Il fenomeno dell’antibiotico-resistenza rappresenta una delle minacce più serie alla salute pubblica a livello planetario. Gli antibiotici, molecole naturali prodotte principalmente da microrganismi come i funghi, hanno rivoluzionato il trattamento delle infezioni batteriche sin dalla scoperta della penicillina da parte di Alexander Fleming nel 1929. Tuttavia, la loro efficacia è messa a rischio dalla crescente capacità dei batteri di sviluppare resistenza a questi farmaci salvavita.
Negli anni d’oro della ricerca antibiotica, tra il 1945 e il 1960, numerosi antibiotici furono scoperti e resi disponibili per l’uso clinico, tra cui la streptomicina, le tetracicline, il cloramfenicolo, la rifampicina e le cefalosporine. Tuttavia, negli ultimi vent’anni, il ritmo di scoperta di nuovi antibiotici ha subito un drastico rallentamento, con solo due nuove classi di antibiotici introdotte sul mercato: gli oxazolidinoni e i lipopeptidi.
La resistenza agli antibiotici ci pone di fronte a un paradosso della medicina moderna: da un lato, abbiamo a disposizione un arsenale farmacologico che i nostri antenati non avrebbero nemmeno potuto immaginare; dall’altro, stiamo assistendo impotenti alla sua erosione a causa di batteri che hanno imparato a difendersi dagli strumenti che erano stati concepiti per annientarli. La scoperta degli antibiotici ha segnato una svolta epocale nella storia della medicina, promettendo una vittoria schiacciante sulle malattie infettive. Eppure, questa promessa si sta trasformando in una beffa, con gli antibiotici che rischiano di diventare reliquie di un’epoca d’oro della medicina, esposte nei musei accanto alle sanguisughe e ai bisturi arrugginiti.
L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce l’antibiotico-resistenza uno dei maggiori pericoli per la salute umana e calcola che le infezioni da antibiotico–resistenza uccidono ogni anno circa 50.000 persone negli Stati Uniti e in Europa. Negli Stati Uniti ogni anno due milioni di persone contraggono un’infezione resistente ai farmaci, con costi sanitari diretti che i Centri per il Controllo e la Prevenzione delle malattie stimano intorno ai 20 miliardi di dollari. Di fronte a questa minaccia crescente, la risposta della comunità internazionale è ancora incerta e inefficace. Mentre i batteri scambiano geni resistenti con la stessa facilità con cui gli adolescenti scambiano le figurine, le nostre politiche sanitarie e i nostri sforzi di ricerca sembrano intrappolati in un burocratico gioco dell’oca, in cui per ogni passo avanti si rischiano due passi indietro.
È paradossale che sebbene da oltre 15 anni è possibile decodificare e analizzare il genoma dei batteri, questo nuovo approccio metodologico non ha ancora consentito lo sviluppo di nuovi antibiotici. Il potenziale delle informazioni correlate al genoma dovrebbe, infatti, essere utilizzato in modo più ampio per mezzo di sistemi di screening intelligenti.
Poiché più di un terzo di tutti gli antibiotici è sviluppato usando sostanze naturali, è probabile che esistano in natura altri potenziali principi attivi. Composti interessanti sono stati isolati, ad esempio, dagli actinomiceti nei sedimenti oceanici. Altre fonti incoraggianti comprendono le comunità simbiotiche terrestri e marine.
La ricerca in quest’area deve necessariamente essere ampliata e potenziata. In conclusione, l’antibiotico-resistenza non è solo una sfida scientifica; è un monito a riconsiderare il nostro approccio alla salute pubblica e al modo in cui interagiamo con il mondo naturale. È il momento di ammettere che in questa partita a scacchi contro i batteri l’uomo potrebbe uscire sconfitto.