Attività estrattive Italia, Damigella: "In Sicilia mancano norme" - QdS

Attività estrattive Italia, Damigella: “In Sicilia mancano norme”

Attività estrattive Italia, Damigella: “In Sicilia mancano norme”

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martedì 25 Maggio 2021

Legambiente ha avviato, già dal 2008, un monitoraggio della situazione cave nel nostro paese per delineare i dati delle miniere in Italia e dell’impatto che esse hanno sul nostro territorio

Il report sulle attività estrattive nel nostro paese 2021, diffuso nei giorni scorsi, parla di 4.168 cave autorizzate, 14.141 dismesse o abbandonate e di una normativa inadeguata.

Di “normativa inadeguata”, specie per ciò che riguarda la Sicilia, parla anche l’imprenditore del marmo Giovanni Leonardo Damigella, amministratore unico della Mondial Granit spa di Chiaramonte Gulfi, che gestisce due cave nella zona di Custonaci. Damigella descrive la situazione delle cave nell’isola.

In Sicilia – spiega Damigella – manca una normativa dell’attività estrattiva che permetta di tutelare il territorio e di evitare le devastazioni. In Toscana, dove si trovano le cave di marmo di Carrara, la legge regionale vieta l’avvio di cave per l’estrazione di sabbia, ghiaia e pietrischi in un raggio molto ampio di distanza dalle cave di pietra da costruzione e marmi. Le autorizzazioni all’attività estrattiva e l’apertura di nuove cave di materiali inerti, utilizzati per l’edilizia, non sono consentite laddove siano presenti delle cave di materiale di pregio. 

È assurdo avviare nuove cave quando si ha a disposizione, nelle cave di marmo, del materiale di alta qualità, certamente più adatto all’attività edile. Se si prevedesse una legge in tal senso, si otterrebbero due risultati: utilizzare il materiale di scarto delle cave di pietra e marmo, che altrimenti rimane inutilizzato e spesso lasciato nei pressi delle cave. Inoltre, si garantirebbe al settore delle costruzioni l’utilizzo si materiale di alta qualità, più adatto all’edilizia, si avrebbe un cemento migliore”.

Damigella spiega nel dettaglio: “In Sicilia esiste del materiale edile di pregio. Il migliore in assoluto è la pietra lavica dell’Etna, insieme al materiale delle cave della zona di Trapani: sono questi i materiali che garantiscono il calcestruzzo migliore. Vi sono poi rari alluvionali di alta qualità, in alcune zone dell’isola, ma quasi sempre essi si trovano insieme a del materiale argilloso  e quindi la pietra deve essere lavata. I costi, in questo caso, sono alti. 

Vi sono poi delle zone dove si trovano molte cave di inerti di qualità bassa: è ciò che accade nelle zone di Ragusa, Agrigento e Caltanissetta. Faccio un esempio: un centimetro cubo di marmo si schiaccia a 1500/2000 chili, il granito si sgretola a 2500/2800 chili, la pietra che si estrae in tante cave di inerti si sgretola anche con 200/300 chili

In edilizia è la qualità degli inerti che fa la differenza per ciò che riguarda la tenuta degli edifici. Il Pantheon di Roma, costruito con l’utilizzo della “puzzolana” del Vesuvio, è in piedi da 2000 anni; gli edifici realizzati con il calcestruzzo odierno, invece, se si utilizzano materiali inerti scadenti, hanno una vita di 100 anni. Utilizzare per l’edilizia del materiale di migliore qualità sarebbe importante per i nostri edifici”.

Damigella lancia un appello alla Regione siciliana. “Auspico che il governo regionale voglia predisporre una legge adeguata al più presto. E che ci siano regole chiare per il ripristino delle cave che le aziende pagano in anticipo, ma che non viene fatto. Spero che Legambiente svolga anche un ruolo di sprone nei confronti delle regioni che devono legiferare, come la Sicilia. Se ben coltivate, le cave possono anche migliorare il territorio e garantire sostenibilità ambientale. Per ciò che mi riguarda, è uno degli obiettivi che mi sono prefissato e che cerco di applicare. Nelle cave di contrada Noce, a Custonaci, i gradini saranno trasformati in giardini pensili. Abbelliremo il territorio”.

Per la salvaguardia del territorio importante anche il riciclo del materiale inerte proveniente dalle demolizioni. “È giusto ciò che sostiene Legambiente e condivido le conclusioni – aggiunge Damigella – ritengo che il materiale da demolizione debba essere destinato prevalentemente al sottofondo stradale”.

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