Negli appalti di tutti i livelli è comune il tentativo della criminalità organizzata di inserirsi, condizionando le assegnazioni, i lavori e i controlli. è pertanto necessario che vi siano controlli serrati ed effettivi (non cartolari), effettuati da professionisti e addetti che debbono controllare i materiali, il loro utilizzo e i prodotti finiti.
Vi è l’Autorità nazionale anticorruzione (Anac) che proprio ieri ha presentato al Parlamento la relazione sull’attività svolta nel 2024. Il rapporto mette ben in evidenza tutte le possibili magagne che si verificano e quindi anche come approfondire e accentuare i controlli per evitare le conseguenze del malaffare.
Poi vi è la Corte dei Conti, che da qualche anno controlla i tempi di realizzazione delle opere, la congruità delle somme e altri punti che indicano eventuali deviazioni.
E infine vi è la Magistratura ordinaria, che, mediante la Polizia giudiziaria, controlla gli appalti per identificare ed evidenziare le deviazioni eventuali.
Lo scenario così proposto dovrebbe portare alla conclusione che è molto difficile imbrogliare in materia di appalti. Ma in realtà così non è, tant’è che un giorno sì e l’altro no vengono fuori le malefatte a seguito delle importanti investigazioni della Polizia giudiziaria, ma anche attraverso i controlli cartacei di Corte dei Conti e Anac.
Il guaio è che i processi contabili e giudiziari sono lunghi e farraginosi, con la conseguenza che occorre un tempo notevole perché si arrivi alla conclusione se chi è accusato sia colpevole o innocente. Ovvero la difesa tenta di allungare il più possibile i tempi per arrivare alla prescrizione del reato.
Insomma, la situazione è in quella posizione chiaro-scura nella quale è difficile determinare con certezza i procedimenti ed evitare le distorsioni che vengono denunziate. Si tratta di una situazione che dura da molto tempo e che invece bisognerebbe portare a conclusione con un metodo trasparente di assegnazione degli appalti e i successivi controlli sui subappalti.
Ed è proprio in questi passaggi subordinati che si annida spesso la corruzione.
La necessità che si combatta con tutti i mezzi il malaffare in materia, non deve però passare all’eccesso, ancora più dannoso: vale a dire quello di ostacolare gli appalti stessi e la loro esecuzione e di rallentare il cronoprogramma, che di solito è connesso a essi, perché il danno per la Collettività conseguente al prolungamento senza fine della realizzazione delle opere è incommensurabile, forse maggiore di quello della corruzione.
Responsabili delle istituzioni di buonsenso dovrebbero contemperare e bilanciare le due esigenze: scoprire gli imbroglioni e non rallentare l’esecuzione degli appalti.
Ma quello che scriviamo non è ben compreso dalla burocrazia pubblica, la quale preferisce ignorare il cronoprogramma e attenersi a norme formali che non servono a evitare la corruzione, bensì solo a rallentare i tempi di esecuzione delle opere.
La situazione descritta è difficile, ma non irrisolvibile. Se il legislatore fosse competente e riepilogasse tutte le norme della materia in un testo unico snello, trasparente e leggibile, si riattiverebbe il funzionamento.
Si potrebbe obiettare che il testo unico esiste ed è denominato Codice degli appalti. ma esso non raggruppa tutte le numerose leggi in materia, che sono sparpagliate nell’Ordinamento italiano. Il nostro legislatore non ha l’abitudine, quando scrive una norma, di fare l’inventario di tutte le altre che appartengono alla materia, carcerarle e inserirne i contenuti nel nuovo testo, che così non avrebbe bisogno di fare alcun riferimento o richiamo, come oggi purtroppo accade.
La disordinata stesura delle leggi è una causa della facilità di intromissione della malavita organizzata nel mondo degli appalti. Quando le leggi presentano fessure e finestre è facile entrarvi dentro, mentre i testi dovrebbero essere omnicomprensivi e blindati.
Abbiamo il dovere di rappresentare la situazione che precede, invitando le istituzioni, come abbiamo fatto tante altre volte, a intervenire con efficacia e non formalmente come accade oggi. Perché conta la sostanza e dopo la forma.

