anno, ben 94 sono state dichiarate incostituzionali (cioè circa il cinquanta per cento), il che comporta la loro cancellazione. Tutto ciò significa che il Parlamento – che approva le leggi – può considerarsi bocciato, perché ne ha prodotto 94 al di fuori del perimetro della Magna Carta.
La questione denunziata da Amoroso è estremamente preoccupante, perché se si facesse una proiezione su tutte le leggi che sono in circolazione, si dovrebbe presumere, seppure arbitrariamente, che circa la metà di quelle vigenti non hanno valenza perché sono illegittime, con la conseguenza che tutti/e i/le cittadini/e sottoposti/e a esse di fatto compiono atti al di fuori del sistema normativo.
La domanda che sorge è: come mai i Parlamenti che si sono succeduti in queste decine di anni hanno formulato leggi illegittime?
La risposta è abbastanza semplice: i compilatori dei testi non conoscono bene la Costituzione e quindi mettono insieme frasi e parole che non sono conformi a essa. La successiva domanda è: si tratta di ignoranza o di atto voluto? Non è facile dare una risposta, perché bisognerebbe scrutare l’imperscrutabile senso di dignità di coloro che scrivono i testi. In ogni caso, il dato oggettivo è grave per gli effetti che esso può produrre.
La reprimenda del presidente Amoroso fa il paio con alcune lettere che il nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, ha inviato al Parlamento in diverse occasioni. Con le stesse il Capo dello Stato ha evidenziato come i testi non siano scritti in buon italiano, siano arzigogolati, pieni di interpunti e di frasi inserite e sostituite, di punti e di virgole fuori posto e di altre cose che le rendono di fatto illeggibili, anche perché scritte in cattivo italiano.
Perché il Presidente Mattarella ha scritto queste lettere? Non certo per il gusto di rimproverare, ma semplicemente perché la Costituzione e le preleggi impongono che tutte le norme siano scritte in modo tale che tutti/e i/le cittadini/e siano in condizione di comprenderne il significato.
Eppure la composizione dei testi dei Disegni di legge è fatta da professionisti/e, che comprendono e che hanno competenze. Ecco perché sorge la maliziosa domanda che abbiamo posto in precedenza: se c’è la competenza e ovviamente anche la cultura di chi conosce l’italiano, i testi formulati dovrebbero essere chiari, fluidi e trasparenti. Però così non è.
Se pensate che l’ultima Legge di bilancio è formata da un articolo unico sotto cui sono elencati 908 commi, si capisce benissimo come chi volesse leggere questo testo avrebbe grosse difficoltà a comprenderne significato e portata. I/le cittadini/e hanno enormi difficoltà a comprendere le leggi così formulate e quindi a osservarle; i magistrati hanno enormi difficoltà a interpretarle e applicarle, così come gli avvocati onesti, che da questo marasma ne escono vittime.
Tutti, dunque, pagano le conseguenze di questo scriteriato modo di formulare testi importantissimi per il buon funzionamento di una Comunità.
Abbiamo svolto molti Forum con i presidenti delle quattro Corti d’Appello siciliane, i quali lamentano proprio questo fatto, cioè che sono costretti a riunire spesso i presidenti dei Tribunali delle stesse Corti d’Appello, per tentare di dare univoche interpretazioni alle diverse leggi e quindi avere conformità nelle sentenze, il che la dice lunga sulla “bontà” delle leggi stesse.
L’ermetismo delle norme non può essere casuale, ripetiamo, perché, come diceva il non dimenticato “divo Giulio” (Andreotti): “A pensar male si fa peccato, ma spesso si indovina”.
Non la facciamo lunga, anche per non annoiarvi, cari e care lettori/trici, ma riteniamo nostro dovere fare “l’altra informazione”, vale a dire quella che non viene scritta sui giornali, detta in radio e televisioni e tantomeno pubblicata sui social media, che si occupano di ben altro. A voi la mediazione.

