"Ma dalla spirale delle violenze si può uscire". La parola a Maria Teresa Cultrera, avvocato penalista
Il diritto incontra non poche difficoltà nel prevenire e sanzionare le violenze nell’ambito della famiglia.
La legge, infatti, interviene soltanto quando l’equilibrio è ormai compromesso e si sono già innescati, nell’ambito della famiglia, quei meccanismi che conducono, inevitabilmente, alla rottura definitiva dei vincoli affettivi. Il diritto è infatti restio a frapporsi nei contrasti intra familiari, se non quando si configurino ipotesi di reati gravi (ad esempio maltrattamenti o violenze sessuali).
Si è riusciti a spostare la priorità della tutela giuridica verso gli interessi ed i diritti del singolo coniuge all’interno della coppia, facendo leva sui diritti fondamentali della persona e ritenendo necessaria una soglia minima di solidarietà e di rispetto comunque necessaria e doverosa per la personalità del partner.
Date queste premesse, è possibile parlare oggi di tutela risarcitoria a favore di un coniuge se l’altro ha violato diritti e doveri di rilevanza costituzionale. Se la violenza integra gli estremi di un reato, la vittima può decidere di agire di fronte al giudice civile per ottenere, tramite una sentenza di separazione o di divorzio, la rottura del vincolo coniugale. Alternativamente o cumulativamente, potrà richiedere, se ne esistono i presupposti, la punizione del comportamento molesto o violento, costituendosi, altresì, parte civile, nel giudizio penale, potrà avanzare richiesta di pagamento di somme di denaro, a titolo di risarcimento.
Purtroppo, l’esperienza professionale, mi conferma, sempre più spesso che la violenza sulla donna può presentarsi in molte forme, alcune delle quali non visibile. Basti pensare alle offese, le critiche, le accuse, la mancanza di rispetto, la svalutazione continua della moglie e/o convivente che non svolge attività lavorativa, i ricatti < …se mi lasci …puoi dire addio ai soldi … non mantengo te e i tuoi figli, potete andare a vivere sotto i ponti…>.
Capita di incontrare e assistere in giudizio donne che vivono la profonda sofferenza di ciò che possono significare certe parole dette da un partner!
Il ricatto economico è la forma di violenza psicologica più tagliente, coarta la libertà della persona che non riesce a riscattarsi da una situazione familiare in cui è soccombente.
La dipendenza economica, accresce l’insicurezza, contribuisce ad erodere l’autostima, indi accade, spesso, che la vittima interpellata difficilmente mette in discussione la relazione. Innesca così una spirale che rischia di rendere la donna dipendente dall’abusante.
A tal proposito, la vicenda processuale della giovane G.P., difesa dallo scrivente avvocato, aiuta a comprendere che dalla spirale delle violenze domestiche, si può uscire!
G.P. HA VINTO l’isolamento, decidendo di recarsi il 20 luglio 2021 presso un avvocato penalista per RACCONTARE e DENUNCIARE, quello che stava vivendo.
Il suo convivente, F.A., a seguito della DENUNCIA – QUERELA, veniva ACCUSATO del reato di maltrattamenti previsto e punito dall’art. 572 C.P. perché “percuotendola ripetutamente, ingiuriandola pesantemente con epiteti volgare e denigratori, la sottoponeva a privazioni affettive ed economiche – reato aggravato dall’art. 61 n 11 C.P. per aver agito in presenza del figlio minore – nonché, del reato di lesioni gravi previsto e punito dall’art. 582 – 585 C.P. “ per averla percossa violentemente, cagionando alla convivente G.P. contusione facciale e regione lombare sinistra, con prognosi di gg 20”.
La vicenda familiare dell’imputato F.A. e della persona offesa G.P. era assai travagliata e drammatica. Dagli atti processuali emergeva una figura di padre e marito – PADRONE – che dall’inizio della convivenza, protrattasi per oltre dieci anni, aveva assunto atteggiamenti prevaricatori e violenti nei confronti della convivente, ripetutamente percossa ed aggredita costretta, comunque, a vivere in un clima di sottomissione, a cagione anche dell’abuso di alcol da parte dell’uomo.
Così sommariamente i fatti processuali che sono sfociati in un immediato allontanamento del convivente dalla casa familiare per essere sottoposto alla misura coercitiva degli arresti domiciliari presso altro luogo.
G.P. ha rotto la catena con l’ESEMPIO per evitare che i figli diventassero uomini abusanti o donne abusate!
Maria Teresa Cultrera