Roma, 16 mag. (askanews) – Rimuovere le restrizioni all’utilizzo in acquacoltura delle Proteine Animali Trasformate da ruminante, e, in generale, di rivedere i vincoli al loro impiego nella nutrizione animale, legati alla crisi della “mucca pazza” di oltre vent’anni fa. E’ la richiesta avanzata da Assograssi in occasione del convegno “Dalla terra al mare: le proteine animali come risorsa per un’acquacoltura efficiente e sostenibile”, svoltosi ieri a Roma alla presenza dei rappresentanti del mondo associativo e istituzionale.
Ampliare l’impiego delle Proteine Animali Trasformate, in particolare da ruminante, avrebbe un impatto molto positivo sull’acquacoltura italiana. Inoltre, allargarne l’utilizzo a tutti i segmenti della nutrizione animale, superando finalmente i divieti legati alla crisi della BSE (la cosiddetta “mucca pazza”) di oltre vent’anni fa, significherebbe rendere più efficienti i processi produttivi e accrescere la competitività di tutta la filiera italiana delle carni.
Assograssi, è socio aggregato di Assitol, l’Associazione italiana dell’industria olearia aderente a Confindustria, e rappresenta circa l’80% del rendering in Italia, settore che dà una seconda vita ai residui della lavorazione delle carni, all’insegna del “no waste”, valorizzandoli per poi mettere sul mercato detergenti, fertilizzanti, petfood, mangimi per animali da allevamento.
I dati del 2024 descrivono un comparto solido: le imprese del rendering hanno trasformato 1.427.000 tonnellate di sottoprodotti di orIgine animale, per un fatturato di oltre 700 milioni di euro. Tuttavia, il settore potrebbe guadagnare in sostenibilità e redditività, se l’Unione Europea alleggerisse i divieti, ancora in vigore, sull’impiego delle PAT nell’alimentazione degli animali da allevamento.
E l’acquacoltura è un settore con ottime potenzialità di crescita, oltre 400 milioni di fatturato nel 2023 per 800 siti produttivi in tutta Italia, in cui l’apertura alle proteine animali è già in atto. Negli allevamenti ittici, infatti, le PAT da non ruminante (pollo e suino), si utilizzano già. Tuttavia, i quantitativi prodotti non sono sufficienti per l’attuale fabbisogno mangimistico, quindi si impiegano anche proteine vegetali e farine di pesce, che l’Europa e la stessa Italia sono costrette ad importare.

