La comunità di Bagheria è in lutto: è morta qualche giorno fa, Mary Abate, assistente sociale del centro di salute mentale del paese, dove ha lavorato per 30 anni. Aveva 65 anni ed è stata stroncata da un male aggressivo che non le ha lasciato scampo.
I colleghi aprono un fondo intitolato a Mary Abate
I suoi colleghi hanno scritto un ricordo affettuoso su di lei dal punto di vista umano e professionale.
“Mary non è stata soltanto un’assistente sociale. È stata una visionaria della cura. Una donna capace di guardare oltre i confini delle diagnosi, oltre le etichette, oltre il silenzio e l’invisibilità in cui troppo spesso sono confinate le persone con fragilità psichica. Al Centro della Salute Mentale di Bagheria, come nella vita, Mary ha incarnato una professionalità fatta di coraggio, ascolto radicale e azione concreta.
Con lei, l’aiuto non era un gesto tecnico ma un atto d’amore, di giustizia, di responsabilità civile.”
I colleghi continuano dicendo che “ha saputo costruire relazioni dove sembrava esserci solo frattura. Ha fatto spazio ,nella burocrazia, nei servizi, nella mente degli altri, a chi veniva sempre dopo, a chi era considerato ‘troppo complicato’, ‘poco produttivo’, ‘inaccessibile’. Ma per lei, ogni persona era accessibile. Ogni storia degna di essere raccontata. Ogni soggetto fragile, una risorsa da liberare, non un problema da contenere”.
“Con il fondo proseguiamo la sua visione: ecco i nostri progetti”
“Oggi, con questo fondo a lei intitolato, vogliamo proseguire la sua visione, e farlo in modo concreto.
Il fondo nasce per innescare e sostenere progetti di inclusione socio-lavorativa rivolti a persone con fragilità psichica che ancora oggi sono le ultime tra gli ultimi, spesso discriminate anche all’interno delle stesse categorie protette, e tagliate fuori dal mondo del lavoro e della partecipazione attiva.
Non si tratta solo di offrire opportunità, ma di trasformare lo sguardo della società: vedere valore dove altri vedono peso, creare appartenenza dove c’è esclusione. Chi ha conosciuto Mary, anche solo per un tratto del proprio cammino, sa che il suo modo di esserci era irripetibile: amorevole, spregiudicato, autentico. Eppure, crediamo che il suo impegno possa continuare a vivere e a generare bellezza, dignità, cambiamento. Questo fondo è un gesto di memoria attiva. È una promessa: non ci fermeremo finché ogni persona, anche la più fragile, potrà trovare il proprio posto nel mondo”.
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