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Appalti pubblici, il principio di equivalenza dei contratti collettivi nazionali di lavoro

Appalti pubblici, il principio di equivalenza dei contratti collettivi nazionali di lavoro

Con la sentenza n. 22443/2025 il Tar Lazio fissa dei criteri chiari sulle retribuzioni

La recente sentenza del Tar Lazio n. 22443 del 11.12.2025 rappresenta un importante punto di riferimento per comprendere come deve essere applicato il principio di equivalenza dei contratti collettivi nazionali di lavoro negli appalti pubblici, introducendo criteri chiari per distinguere tra componenti retributive “fisse” e “accessorie”.

Il Caso: quando il superminimo non basta

La vicenda riguardava una gara per l’affidamento del servizio di asilo nido presso il Ministero degli Affari Esteri. La società aggiudicataria aveva dichiarato di applicare il Ccnl Aninsei anziché quello delle Cooperative del settore socio-sanitario indicato nel bando, impegnandosi comunque a garantire un “superminimo” per colmare le differenze retributive tra i due contratti. Il Tar ha annullato l’aggiudicazione, stabilendo un principio fondamentale: il superminimo non può essere considerato equivalente alla retribuzione tabellare prevista dalla contrattazione collettiva.

La nuova disciplina dell’art. 11 del Codice Appalti

Con l’entrata in vigore del nuovo Codice dei Contratti Pubblici, il legislatore ha introdotto una disciplina innovativa che consente agli operatori economici di applicare un contratto collettivo diverso da quello indicato dalla stazione appaltante, purché garantisca “le stesse tutele” ai dipendenti. La norma prevede che le stazioni appaltanti debbano verificare l’equivalenza delle tutele prima dell’aggiudicazione, seguendo i criteri stabiliti dall’Allegato I.01 del Codice.

I criteri per valutare tale equivalenza economica dei Ccnl

L’art. 4 dell’Allegato I.01 stabilisce che la valutazione di equivalenza economica deve essere effettuata considerando esclusivamente le componenti fisse della retribuzione globale annua, ossia: i) Retribuzione tabellare annuale, ii) Indennità di contingenza, iii) ogni elemento distinto della retribuzione (cd. “Edr”), iv) Eventuali mensilità aggiuntive, v) Eventuali ulteriori indennità previste.

Perché il cd “Superminimo” è insufficiente

Il Tar Lazio ha chiarito che il superminimo presenta caratteristiche incompatibili con il concetto di “componente fissa” della retribuzione. Come evidenziato in generale dalla giurisprudenza consolidata, tale voce “superminimo” costituisce una parte accessoria della retribuzione che tuttavia presenta tre criticità fondamentali:

1. Incertezza sulla portata: rende evidentemente incerta la reale portata della retribuzione fissa e continuativa garantita ai lavoratori;

2. Dipendenza da accordi futuri: rimanda ad un evento futuro e contingente – ossia l’accordo bilaterale tra parte datoriale e rappresentanze sindacali, frutto di libera volontà negoziale – l’effettivo riconoscimento di un trattamento retributivo equivalente;

3. Natura assorbibile: nel caso specifico, il superminimo era “assorbibile”, il che significa che gli aumenti contrattuali futuri lo avrebbero ridotto o eliminato.

L’orientamento giurisprudenziale consolidato

La decisione del Tar Lazio si inserisce in un orientamento giurisprudenziale ormai consolidato. Il Tar Lazio Roma aveva già stabilito in passato che “l’impegno a corrispondere superminimi assunto dall’operatore economico soltanto in sede di chiarimenti, al fine di allineare il trattamento economico del Ccnl applicato a quello indicato dalla stazione appaltante, configura un’inammissibile integrazione postuma dell’offerta economica”. Analogamente, il Tar Toscana ha precisato che “l’impegno generico ad armonizzare la sola retribuzione tabellare con quella prevista dal contratto collettivo indicato dalla stazione appaltante non è sufficiente a dimostrare l’equivalenza delle tutele economiche”.

Le implicazioni pratiche per le imprese

Questa evoluzione giurisprudenziale comporta conseguenze significative per gli operatori economici, in quanto per le imprese non è più sufficiente dichiarare genericamente l’equivalenza o impegnarsi a corrispondere superminimi ai dipendenti: è invece necessario dimostrare concretamente che il Ccnl applicato garantisce, attraverso le sue componenti fisse, un trattamento economico almeno pari a quello previsto dal contratto indicato nel bando.

Le implicazioni per le stazioni appaltanti

Le SS.AA. devono effettuare una verifica sostanziale e non meramente formale dell’equivalenza, essendo ormai necessario, come imposto dal Nuovo Codice, un esame approfondito del contenuto e della portata applicativa di ciascun istituto di regolamentazione negoziale.

Verso una maggiore tutela dei lavoratori

Il principio affermato dal Tar Lazio risponde a una finalità di sistema: evitare che la frammentazione dei contratti collettivi diventi strumento di dumping sociale.

Come evidenziato dal Tar, la norma mira a contemperare la libertà di organizzazione aziendale dell’operatore con l’ineludibile tutela dei lavoratori. Tale sentenza rappresenta quindi un importante passo in avanti verso una maggiore certezza del diritto in un settore cruciale per la tutela dei diritti dei lavoratori negli appalti pubblici, stabilendo criteri oggettivi e verificabili per valutare l’effettiva equivalenza delle tutele contrattuali.