Una ferita rimasta aperta per oltre 80 anni ha oggi ottenuto riconoscimento. Con la sentenza 1402/2025, la terza sezione civile del Tribunale di Palermo – giudice Cinzia Ferreri – ha accolto integralmente la domanda di risarcimento presentata da Giuseppe e Guglielmo Salamone, figli del signor Nicolò Salamone, militare italiano internato nei lager tedeschi tra il 1943 e il 1944. Assistiti dallo studio legale Palmigiano e Associati, i familiari del reduce avevano avviato l’azione giudiziaria nel giugno 2023, in prossimità della scadenza prevista per le istanze di risarcimento legate ai crimini di guerra nazisti, dopo l’istituzione da parte dello Stato italiano – nel 2022 – di un fondo dedicato alle vittime e ai loro eredi.
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Il fondo, con una dotazione triennale, era volto a garantire un ristoro per le gravi violazioni dei diritti umani avvenute durante il regime nazista, compiute sul territorio italiano o, comunque, in danno di cittadini italiani dalle forze del terzo Reich nel periodo tra l’1 settembre 1939 e l’8 maggio 1945.
La storia di Nicolò Salomone, l’aviere deportato dai lager nazisti
Il fondo, nato per dare continuità all’accordo italo-tedesco del 1962, è gestito dal ministero dell’Economia ed è dotato di 20 milioni di euro per il 2023. Inoltre, vi sono 11,8 milioni di euro annui per il triennio 2024-2026. Nicolò Salamone, all’epoca aviere scelto dell’Esercito italiano in servizio in Albania, fu catturato nel 1942 dagli inglesi. Poi, in seguito a uno scambio di prigionieri, fu deportato nei lager tedeschi. Internato inizialmente nello Stammlager IV F a Hartmannsdorf-Chemnitz e successivamente nello Stammlager VI J, fu costretto dai nazisti al lavoro coatto all’interno dell’allora industria bellica Krupp, una delle più potenti industrie tedesche dell’epoca (Alfred Krupp fu poi condannato dal Tribunale di Norimberga per l’uso di lavoro schiavistico da parte della sua impresa). 27 mesi di sevizie, fame e schiavitù.
Nel lager Salamone fu sottoposto a lavori forzati in condizioni disumane. Turni massacranti, totale assenza di retribuzione, malnutrizione, violenze fisiche e vessazioni sistematiche da parte delle SS. Le torture inflitte gli lasciarono segni permanenti sul corpo e sulla psiche. Dopo lunghi mesi di silenzio e disperate ricerche da parte della famiglia, rientrò in Italia solo nell’aprile del 1946.

