Presentata ieri l’indagine della Commissione presieduta da Fava. Contro il malaffare armi spuntate: “L’anticorruzione è solo burocrazia”
PALERMO – Che la Sanità in Sicilia abbia da sempre fatto gola alla malapolitica non è certo una novità ma emergono nuovi contorni drammatici dalle conclusioni della ‘Inchiesta sulla sanità siciliana – Le interferenze della politica e gli aspetti corruttivi’ della Commissione regionale Antimafia presentata ieri, in conferenza stampa, a Palazzo dei Normanni. Un anno di lavoro di audizioni ed acquisizione di documenti per passare sotto la lente di ingrandimento tutto il settore.
Nella relazione l’ex direttore dell’Asp di Palermo Antonio Candela ha usato parole forti e definito la sanità siciliana “un condominio (anzi il suo condominio), un privatissimo business del quale spartirsi quote millesimali, carriere, appalti, profitti: tutto”.
“Non si tratta – ha proseguito Candela – solo dell’idea malata e isolata d’un personaggio che ha fatto della propria carriera, e di una certa ingiustificata notorietà, il passepartout per impadronirsi della sanità siciliana – prosegue la relazione -. In questi vent’anni una parte non irrilevante dei ceti professionali, pubblici e privati, ha avuto lo stesso sguardo avido sulla salute dei siciliani: un bottino di guerra, una terra di mezzo da conquistare, un’occasione per fabbricare vantaggi economici e rendite personali”.
Ad intercettare “la molestia e l’avidità di certi comportamenti è intervenuta (quando ha saputo, quando ha voluto) la magistratura – sottolinea la Commissione -. Raramente la politica. Poche le denunce, pochissimi gli interventi in autotutela. E il dato più significativo che ci consegnano questi undici mesi di lavoro: un peccato di ignavia, nel più benevolo dei casi; più spesso, una somma di interessati silenzi che hanno messo la nostra sanità nelle condizioni di essere costantemente contesa, occupata, maltrattata”.
L’indagine conoscitiva si è svolta su due direttrici: la prima ha riguardato il tema dell’interferenza della politica sulla sanità, sia nelle scelte strategiche che in quelle di spesa. L’altro tema affrontato è stato quello di comprendere se in questi ultimi vent’anni la spesa pubblica sia stata deviata, manipolata, intercettata o indirizzata verso approdi più propizi. Ne è emerso un quadro abbastanza deludente. La deputata Margherita La Rocca Ruvolo, che ha partecipato in video conferenza ha detto che questo sistema è ancora abbastanza radicato, con una sanità che sta ancora arrancando e che sta inoltre affrontando le attuali difficoltà legati all’emergenza Covid.
Dalla relazione emerge che l’interferenza della politica è sempre stata presente e assillante, a volte travalicando e sfociando nell’interferenza personale. Il caso più significativo riguarda il periodo in cui vi era l’assessore Lucia Borsellino dove si costruì una sorta di governo parallelo che gestiva di nascosto la sanità. Il presidente della Commissione Antimafia regionale, Claudio Fava, ha spiegato che la sanità è stata spesso considerata una privata proprietà per costruire carriere, guadagni e profitti. In particolare, si coglie il fallimento della Cuc (Centrale unica di committenza) che doveva essere capace di gestire le gare da appalto e tutelare la trasparenza e invece non lo ha fatto e lo dimostra il fatto che metà delle gare della Cuc sono bloccate dalla magistratura siciliana perché sono state gestite con i piedi.
Sconfortante, infine, constatare come il malaffare si combatta in Sicilia con armi spuntate: “A margine delle testimonianze raccolte – recita ancora l’indagine conoscitiva – resta la sensazione che l’attività anticorruzione sia vissuta come una sorta di mero adempimento: molto formale, molto burocratico, molto lasco, molto distratto. Spesso i dirigenti responsabili devono dividersi su più fronti, con le ovvie conseguenze sul piano dell’efficacia e dell’efficienza dei presidi di prevenzione. Altre volte è l’assenza di un supporto effettivo e di un sentiment assolutamente poco condiviso a svilire il ruolo di questa funzione. E non può passare inosservato il fatto che i rischi legati all’emergenza pandemica raramente abbiano determinato un innalzamento dei livelli di controllo”.
M5S: “Pubblica amministrazione permeabile alla corruzione”
“Dalle audizioni in commissione Antimafia emerge chiaramente che il sistema della pubblica amministrazione regionale resta purtroppo permeabile alla corruzione. Questo si evince in particolare nel comparto della sanità, dove viene investita la metà, circa 10 miliardi di euro, dell’intero bilancio regionale. Un dato molto eloquente, su cui bisogna riflettere e intervenire”. Lo sostengono Roberta Schillaci e Antonio De Luca, deputati regionali del Movimento 5 Stelle e componenti della commissione Antimafia all’Ars. La commissione ha presentato oggi la relazione conclusiva dell’inchiesta sul comparto della sanità nella Regione siciliana.
“L’anticorruzione è stata trasformata – commenta Roberta Schillaci – in un mero adempimento burocratico che non incide concretamente nella prevenzione. Il sistema va rivisto soprattutto nel settore sanità, a cominciare dalla figura del responsabile anticorruzione, talvolta un soggetto con doppi incarichi e con attività rilevanti difficilmente conciliabili con un’adeguata prevenzione. Inoltre, non tutti hanno attivato il whistleblower e canali di segnalazione dei casi sospetti. Serve inoltre un ripensamento di tipo legislativo, con modifiche normative sulle commissioni aggiudicatrici sprovviste di professionalità e sul ruolo dei presidenti, che non possono continuare a operare a titolo gratuito, mentre gli altri componenti hanno un compenso”.
“Cambiano i governi – aggiunge Antonio De Luca – ma non cambia, purtroppo, il livello della corruzione nella sanità regionale, che in Sicilia continua a essere un favore e non un diritto. Non si è per niente investito in un processo di rigenerazione delle strutture regionali che dovrebbero prevenire distonie come ad esempio la centrale unica di committenza, che non funzionava quando è stata istituita e non funziona neanche ora, priva delle necessarie risorse umane. Fortunatamente, la fallimentare esperienza del duo Musumeci-Razza volge alla fine e noi faremo del nostro meglio perché si racconti tutt’altra storia”.