Autodichìa è un termine che deriva dal greco “autos” e “dikè”, fare giustizia da sé, internamente. Assomiglia un po’ al detto molto noto di “lavare i panni sporchi in famiglia”. Nel nostro ordinamento riguarda la funzione di giurisdizione interna che hanno alcuni organi costituzionali, la Corte costituzionale, il Parlamento, per sottrarre il proprio funzionamento, o il suo non funzionamento, al giudice ordinario. Pertanto questi organi, di rango costituzionale, dovrebbero dotarsi di una procedura interna di indagine e di risoluzione delle controversie.
Ne parliamo perché nell’Assemblea regionale siciliana in atto è esplosa una grossa controversia con profili discutibili. Non ci riferiamo agli episodi corruttivi ipotizzati dalla Procura della Repubblica di Palermo riguardanti alcune dazioni di denaro o di utilità verso alcuni soggetti. Si parla del presidente dell’Assemblea, di una specie di portavoce zarina, o forse più di una, di un assessore della giunta Schifani, e di altri soggetti a vario titolo coinvolti per ipotesi di corruzione. Il dato è esclusivamente giurisdizionale e seguirà una procedura apposita. È uno scandalo, ovviamente, che ha radici più lontane, sul famoso caso Cannes in cui la Regione Siciliana aveva finanziato a costo imponente, milioni di euro, alcuni scatti fotografici per uso promozionale. Se la Procura ha potuto indagare sull’Assemblea regionale, organismo parlamentare, vuol dire che quegli episodi costituiscono un reato procedibile ordinariamente.
L’analisi che poniamo è quella della enorme massa di dazioni ad personam, scoperta tramite le intercettazioni riguardanti l’inchiesta sulla corruzione, durante le manovre finanziarie, che avrebbero raggiunto ciascun deputato dell’assemblea sotto forma di tabella dei compensi per favorire l’approvazione della Manovra di bilancio. Se un soggetto privato, facendo lobbing, tramite elargizioni di utilità o soldi ad uno o più deputati, fa approvare un emendamento di legge o addirittura una norma del parlamento italiano può configurarsi come reato corruttivo. Ci sono stati molteplici casi in cui tale ipotesi è stata contestata dai giudici ordinari. In questo caso l’autodichìa non è evidentemente entrata in funzione. Ma se i deputati vengono foraggiati dagli stessi organismi a cui appartengono, al fine di votare, col voto segreto, una legge è reato?
Cerchiamo di capire meglio. Se lo fa un cittadino privato, e non un soggetto istituzionale, che viene intercettato da un inquirente, questi commette un reato; se invece un coacervo di deputati, indirizzato e gestito da alcuni apparati o organismi, fa la stessa cosa nel medesimo luogo è immune da commettere reati? Qualcuno potrà dire: “non ci siamo presi i soldi per noi, ma li abbiamo destinati a associazioni o Comuni che hanno speso questi soldi per manifestazioni”. Sì, forse: vedi il caso dell’associazione alla cui presidenza c’era la mamma del deputato, ma certamente questi soldi non sono andati alla generalità dei siciliani; hanno riguardato piccoli singoli territori o gruppi “clienti” del deputato, di fatto un’utilità, un finanziamento a scopo elettorale. Sono punibili o no queste fattispecie? Non si configurano dei reati di finanziamento illecito?
Il cittadino, ovviamente quello escluso dai favori ricevuti, vorrebbe capire questo, visto che i fondi pubblici dovrebbero avere carattere universale. Oppure l’autodichìa è una forma di impunità assoluta? Ma soprattutto, l’Assemblea regionale siciliana è un organo costituzionale dotato di autodichìa? In effetti ha determinato in proprio il proprio status giuridico economico agganciandosi come trattamento al Senato della Repubblica, in autodichìa appunto, in epoche in cui la sua fervente autonomia speciale doveva essere gestita e amministrata. Ma la parte riguardante il trattamento economico non può essere estesa ad altro, probabilmente, come l’esenzione del controllo giurisdizionale su forme di dazione monetaria verso singoli soggetti travestite da norme.
Il vero scandalo all’Assemblea regionale siciliana è il tariffario dei deputati di maggioranza e opposizione. E se non fosse reato sicuramente è un obbrobrio politico e istituzionale. Essere pagati, tramite tabelle di finanziamento ad personam, per non esercitare il mandato elettorale è la morte stessa della politica. E in questo squallido esercizio gli esclusi sembrano veramente pochi. Per cui risulta impossibile l’esercizio della giurisdizione interna, la famosa autodichìa, anche potendo o volendo.
Cosi è se vi pare, nella terra di Pirandello.
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