Che la politica si sia interessata alle gare d’appalto e alla distribuzione di posti di lavoro, che gli imprenditori potrebbero aver scucito somme di denaro per cercare di posizionarsi meglio nei rapporti con la pubblica amministrazione, che i membri di una commissione di gara avrebbero agito subendo influenze esterne.
Cuffaro ai domiciliari
Sono tutti aspetti che trovano conferma nell‘ordinanza di custodia cautelare che ha spedito ai domiciliari Totò Cuffaro, il manager della sanità Roberto Colletti e il primario Antonio Iacono. Con la stessa è stato disposto l’obbligo di presentazione alla polizia giudiziaria per Vito Raso, braccio destro di Cuffaro, e per Mauro Marchese e Marco Dammone, questi ultimi ormai ex referenti della Dussmann Service, azienda che opera all’interno degli ospedali e che anche ieri ha sottolineato di non essere direttamente coinvolta nell’inchiesta e di avere interrotto ogni rapporto con gli indagati. Tuttavia, praticamente per tutti gli avvocati che hanno clienti nell’ultimo scandalo legato alla sanità, il provvedimento della gip Carmen Salustro – arrivato dopo avere vagliato le versioni fornite dagli indagati, così come previsto dalle novità introdotte nel codice di procedura penale dal governo Meloni – rappresenta una mezza vittoria.
Al momento, infatti, è caduta l’accusa di associazione a delinquere e pure i casi di presunta corruzione individuati dalla procura di Palermo non hanno trovato sufficienti puntelli, finendo per essere derubricati in quel traffico di influenze illecite che ancor prima di essere un reato appare un tratto distintivo di certa Sicilia. Di quella che vive e va avanti confidando nella mano d’aiuto da parte degli amici giusti.
Modi di fare e vivere
Un metodo che in alcuni casi è sconfinato nell’illecito e una condivisione di interessi derivante dalla comune area politica, ma non una struttura organizzata che lavorava con l’obiettivo di compiere reati contro la pubblica amministrazione. È questa in sintesi la valutazione che la giudice per le indagini preliminari ha fatto dei rapporti tra Totò Cuffaro, Carmelo Pace, Vito Raso e Antonino Abbonato. Per i magistrati i quattro, oltre a essere legati dall’essere inseriti nella Democrazia Cristiana, avrebbero adottato azioni tali da fare di loro degli esponenti di un preciso sodalizio criminale.
“Seppure si condivida l’impostazione accusatoria nella parte in cui mette in luce l’esistenza di una sorta di metodo posto in essere costantemente dall’indagato Cuffaro allo scopo di realizzare i propri interessi e si ritengano, altresì, sussistenti vari e interessanti spunti investigativi legati a più vicende nelle quali l’indagato risulta coinvolto – si legge nell’ordinanza – non si reputa che la complessiva lettura dei dati raccolti e finora sottoposti a valutazione possa indurre a concludere nel senso di confermare l’esistenza di un’associazione tra questi e gli altri coindagati.” Per la giudice, il fatto che i quattro abbiano fatto ricorso in alcuni casi a un linguaggio criptico o abbiano discusso prendendo precauzioni particolari, come spegnere i telefoni, può essere indicativo della consapevolezza di ognuno della “illiceità della condotta” ma non per questo dell’appartenenza a un’organizzazione.
Ridimensionamento
Per quanto vada detto che l’inchiesta è ancora in corso e che comunque bisognerà attendere l’eventuale futuro processo, è fuor di dubbio che l’ordinanza di custodia cautelare abbia gettato una luce diversa sugli episodi finiti sotto la lente dei magistrati. Nella gara per i servizi di ausiliariato all’Asp di Siracusa, per esempio, l’accusa di corruzione e di turbativa d’asta per la gip non regge in quanto non ci sarebbero sufficienti indizi, e questo anche se l’ex manager dell’Asp Alessandro Caltagirone nel corso dell’interrogatorio ha ammesso sia di avere ricevuto l’invito di Cuffaro a incontrare i referenti della Dussmann che di inaspettatamente esserseli ritrovati un giorno a casa di Saverio Romano. Il parlamentare nazionale è indagato ma nei suoi confronti la gip non ha condiviso la richiesta di misura cautelare (che comunque sarebbe dovuta poi passare dall’autorizzazione della Camera). Al contempo però per la giudice “dalla lettura del contenuto delle conversazioni riportate e intercorse tra Cuffaro, Dammone e Marchese non residuano dubbi in ordine all’esistenza” di relazioni che configurano il reato di traffico di influenze illecite.
I dubbi sulla commissione
Nell’inchiesta sono coinvolti anche i componenti della commissione chiamata a giudicare le offerte presentate nella gara ponte per la messa a disposizione degli operatori socio-assistenziali. L’ipotesi della procura era che l’organismo avesse favorito la Dussmann. L’ordinanza però ribalta tale prospettiva, con conseguenze evidenti anche nella valutazione delle richieste formulate dall’accusa. “Gli elementi indiziari appaiono tutt’al più univocamente riferibili a un intervento dei commissari in favore della Pfe, non già di Dussmann”, si legge. Motivo per cui per quanto “il complesso delle emergenze investigative raccolte induca a ritenere, almeno a livello indiziario, che gli indagati abbiano posto in essere condotte finalizzate a turbare la gara e alterarne l’esito, non può comunque concludersi per l’addebitabilità del reato ai predetti, trattandosi di fatto diverso da quello descritto nel capo d’incolpazione”.
I soldi e le gare del Consorzio
Altro capitolo dell’indagine è quello che ruota attorno al Consorzio di bonifica della Sicilia occidentale e nello specifico ai rapporti tra il direttore Giovanni Tomasino, Totò Cuffaro e alcuni imprenditori. Tra questi a essere indagato è l’agrigentino Alessandro Vetro. Per gli inquirenti avrebbe pagato mazzette a Tomasino, avendo come tramiti sia Cuffaro che il deputato regionale della Dc Carmelo Pace.
Si tratta della vicenda riguardante l’intercettazione in cui Cuffaro avrebbe detto a Pace la frase “gli dai i soldi”. Tesi della procura che però è contrastata dai legali difensori che hanno depositato relazioni di periti di parte che sconfessano la trascrizione. La gip, dal canto proprio, ha affermato che non è semplice stabilire quale sia la versione corretta ma soprattutto che al momento non è possibile sostenere l’accusa di corruzione per un motivo ben preciso: “Non vi è prova della partecipazione da parte di Vetro con le sue imprese ad alcuno dei bandi pubblicati dal Consorzio, né prima né dopo la conversazione”.
Al contempo è la stessa giudice a dire che “appare più verosimile che il denaro consegnato da Vetro a Cuffaro fosse il prezzo di una mediazione illecita onerosa che questi avrebbe potuto eventualmente porre in essere, sfruttando la conoscenza col pubblico ufficiale Tomasino o con altro pubblico ufficiale, al fine di indurlo a operare in favore e a vantaggio dell’imprenditore”.
Possibili novità
Che non tutte le pagine di questa indagine siano state scritte emerge da un passaggio citato nell’ordinanza. Riguarda una nuova pista in mano agli inquirenti e che interessa il Cefpas, il centro per la formazione permanente e l’aggiornamento del personale della Regione.
Gli inquirenti ritengono di avere individuato un altro affare illecito che avrebbe interessato Cuffaro e una società privata. “Considerato che trattasi di emergenze investigative non presenti in atti al momento del deposito della richiesta o comunque non note alla difesa all’epoca dell’interrogatorio preventivo, si ritiene di escluderne, in questa sede, la valutazione”. Almeno per il momento s’intende.
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