L’iniziativa prende l’avvio da una disposizione del presidente della Regione Nello Musumeci per accelerare ulteriormente la campagna d'immunizzazione
Mentre infuria la polemiche sull’opportunità di vaccinare o meno i più giovani con AstraZeneca, cosa messa in dubbio da alcuni scienziati stessi, la Sicilia tira dritto e torna a proporre l’iniziativa “Porte aperte”.
Da domani a domenica 13 giugno i cittadini dai 18 anni in su, che non presentano fragilità, potranno vaccinarsi su base volontaria presso gli hub vaccinali provinciali anche senza prenotazione. I vaccini dedicati all’iniziativa saranno Vaxzevria di AstraZeneca e Janssen di Johnson & Johnson.
L’iniziativa prende l’avvio da una disposizione del presidente della Regione Nello Musumeci per accelerare ulteriormente la campagna d’immunizzazione, che procede in maniera spedita in tutta l’Isola e fa registrare un trend in costante crescita.
Nel periodo compreso tra 1 e 6 giugno, infatti, sono state effettuate quasi 287 mila somministrazioni, superando ogni giorno il target assegnato alla Sicilia dalla struttura commissariale nazionale.
VIOLA: “CONTRARISSIMA A DARLO AI GIOVANI”
«È sbagliatissimo proporre questi vaccini (AstraZeneca e J&J, ndr) ai giovani, specialmente alle donne. Sono sempre stata convinta che non bisognerebbe darli a persone di età inferiore ai 55 anni». Così in un intervista rilasciata al Corriere della Sera, Antonella Viola, immunologa e docente di patologia generale a Padova.
E ieri un gruppo di 24 medici vaccinatori ha però lanciato un appello, dicendosi contrario alla scelta di aprire ai più giovani le vaccinazioni con gli Open day AstraZeneca, “perché la somministrazione di questo vaccino ai soggetti minori di 40 anni, in particolare di sesso femminile, potrebbe comportare più rischi che benefici, causando anche se raramente complicanze potenzialmente mortali”.
La loro intenzione – spiegano – è “rafforzare la fiducia nelle Istituzioni ed evitare rischi inutili tra i nostri giovani”.
Stessi avvertimenti da Nino Cartabellotta, presidente Fondazione Gimbe, secondo il quale l’esigenza di vaccinare la popolazione andrebbe contemperata con la possibilità di somministrare, in questo momento, altri tipi di vaccini ai giovani. Con il siero a vettore virale, andrebbe immunizzato “quel 28% di 60-69enni e 17% di 70-79enni che ancora non hanno ricevuto la prima dose di vaccino”, aggiunge Francesco Broccolo, virologo dell’Università Bicocca di Milano.
In Italia oltre tre milioni di over 60 invece non hanno ricevuto neppure la prima dose, nonostante siano la fascia più esposta ai rischi letali del Covid.
Se da una parte appare fisiologico che su questa classe di età le inoculazioni rallentino con l’avvicinarsi della saturazione delle persone decise a vaccinarsi, restano anche altri problemi: c’è chi non si registra sulle piattaforme per le prenotazioni, né attraverso i numeri telefonici verdi, non chiede informazioni ai propri medici di base o da mesi è ancora risente della psicosi sui rischi dovuti agli effetti collaterali.
Anche per questo ora si punta a soddisfare la domanda di fasce di popolazione più disponibili, senza le quali il ritmo della campagna rallenterebbe drasticamente: “l’allarme c’è non solo nella mia regione – dice il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga- c’è una fetta di popolazione incerta, che non si vuole vaccinare, e su quella dobbiamo essere convincenti, dobbiamo fare una campagna, per tutelare il singolo e tutti gli altri”