L’“attitudine di responsabilità” - QdS

L’“attitudine di responsabilità”

L’“attitudine di responsabilità”

Marco Vitale  |
mercoledì 27 Novembre 2024

Don Adriano Vincenzi, un sacerdote che non solo conosceva profondamente la Dottrina Sociale della Chiesa

Segue dal QdS del 20/11/2024

Mi trovavo a questo punto del mio sviluppo intellettuale quando mi incontrai con Don Adriano Vincenzi. Subito scattò tra noi una profonda sintonia. Fu a Verona verso gli ultimi anni Novanta e l’occasione fu un incontro pubblico promosso da un’associazione di piccole imprese delle quali Don Adriano era consigliere spirituale e dalla quale fui invitato a tenere una relazione sui temi dell’impresa. Per me fu una gioia scoprire un sacerdote che non solo conosceva profondamente la Dottrina Sociale della Chiesa, ma era convinto della sua importanza non solo teologica ma anche sul piano di una corretta visione socio-economica.

Per lui il nostro incontro rappresentava un passo ulteriore dell’iter che stava compiendo che era quello suggerito da Papa Giovanni XXIII nella Pacem in Terris: “Non basta essere illuminati dalla fede ed accesi dal desiderio del bene per penetrare di sani principi una civiltà e vivificarla nello spirito del Vangelo… A tale scopo è necessario inserirsi nelle sue istituzioni e operare validamente dal di dentro delle medesime. Però la nostra civiltà si contraddistingue soprattutto per i suoi contenuti scientifico-tecnici. Per cui non ci si inserisce nelle sue istituzioni e non si opera con efficacia dal di dentro delle medesime se non si è scientificamente competenti, tecnicamente capaci, professionalmente esperti”.

Insomma, percepimmo subito che entrambi stavamo lavorando per sviluppare quell’“attitudine di responsabilità” di cui tanto parla la Pacem in Terris e la Mater et Magistra e che una collaborazione tra noi poteva essere utile per meglio perseguire l’obiettivo da cui entrambi eravamo guidati, pur partendo da esperienze diverse. Iniziò così una viva collaborazione che ben presto si concentrò sull’idea geniale di Don Adriano di un Festival della DSC, all’insegna di una triade che identificammo come: “Approfondimento, divulgazione, concretizzazione”. A questo progetto si aggiunse poi l’ulteriore progetto di un “corso di formazione per dirigenti sulla DSC”.

Allo sviluppo di entrambi i progetti detti la mia collaborazione. Inviai a Don Vincenzi anche il Dossier 24 Ore sulle Encicliche sociali e sul rapporto tra Chiesa ed economia. Quando il Festival14 fu lanciato (16-18 ottobre 2011) contribuii con un’ampia relazione intitolata. “Impresa, Innovazione, DSC”. Collaborai anche al 2° Festival su DSC del 14/16 settembre 2012 con una relazione dal titolo: “Quali idee vecchie abbandonare e quali idee nuove seguire per uscire dalla crisi economico-finanziaria” che concludevo con queste parole: “Dunque, le soluzioni non mancano, la direzione di marcia incomincia ad apparire meno oscura, la terra promessa affiora, lontano, tra le nebbie. La speranza cristiana soffia nelle nostre vele. Ma per approdare dobbiamo prima fare una vera e propria conversione. E la DSC può molto aiutarci in questo, soprattutto se sapremo tenere distinto questo grande pensiero (che non è certo arretrato di 200 anni, come ha detto, nella sua ultima intervista, il cardinale Martini, peraltro parlando di altri temi, ma è anzi all’avanguardia, è il futuro, proprio perché è basata su principi e obiettivi non contingenti), distinto, dicevo, dai comportamenti concreti di certe gerarchie della Chiesa che, come anche le recenti vicende IOR dimostrano, necessitano, come tutti e, forse, più di tutti, di una seria conversione”.

Continua…

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