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Autodeterminazione dei Popoli

Autodeterminazione dei Popoli
Netanyahu striscia di Gaza

Egitto, Gaza e Israele

L’Egitto, attraversato dal Nilo, è una fra le più antiche civiltà conosciute perché risale a oltre quattromila anni fa. Prima ancora la sua storia si perde nella notte dei tempi. Possiede una documentazione della storia e della sua popolazione, per cui se ne conosce una parte cospicua.
I faraoni furono una civiltà molto importante, sostituita da quella ellenistico-romana e dall’altra arabo-islamica.
Per arrivare ai nostri secoli, ricordiamo che quel territorio fu occupato dai turchi, anche se esisteva la civiltà locale dei Mamelucchi. Verso il 1860 fu adocchiata dai britannici, che fecero quei grandiosi lavori nel canale di Suez, inaugurato nel 1869.
Perché vi descriviamo brevemente questi cenni sull’Egitto? Perché proprio intorno a quell’epoca una parte della popolazione, oggi con circa centodiciotto milioni di abitanti, cominciò a riflettere se rispetto alla dominazione turca o a quella inglese, che la sfruttava, non fosse opportuno tentare l’autodeterminazione araba.

Il punto è proprio questo: tutti i Popoli hanno diritto alla propria autodeterminazione, cioè devono scegliere cosa fare e come farlo, anche se si trovano in uno stato di povertà. Il caso poi aiuta o meno questa determinazione facendo comparire un personaggio intelligente e di alto profilo, che guida quel Popolo.
Passiamo dall’Egitto ai territori confinanti, cioè Gaza e Israele.
Gaza, popolata da circa due milioni di persone, è in uno stato di povertà assoluta e forse anche meno; è quasi totalmente distrutta e inabitabile perché senza sanità, senza risorse finanziarie, senza infrastrutture di qualunque tipo, senza classe dirigente: insomma è senza tutto a causa della distruzione continua provocata dal governo di Netanyahu.
Ammesso che volesse ripartire dopo la cessazione della guerra, non si sa quanti secoli ci vorrebbero per farla risalire dal baratro, offrendo quel minimo di servizi necessari al soddisfacimento dei bisogni primari di una popolazione.
Dal che potrebbe sembrare suggestiva l’idea di Trump di investire risorse dell’Occidente colà. Ma c’è un “ma”: tale territorio dovrebbe essere poi amministrato dall’Occidente medesimo.

In questo periodo la guerra, la fame e la morte per malattie e denutrizione stanno decimando la popolazione palestinese, che vive nella Striscia e, peggio, non si vede la fine di questo stato di cose, che comunque prima o dopo finirà.
E sarà proprio in quel momento che il Popolo palestinese, se ha un minimo di classe dirigente, dovrà decidere cosa fare del proprio futuro: essere dominato dall’Occidente, che produrrebbe ricchezza e benessere, ma nessuna libertà istituzionale; oppure scegliere la strada opposta, cioè tentare la crescita con i suoi scarsi mezzi, ma mantenendo la libertà di autogovernarsi.
Ovviamente l’alternativa non è immediata e neanche facente parte di una capacità decisionale del Popolo di Gaza.
Intanto una cosa è certa: il primo ministro Netanyahu ha deciso di occupare tutto il territorio senza annetterlo a Israele. E dopo? Chi si occuperà della sopravvivenza dei/delle palestinesi con l’attivazione di tutti i servizi, seppure minimi, necessari? In altri termini, Netanyahu, dopo l’occupazione, che farà? Lo vedremo nei prossimi tempi.

Intanto la guerra continua, gli Stati Uniti forniscono armi di tutti i tipi a Israele, ove la popolazione avverte segni di stanchezza, soprattutto quella parte di essa che “fornisce” i militari. Ricordiamo infatti che in Israele vi è la leva obbligatoria per tutti e tutte; solo una parte delle forze armate è formata da donne e uomini professionali, cioè che ricevono lo stipendio.
Questa guerra dura orma da quasi due anni (7 ottobre 2023), ma non se ne vede la fine perché tutto il gruppo di terroristi di Hamas, che si autodefinisce patriota, è ben impiantato nei cunicoli e nei sotterranei della Striscia di Gaza e Netanyahu non intende fermarsi prima di averli sterminati.
La situazione è complessa e nessuno dei commentatori dovrebbe lanciarsi in previsioni proprio perché sono in ballo tante di quelle variabili che non le consentono.