ReOrganization, non ReArm
Il programma della presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, denominato ReArm, ha voluto giustificare all’opinione pubblica l’antico detto: “Si vis pacem, para bellum”, che indica la necessità di armarsi per non fare la guerra, in quanto chi è debole e non è pronto a difendersi può subire le prepotenze altrui. Per scoraggiare questi ultimi, dunque, bisogna essere forti e dimostrare la capacità di autodifendersi.
In questo quadro, il programma della von der Leyen di riarmarsi, che in apparenza potrebbe sembrare vada nella direzione giusta, è sbagliato nelle fondamenta. Innanzitutto è fuori dal tempo, in quanto ha un ritardo di decine di anni. In secondo luogo non serve all’Unione europea un riarmo, mentre serve la costituzione di un sistema di difesa generale di tutti i confini, da Nord a Sud e da Est a Ovest.
L’errore di questo programma sta nel fatto che si punti all’armamento e non all’organizzazione della difesa, che consisterebbe nella riunione dei sistemi di difesa dei ventisette Paesi.
Non si è mai capito infatti perché un’Unione di ventisette Stati, che ha una moneta comune, non abbia tentato di costruire l’altro pilastro comune, che è quello della difesa. Naturalmente avrebbe bisogno di tanti altri pilastri, come quello dell’economia unitaria, del sistema delle borse unitario, del sistema fiscale unitario, del sistema di trasporti unitario, del sistema sanitario unitario e via elencando.
Sono passati settantaquattro anni dal primo trattato Ceca (Comunità economica del carbone e dell’acciaio) del 1951, quando sembrò necessario far convergere le potenzialità economiche sulle due materie del titolo. Sono passati sessantotto anni dal primo trattato dell’Unione europea, firmato dai sei Paesi fondatori (Germania, Francia, Italia, Lussemburgo, Belgio e Paesi Bassi) nel 1957, ma di tutti i pilastri prima elencati non vi è traccia a eccezione di quello relativo alla moneta unica.
Vi è quindi una grande responsabilità dei governanti dei ventisette Paesi (che prima erano ventotto con il Regno Unito) per non avere mai intrapreso questi percorsi al fine di dotare l’Ue di quanto necessario per farla diventare un organismo multifunzionale e onnicomprensivo.
Dell’argomento che oggi è in rassegna non ne parlano né stampa, né televisioni, né media sociali né altri mezzi di comunicazione. Ma se non si guarda la recente storia, non si capiscono gli eventi che accadono ai nostri giorni e in questo quadro bisogna ricordare lo stato dell’intera Europa prima del 9 novembre 1989, quando il mai troppo lodato Gorbachov dette ordine di abbattere il muro di Berlino e con esso la divisione della Germania.
A quel punto, l’Unione delle Repubbliche socialiste sovietiche diventò Federazione Russa e non troppo dopo vi fu l’avvento al vertice dell’ex membro del Kgb Vladimir Putin, il quale si è messo saldamente in mano le redini della nuova Russia e la governa con una sorta di dittatura camuffata da democrazia. Al riguardo vi è da dire, però, che la Chiesa ortodossa e il suo capo, Kirill, fiancheggiano il presidente della Russia, che è comunque eletto.
Va ricordato che quel Paese, per storia e collocazione geografica al di là degli Urali, è Europa. Ma di questo l’Ue non ha mai tenuto conto.
L’Ursula europea non è probabilmente in condizione di mettere in campo un progetto di riunificazione del sistema difensivo, in quanto non ha la caratura dello statista necessaria per convincere i ventisette capi di Stato e di Governo dell’indispensabilità di organizzare il succitato sistema difensivo.
Basterebbe già che esso si costituisse nell’arco di un anno, mettendo insieme i sistemi difensivi dei Ventisette per costituire uno scudo abbastanza forte, se poi tale sistema difensivo si coordinasse con la Nato, come organismo esterno, ecco che diventerebbe ancora più forte. In pratica porterebbe allo sdoppiamento dei compiti con la Nato e a un sistema di comando europeo coordinato, che in caso di estrema necessità potrebbe agire con rapidità e autorevolezza.
Niente ReArm, dunque, ma ReOrganization, subito, senza perdere più un attimo di tempo. Ma così si farà? Ne dubitiamo, nonostante l’urgenza.