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Un articolo dell’Ue vuole educare i ragazzi alla guerra, proteste in Sicilia: “Follia dell’Europa”

Un articolo dell’Ue vuole educare i ragazzi alla guerra, proteste in Sicilia: “Follia dell’Europa”
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Lo afferma il deputato regionale del M5S, Carlo Gilistro, che ha commentato dallo scranno di sala d’Ercole quanto previsto dall’articolo 164 della risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile scorso

“Anziché educarli alla pace, dovremmo educare i nostri ragazzi alla guerra? È l’ultima follia che vuole l’Europa e questo è veramente agghiacciante”. Lo afferma il deputato regionale del M5S, Carlo Gilistro, che ha commentato dallo scranno di sala d’Ercole quanto previsto dall’articolo 164 della risoluzione del Parlamento europeo del 2 aprile scorso.

Le parole di Gilistro

“Questo articolo – dice Gilistro – scandalizza e indigna. Sono rimasto esterrefatto a leggere l’invito ‘all’UE e ai suoi Stati membri a mettere a punto programmi educativi e di sensibilizzazione, in particolare per i giovani, volti a migliorare le conoscenze e a facilitare i dibattiti sulla sicurezza, la difesa e l’importanza delle forze armate’.

Praticamente si esorta all’educazione alla guerra, ed è una follia. Ma come? Noi propugniamo l’educazione all’affettività nelle scuole per arginare i femminicidi e qui si spinge in direzione totalmente opposta, piantando nelle giovani coscienze dei ragazzi i perfidi semi della violenza? Perché questo è certo: educare alla difesa equivale a educare alla guerra”.

Le clausole nei contratti delle azienda italiane

Le aziende, specie le multinazionali, pensano alla guerra come una cosa non solo possibile, ma persino probabile. Tanto da mettere una clausola nei contratti, nero su bianco

Un libro racconta per la prima volta come questa clausola sia messa in un contratto tra due aziende italiane. Un’economia che la storia ha sempre descritto come un’eccezione legata a contesti estremi, ma che oggi, secondo gli autori Alberto Saravalle (giurista) e Carlo Stagnaro (economista), rischia di trasformarsi in un nuovo paradigma di riferimento.

Il ritorno all’economia di guerra

Se la guerra è tornata, come titolano i primi capitoli di Capitalismo di guerra (Fuori Scena, pp. 219), è tornata anche la sua economia. Quella che i manuali di storia descrivono come eccezione drammatica, e che invece oggi rischia di diventare la nuova normalità.

Come scrive il Corriere della Sera, Il titolo è forte, altrettanto la tesi: la logica del conflitto, un tempo relegata al dominio della geopolitica e delle armi, si è infiltrata nei meccanismi del mercato globale, negli assetti produttivi, nei flussi di investimento e persino nel diritto.

Il riferimento all’articolo 5

Il saggio, non a caso, si apre con una notizia: un contratto di acquisizione, concluso tra due delle principali società italiane, nel quale compare in bella vista, per la prima volta, «una clausola che consente il recesso se scoppia un conflitto che possa coinvolgere l’Italia (e per la precisione, il riferimento è proprio all’articolo 5 del Trattato Nato)». Contratto vero, siglato nella primavera 2024. «Fino a poco tempo fa, queste clausole, utilizzate nei Paesi in cui sono frequenti scontri armati o guerre civili – si legge nel libro – sarebbero state impensabili nell’Unione europea». Ma evidentemente non è più così.