L’allarme arriva dalla Cgia di Mestre: stangata per le famiglie e rischio evasione fiscale. L’Isola 3° regione per incidenza percentuale di economia non osservata sul valore aggiunto
PALERMO – Una stangata per i consumi delle famiglie e una più marcata diffusione dell’evasione fiscale: sarebbero questi i rischi più preoccupanti derivanti dall’aumento dell’Iva dal 22% al 25,2% paventato da molti ma puntualmente smentito dal governo guidato da Giuseppe Conte.
Secondo i dati della Cgia di Mestre, l’ammontare delle imposte sottratte all’economia sarebbe pari a circa 113 miliardi di euro (questa è la stima effettuata per il 2016). Calabria, Campania e Sicilia sul podio: infatti, sarebbero le prime tre regioni in Italia per incidenza percentuale di economia non osservata sul valore aggiunto e, dunque, maggiore presenza di evasione fiscale.
In particolare, l’incidenza percentuale dell’economia non osservata sul valore aggiunto sarebbe pari al 20,9% in Calabria, 20% in Campania e 19,2% in Sicilia. Dall’altra parte della classifica troviamo la Provincia autonoma di Bolzano (10,4%), la Lombardia (10,8%) e la Provincia autonoma di Trento (11,5%).
Relativamente alla percentuale di evasione, Calabria, Campania e Sicilia totalizzano rispettivamente il 24,2%, 23,2% e 22,2%, mentre nella Provincia autonoma di Bolzano, Lombardia e Provincia autonoma di Trento tali percentuali si attestano in ordine al 12%, 12,5% e 13,3%. I
Inoltre, nella nostra regione è possibile osservare il terzo valore maggiormente sostenuto di imposte evase: infatti, si parla di otto miliardi di euro (oltre il 7% del totale), valori superiori sono nel Lazio e nella Lombardia, regioni in cui ad ogni modo il valore dell’economia è nettamente superiore (rispettivamente 12,2 e 19,3 miliardi di euro, con un’incidenza percentuale di evasione in ordine pari al 15,4% e 12,5%).
Con l’aumento dell’aliquota Iva, il quadro descritto subirà certamente un prevedibile peggioramento.
Secondo la Cgia di Mestre “il possibile aumento di 3 punti percentuali dell’aliquota ridotta e di 3,2 di quella ordinaria, spingerebbe molti clienti finali a non pagarla affatto, evitando di richiedere al prestatore del servizio la fattura o la ricevuta fiscale, soprattutto nei servizi di manutenzione, riparazione e ristrutturazioni edilizie”.
Naturalmente un possibile innalzamento dell’Iva comporterebbe anche un generale freno all’economia più in generale. “Di fronte a una crescita economica ancora molto timida e incerta – afferma Renato Mason, il segretario della Cgia di Mestre – l’eventuale incremento dell’Iva condizionerebbe negativamente i consumi interni e, conseguentemente, tutta l’economia, penalizzando in particolar modo le famiglie meno abbienti. Già oggi siamo tra i principali Paesi dell’Area euro ad avere l’aliquota ordinaria Iva più elevata. Se da noi è al 22%, in Spagna è al 21, in Francia al 20 e in Germania al 19. Con un ritocco all’insù di 3,2 punti, saliremmo a 25,2. Nell’Eurozona nessuno potrebbe contare su un’aliquota così elevata”.
“In termini assoluti – conclude Paolo Zabeo, il coordinatore dell’Ufficio studi – sarebbero i percettori di redditi più elevati, visto che a una maggiore disponibilità economica si accompagna una più elevata capacità di spesa. La misurazione più corretta, tuttavia, si ottiene calcolando l’incidenza percentuale dell’aumento dell’Iva sulla retribuzione netta di un capo famiglia. Adottando questa metodologia, l’aggravio più pesante interesserebbe i percettori di redditi bassi e, a parità di reddito, le famiglie più numerose”.