La denuncia è dell’Osservatorio nazionale sulla Pubblica amministrazione che ha presentato un esposto alle Procure di Messina e Reggio Calabria. Insostenibili traffico navale e trasporti collegati
MESSINA – L’Osservatorio nazionale sulla Pubblica amministrazione, a firma del suo presidente, l’avvocato Vito Pirrone, ha presentato, presso le Procure della Repubblica di Messina e Reggio Calabria, un dettagliato esposto con il quale segnala e documenta l’alto grado di inquinamento che si registra nell’area dello Stretto, ipotizza i conseguenti danni alle persone e all’ambiente, chiede che vengano accertati i fatti e perseguiti i responsabili, ripristinando un grado tollerabile di vivibilità nella zona.
Secondo quanto contenuto nell’esposto, nel Mediterraneo operano più di 30mila navi che bruciano oltre 19 milioni di tonnellate di carburante all’anno.
In Italia, i limiti di emissione di sostanze inquinanti stabiliti dalla normativa vigente, (dall’1 gennaio 2018, per il mare Adriatico ed il mare Ionio, e dall’ 1 gennaio 2020, per le altre aree marine) sono fissati con un contenuto massimo di zolfo pari allo 0,10% della massa, a condizione che gli Stati membri dell’Unione europea, prospicienti le zone interessate, abbiano previsto l’applicazione di tenori di zolfo uguali o inferiori a tali limiti.
Tra le cinquanta città costiere più inquinate dalle emissioni delle navi, ben 10 sono italiane, con Palermo e Messina rispettivamente al 35° e 36° posto, mentre Bari chiude la classifica alla 50° posizione. Le 203 grandi navi passeggeri che hanno solcato i mari europei nel 2017 avrebbero immesso nell’atmosfera 62 mila tonnellate di ossidi di zolfo, 155 mila tonnellate di ossidi di azoto, 10 mila tonnellate di polveri sottili e più di 10 milioni di tonnellate di CO2 (pari a quelle emesse complessivamente da Paesi come la Lettonia, il Lussemburgo e Cipro).
Particolarmente impressionante è la stima degli ossidi di zolfo, dichiarati cancerogeni, che risultata 20 volte superiore a quella emessa dall’intero comparto automobilistico circolante nello stesso periodo nell’Unione europea (pari a circa 260 milioni di veicoli).
Nella valutazione dell’inquinamento delle acque marine vanno valutati:
• Gli scarichi di acqua di zavorra, che contengono una grande varietà di materiali biologici, virus e batteri.
• Le navi che scaricano quotidianamente acque nere , per un totale di 1079 m³ di acque reflue. Queste possono contenere batteri nocivi, agenti patogeni, virus, parassiti intestinali e nutrienti dannosi.
• Acque reflue che contengono detergenti, oli, grassi, metalli, composti organici, idrocarburi, avanzi di cibo oppure batteri come i coliformi fecali (si stima che a bordo delle navi si producano dai 110 ai 320 litri di acque reflue al giorno per persona).
• Acque di sentina che contengono olio, benzina e i sottoprodotti della decomposizione biologica del petrolio che sono nocivi per i pesci e per la fauna in generale, ma, se ingeriti, anche per l’essere umano.
Sempre secondo l’esposto dell’Osservatorio nazionale sulla Pubblica amministrazione, non meno marginale è l’inquinamento acustico. Le zone immediatamente a contatto con il porto sono soggette ad una pressione sonora importante, dovuta al traffico, navale, ferroviario e gommato.
Nello Stretto di Messina, secondo uno studio dell’Università di Barcellona, l’area sottomarina è quella che ha la più grande densità di rifiuti al mondo. Si tratta di “più di un milione di oggetti” per chilometro quadrato: numeri decisamente allarmanti.
È evidente, pertanto, la gravità dell’attuale situazione che espone le popolazioni che si affacciano sullo stretto ad un gravissimo inquinamento, dovuto all’impatto dei traghetti, che scaricano, con i loro potentissimi motori, grandi quantità di sostanze inquinanti, con i conseguenti rischi per la salute.
A giudizio dell’Osservatorio nazionale sulla Pubblica amministrazione, tenuto conto dei diversi decenni di attività dei traghetti, nonché dell’eccessiva presenza di traffico veicolare, gli abitanti delle due sponde dello Stretto sono stati esposti ad altissimi livelli di inquinamento acustico ed atmosferico.
In particolare, l’intera miscela di gas e particelle che formano l’inquinamento atmosferico è classificata dall’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro (Iarc) all’interno del gruppo 1 degli agenti cancerogeni, cioè quelli certi.
Quindi è necessario provvedere con urgenza ad una accurata Vis (Valutazione di Impatto Sanitario) sulle popolazioni, per verificare l’eventuale rapporto tra inquinamento e stato di salute e accertare la presenza di patologie oncologiche, malformazioni, eccessi di mortalità , riconducibili al tasso di inquinamento presente nelle aree in questione.
Ad avviso dell’Osservatorio nazionale sulla Pubblica amministrazione, si ritiene doveroso segnalare quanto sopra, ravvisandosi evidenti violazioni delle normative nazionali ed europee in materia di prevenzione dell’inquinamento, ed in particolare del D.Lgs. n. 155 /2010, nonché dell’art. 452 bis c.p.