Il tributo ad uno dei più grandi ed affascinanti interpreti del cinema mondiale nel giorno della sua morte
Con la morte di una delle più grandi icone del 900, Alain Delon, si possono considerare finiti i favolosi anni 60, gli anni del boom, della Dolce Vita, ma anche della contestazione, del famoso ’68, ed infine a conclusione di quell’era irripetibile il concerto di Woodstock nel 1969, dove 400.000 ragazzi stettero tre giorni ad ascoltare i più grandi di tutti i tempi. Nel 1969 Alain Delon era già un idolo, l’uomo più bello del mondo. Un sex simbol cupo, sfrontato, ribelle, solitario, una mina vagante per qualunque donna. Era nato nella provincia francese, era, dopo il divorzio dei genitori, destinato ad una carriera di salumiere, pensate un po’, al seguito del patrigno, ma a 17 anni si arruola e parte per la guerra di Indocina, colonia francese, più nota come Vietnam. Di 5 anni nel sudest asiatico ne trascorre ben uno in prigione militare per il suo carattere indisciplinato. Poi torna e va a Parigi e con quegli occhi di ghiaccio incanta il mondo, le donne e non solo. La donna che gli rimase appiccicata, come una seconda pelle, fu un’altra icona carica di simbologia, Romy Schneider.
La carriera di Delon è stata una costellazione di ruoli da duro, gangster o poliziotto, ma se uno dovesse scegliere qualcosa che lo identifichi è l’interpretazione di uno scrittore fallito Jean Paul Leroy nel film “La piscina” del 1969, con al fianco proprio la Schneider, lontana dallo schermo che lui impose alla produzione. Il carico di fascino e malinconia, di tempo perduto e gioventù bruciata, fanno di questo film il senso di un’era che si stava consumando. Il dopo non fu mai così bello, vitale, struggente. I ruggenti anni ’60, con donne bellissime come la Bardot, la Cardinale, la Deneuve, e attori che recitavano se stessi, come Delon, Mastroianni o Steve McQueen, furono irripetibili, tutto sembrava possibile, mentre oggi tutto sembra già visto. Di Delon-Tancredi, nel Gattopardo di Luchino Visconti che vinse a Cannes, rimane la frase del Principe di Salina a Calogero Sedara, il parvenù padre di Angelica: per fare un Falconeri, con quella classe ed eleganza innata, occorre dilapidare più di un patrimonio.
E Delon era così. Classe pura.
Così è se vi pare