AstraZeneca, rischio open day. Un gruppo di 24 medici vaccinatori ha lanciato un appello, dicendosi contrario alla scelta di aprire ai più giovani le vaccinazioni con il siero dell’azienda anglosvedese, “perché la somministrazione di questo vaccino ai soggetti minori di 40 anni, in particolare di sesso femminile, potrebbe comportare più rischi che benefici, causando anche se raramente complicanze potenzialmente mortali”.
La loro intenzione – spiegano – è “rafforzare la fiducia nelle Istituzioni ed evitare rischi inutili tra i nostri giovani”. Stessi avvertimenti da Nino Cartabellotta, presidente Fondazione Gimbe, secondo il quale l’esigenza di vaccinare la popolazione andrebbe contemperata con la possibilità di somministrare, in questo momento, altri tipi di vaccini ai giovani.
Con il siero a vettore virale, andrebbe immunizzato “quel 28% di 60-69enni e 17% di 70-79enni che ancora non hanno ricevuto la prima dose di vaccino“, aggiunge Francesco Broccolo, virologo dell’Università Bicocca di Milano. In Italia oltre tre milioni di over 60 invece non hanno ricevuto neppure la prima dose, nonostante siano la fascia più esposta ai rischi letali del Covid.
Se da una parte appare fisiologico che su questa classe di età le inoculazioni rallentino con l’avvicinarsi della saturazione delle persone decise a vaccinarsi, restano anche altri problemi: c’è chi non si registra sulle piattaforme per le prenotazioni, né attraverso i numeri telefonici verdi, non chiede informazioni ai propri medici di base o da mesi è ancora risente della psicosi sui rischi dovuti agli effetti collaterali.
Anche per questo ora si punta a soddisfare la domanda di fasce di popolazione più disponibili, senza le quali il ritmo della campagna rallenterebbe drasticamente: “l’allarme c’è non solo nella mia regione – dice il presidente della Conferenza delle Regioni, Massimiliano Fedriga- c’è una fetta di popolazione incerta, che non si vuole vaccinare, e su quella dobbiamo essere convincenti, dobbiamo fare una campagna, per tutelare il singolo e tutti gli altri”.
Matteo Bassetti, direttore della Clinica di Malattie infettive dell’ospedale San Martino di Genova, dice che “per quanto riguarda i vaccini AstraZeneca e J&J mi sentirei di sconsigliarli solo a chi prende la pillola anticoncezionale o altri trattamenti estroprogestinici perché si è visto che in persone giovani che prendevano questi farmaci è stata registrata una maggior frequenza di eventi avversi rari come le trombosi: 6-7 casi ogni milione di vaccini anti-Covid. Eventi rarissimi, ribadisco, ma possibili”. Insomma, un messaggio chiaro: AstraZeneca e J&J da evitare solo in precisi e rari casi.
Dunque, Bassetti sottolinea come in Liguria molti stiano “disdicendo la prenotazione per il vaccino AstraZeneca dopo il caso della 18enne colpita da trombosi, per cui tutti facciamo il tifo affinché si riprenda presto”. E però, prosegue, “lancio un appello ai ragazzi: devono stare tranquilli, in tutto il mondo i giovani sono stati sottoposti al vaccino e gli effetti collaterali sono stati minimi”.
Una combinazione di trombosi e trombocitopenia, in alcuni casi accompagnata da sanguinamento, è stata osservata molto raramente dopo la vaccinazione con il vaccino COVID-19 di AstraZeneca“. “Gli operatori sanitari – afferma l’Aifa – devono vigilare su segni e sintomi di tromboembolia e/o trombocitopenia”
I vaccinati “devono essere informati della necessità di consultare immediatamente un medico se sviluppano sintomi quali: mancanza di respiro, dolore toracico, gonfiore alle gambe, dolore addominale persistente dopo la vaccinazione.
Inoltre, chiunque abbia sintomi neurologici, inclusi mal di testa grave o persistente e visione offuscata dopo la vaccinazione, o noti lividi cutanei (petecchie) al di fuori del sito di vaccinazione dopo pochi giorni, deve rivolgersi immediatamente ad un medico”.