Home » Cronaca » Grazia Santapaola, la donna che agiva da boss: “Se fosse stata uomo il suo clan sarebbe stato il più potente di tutti”

Grazia Santapaola, la donna che agiva da boss: “Se fosse stata uomo il suo clan sarebbe stato il più potente di tutti”

Grazia Santapaola, la donna che agiva da boss: “Se fosse stata uomo il suo clan sarebbe stato il più potente di tutti”
Tribunale di Catania

Inquirenti e pentiti riconoscono alla cugina del capomafia Nitto e moglie del boss Turi Amato, un ruolo centrale e un carisma paragonabile a pochi altri uomini di spicco. Da ieri è tornata in carcere dopo otto anni: nel suo passato condanne per droga e estorsioni aggravate

“Se fosse nata uomo al posto di suo marito, il suo gruppo sarebbe stato oggi il più forte di tutti”. L’attestato di mafiosità per Grazia Santapaola, cugina del capomafia Nitto, prima che dai tribunali – dove verrà processata per l’accusa di appartenere all’associazione – le viene riconosciuto da chi Cosa Nostra l’ha vista da vicino. Tanto coloro che ne hanno fatto parte fino alla decisione di collaborare con la giustizia quanto da quelli che, liberi, sanno che a Catania la 68enne è una che conta.

D’altra parte che alla zia Grazia, come viene chiamata, il ruolo di moglie di un boss – Turi Amato – le sia sempre stato stretto emerge anche dalle sue stesse parole quando rivendica la propria discendenza. Un’appartenenza che è naturale espressione della dinastia Santapaola-Ercolano, nelle cui vene – è il vanto della donna – scorre il sangue blu della criminalità organizzata.

Da ieri Grazia Santapaola trascorre le proprie giornate in carcere, dove è tornata otto anni dopo dall’ultima detenzione. Nel suo passato ci sono condanne per reati in materia di droga ed estorsioni aggravate dal metodo mafioso. La procura di Catania però è convinta che la donna sia molto di più: una boss in piena regola.

Le parole dei pentiti

A sostenere che la 68enne abbia un carisma criminale addirittura soprattutto al marito, storico capo del gruppo Ottantapami, a propria volta vicino ai Nizza, è stato il collaboratore di giustizia Salvatore Scavone. “La zia Grazia è una persona molto forte, che sentendosi di sangue blu è in grado di appellare ed affrontare chiunque dei gruppi a Catania, spesso infatti ha sparlato di diverse persone senza avere timore delle conseguenze”, ha messo a verbale.

Sam Privitera, divenuto collaboratore dopo la condanna per l’omicidio Timonieri, ha detto di conoscere un uomo che gli raccontava di avere accompagnato più volte Santapaola per riscuotere il pizzo. “Presso la pescheria da quelli che non stavano più pagando le vecchie estorsioni che lei voleva riprendere dopo essere stata scarcerata”, ha dichiarato.

Vito Di Gregorio, esponente dei Santapaola-Ercolano a partire dalla fine degli anni Duemila e poi passato a collaborare con la giustizia, ha parlato invece degli interessi della donna nel traffico di stupefacenti. Di Gregorio è stato per anni attivo anche al Nord.

“Il nostro gruppo faceva riferimento a Turi Amato e Grazia Santapaola. Ci occupavamo prevalentemente di traffico di stupefacenti del tipo cocaina che importavamo dal Sudamerica. Traffico di stupefacenti anche nel territorio di Roma – ha rivelato – prima del mio arresto del 5 dicembre 2018 ho trafficato in droga anche a Catania. Avevo intenzione di contattare Grazia Santapaola per essere autorizzato a creare un gruppo autonomo facente capo ai Santapaola che si occupasse di traffico internazionale di cocaina. In cambio le avremmo messo a disposizione i nostri canali e i nostri contatti con il Venezuela e con qualche calabrese”.

Per gli inquirenti, Grazia Santapaola è una delle poche donne che esercita e gode di un ruolo pari a quello degli affiliati uomini

Per gli inquirenti, è “una delle poche donne che, all’interno dell’associazione mafiosa Santapaola-Ercolano, gode di un rispetto ed esercita un ruolo al pari degli affiliati di sesso maschile”. Posizione che Grazia Santapaola ha saputo ritagliarsi approfittando anche della carcerazione di parte dei suoi familiari.

“Lo stato di detenzione prolungato degli uomini della propria famiglia, anziché essere un deterrente, per Grazia Santapaola diventava motivo per esercitare in modo sempre più palese il potere mafioso – si legge nell’ordinanza con cui è stato disposto il suo arresto –. Travalicava il ruolo delle donne tradizionalmente esercitato in Cosa Nostra catanese e, da destinataria della somma di denaro assicurata dagli affiliati in libertà, diventava portatrice degli interessi di una associazione mafiosa di cui la stessa era parte”.

Pentita mai

Dal canto proprio Grazia Santapaola, che per gli inquirenti avrebbe addirittura pensato di ricorrere a un omicidio per punire un giovane che, intercettato, aveva definito “munnizzari” alcuni membri della famiglia, non ha mai mancato di esprimere sdegno nei confronti di chi saltava il fosso passando a collaborare con le procure.

Parlando con un nipote, la donna raccontava di quando aveva ricevuto la visita della polizia incaricata di notificare la confisca dei beni a carico del marito. “Una guardia mi ha preso e mi ha detto: ‘Quando vi arrestano, fate i pentiti’. Gli ho detto: ‘Bello, qui pentiti non ne trovi. Tutta la mia famiglia è da trent’anni che è in galera. Io mi sono fatta 18 anni’”. E poi ancora: “Gli ho detto: ‘Bello, tu queste cose a casa mia non le puoi fare”.

L’unica possibilità per i Santapaola di ritrovarsi pentiti era quella di ammattire: “Se poi un giorno ci svegliamo scimuniti…” E a ulteriore spiegazione dell’impossibilità di avere rapporti con i magistrati c’era la dinastia: “Sai perché? Perché ci scorre il sangue blu”.

Iscriviti gratis al canale WhatsApp di QdS.it, news e aggiornamenti CLICCA QUI