Archeologia, il Ragusano “ha tanto da raccontare” - QdS

Archeologia, il Ragusano “ha tanto da raccontare”

Stefania Zaccaria

Archeologia, il Ragusano “ha tanto da raccontare”

martedì 31 Agosto 2021

L’assessore ai Beni culturali, Samonà: “Le numerose campagne di scavi stanno fornendo importanti elementi per una riscrittura della storia del territorio”

RAGUSA – “L’area del Ragusano ha ancora tanto da raccontarci sotto il profilo della ricerca archeologica. Le numerose campagne di scavi attivate grazie ai rapporti intrattenuti dalla Soprintendenza dei BB.CC.AA. di Ragusa, diretta da Antonino De Marco, con prestigiose università italiane ed europee e regolati da apposite convenzioni, stanno fornendo importanti elementi per una riscrittura della storia del territorio”.

L’assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana Alberto Samonà commenta così le diverse campagne archeologiche che si stanno portando avanti nella provincia iblea.

Completati gli scavi a Chiaramonte Gulfi, infatti, la Soprintendenza dei Beni culturali di Ragusa si prepara ad intraprendere nuove ricerche archeologiche nel territorio compreso tra Monterosso Almo e Giarratana.

Le ricerche, effettuate nelle scorse settimane in contrada S.Nicola-Giglia dal dipartimento di Storia e Civiltà dell’Università ‘Alma Mater’ di Bologna sotto la direzione della professoressa Isabella Baldini, in diversi anni hanno portato in luce oltre un centinaio di tombe, con ricchi corredi ed iscrizioni funerarie, appartenenti a un nucleo grecofono insediato nell’area in cui, dal II sec. d.C. al IX secolo d.C., sarebbe sorto il villaggio di Gulfi.

Le ricerche sono state finalizzate allo scavo di una necropoli e di un abitato di età romano-imperiale e tardoantica. Altre ricerche, condotte tra luglio e agosto dall’università di Genova – che continuato scavi condotti negli ultimi anni insieme all’università di Pisa – hanno portato in luce i resti di un grande impianto termale, nella campagna di Chiaramonte Gulfi, verosimilmente appartenente ad un edificio privato attivo sin dal III secolo d.C., trasformatosi in età tardo-antica, quando sul ‘castellum aquarum’ si impiantò una fornace per fittili.

“Nel corso della campagna – hanno detto gli addetti ai lavori – sono stati portati in luce ampi lembi di abitato, scoperta questa che rende lo scavo un unicum dal momento che, per le epoche di riferimento, non è mai successo di rinvenire contestualmente abitato e necropoli”.

Tra settembre e ottobre prossimi, inoltre, dovrebbero riprendere gli scavi in contrada Scorrione a Modica, dove il team diretto da Joan Pinar Gil dell’Università Ceca di Hradec Králove, sta indagando alcuni ipogei tardo antichi.

“Un impegno – ha aggiunto Samonà – che gratifica il governo regionale per aver fortemente puntato sulla ripresa dell’archeologia in tutta l’Isola, nella consapevolezza che il potenziamento della ricerca e la valorizzazione dei Parchi archeologici siano elementi strategici per l’affermazione di una visione di lungo periodo che abbia al centro la cultura e l’identità della Sicilia”.

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