Arriverà il 2027, annus horribilis - QdS

Arriverà il 2027, annus horribilis

Carlo Alberto Tregua

Arriverà il 2027, annus horribilis

martedì 27 Agosto 2024

Finito il Pnrr, investire ancora

Le istituzioni nazionali e regionali, le organizzazioni imprenditoriali e sindacali, nonché quelle rappresentative della Pubblica amministrazione, sono sempre prese dal contingente e non guardano a quello che accadrà nei prossimi anni perché non hanno lo sguardo abituato a scrutare più in là dei propri piedi.
Perché questo preambolo? Perché non notiamo in nessun mezzo di comunicazione l’analisi di ciò che accadrà il prossimo 2027. Pensiamo fin da ora che sarà un annus horribilis e ve ne spieghiamo le ragioni.

Innanzitutto in quell’anno sono previste le elezioni politiche nelle quali l’attuale opposizione tenterà di diventare maggioranza e l’attuale maggioranza tenterà di restare tale. Vi sarà uno scontro epocale fra due modi di gestire la Cosa pubblica, ma entrambe le parti contendenti hanno in comune una cosa: la miopia cui prima si accennava.

Perché questa affermazione brutale? Per la semplice ragione che da nessuna delle due parti, ripetiamo, viene preso in esame il 2027.
Scrivevamo, annus horribilis. In primo luogo vi sarà l’incremento del debito pubblico, che avrà superato nel 2026 (almeno così si stima) la soglia dei tremila miliardi, con la conseguenza che gli interessi, per quest’anno intorno a ottanta miliardi, potrebbero superare cento miliardi e questo spezzerà gli equilibri della legge di bilancio 2027.
In secondo luogo verranno meno i grandi finanziamenti arrivati dal Piano nazionale di ripresa e resilienza che, com’è noto, cesserà nel 2026.
Ora, a che cosa è servito il Pnrr? A finanziare gli investimenti, per cui in questi cinque anni i bilanci dello Stato non hanno destinato quasi niente agli stessi perché, appunto, finanziati dal Piano. Sono stati proprio gli investimenti a reggere il Pil e a farlo incrementare di qualche punto.
Ma, come si scriveva prima, nel 2027 i finanziamenti per gli investimenti del Pnrr non vi saranno più e quindi la legge di bilancio sarà costretta a ripristinare una propria quota delle uscite agli investimenti. Ma siccome le uscite saturano le entrate e anzi le soverchiano, ecco che si creerà un altro buco di bilancio.

Va tenuto presente che senza investimenti di vario genere, con al primo posto le infrastrutture, il Pil non cresce e quindi peggiora il rapporto col debito pubblico. La conseguenza è che gli attuali Governo e maggioranza nel 2026 dovranno fare una tremenda legge di bilancio 2027 che non avrà più i finanziamenti del Pnrr.

C’è di più, perché a peggiorare la situazione vi sarà l’attivazione del rimborso di quella parte di Pnrr (una settantina di miliardi) che è arrivata a prestito e non a fondo perduto. Quindi anche tale voce costituirà un aggravio dei bilanci annuali.

Il quadro così prospettato è veramente grave, ma non si possono chiudere gli occhi su di esso, anzi si devono aprire molto di più per programmare fin da subito un metodo che consenta di riequilibrare il bilancio, anche in vista delle legnate che arriveranno dal 2027 in avanti per i fatti che abbiamo argomentato precedentemente.

Non sappiamo se gli attuali Governo e maggioranza abbiano pensato a quanto sopra scritto, che però resta a futura memoria, anche per evitare che qualcuno possa dire: “Non ci avevo pensato”.
Cosicché, continuando a tenere gli occhi chiusi su ciò che accadrà nella prossima legislatura, arriveremo alla soglia della primavera del 2027 con una campagna elettorale feroce, ma con la prospettiva di fare saltare il banco finanziario del nostro Paese.

I poteri forti e le strutture di potere del mondo e quelle italiane, che dietro le quinte spingono Governi e maggioranze di qualunque natura, non vedono l’ora di porre in grave difficoltà le nostre finanze. Non dobbiamo dimenticare il 2011 – lo ripetiamo in modo nauseante – quando proprio essi, di fatto, cacciarono Berlusconi. Solo la sapienza e la capacità di Mario Monti riuscirono a riequilibrare il bilancio dello Stato in un anno, anche perché i partiti, di qualunque colore, appoggiarono la sua azione quasi all’unanimità. Purtroppo poi non gli dimostrarono riconoscenza, ma Mario Monti è rimasto Mario Monti, salvatore dell’Italia nel 2011.

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