Home » Bandiere blu, l’Isola ha ancora tanta strada da fare. In Sicilia una ogni 150 km contro i 5 della Liguria

Bandiere blu, l’Isola ha ancora tanta strada da fare. In Sicilia una ogni 150 km contro i 5 della Liguria

Bandiere blu, l’Isola ha ancora tanta strada da fare. In Sicilia una ogni 150 km contro i 5 della Liguria
bandiera blu

Carenze nei depuratori, nella gestione del territorio e nell’accessibilità tra i fattori che penalizzano la Sicilia

Se come in occasione dei risultati elettorali ci si volesse arrovellare a trovare una chiave di lettura utile ad abbellire lo stato delle cose, allora si potrebbe dire che tra il 2024 e il 2025 la Sicilia ha mantenuto il numero totale di bandiere blu (14), mentre la Liguria – la regione regina in Italia per il riconoscimento simbolo della balneabilità dei mari – ne ha perso una (da 34 a 33). Le cose però cambiano se si decide di fare un passo indietro e inquadrare la situazione nel suo complesso, partendo per esempio dal rapporto che c’è tra il numero di bandiere e la lunghezza delle coste della singola regione.

In Liguria una spiaggia blu ogni cinque chilometri

La Liguria, dove le spiagge che sono state incluse nell’elenco stilato dalla Foundation for Environmental Education (Fee) sono state oltre una sessantina ripartite in 33 Comuni, ha circa 350 chilometri di costa. Questo significa una spiaggia blu ogni cinque chilometri e poco più. In Sicilia, invece, il quadro è decisamente più desolante: nel 2025 il numero di spiagge che hanno ricevuto la bandiera blu sono state 17 e ricadono in 13 Comuni: in provincia di Agrigento, Menfi; nel Messinese, oltre al capoluogo anche i centri di Alì Terme, Nizza di Sicilia, Roccalumera, Furci Siculo, Santa Teresa di Riva, Letojanni, Taormina e Tusa; e in provincia di Ragusa, oltre al capoluogo i centri di Modica, Pozzallo e Scicli.

In Sicilia una spiaggia blu ogni 150 chilometri circa

Nell’isola, tuttavia, i chilometri di costa – stando ai dati riportati dall’Agenzia regionale per la protezione dell’ambiente (Arpa) – sono, se si tiene conto anche delle isole minori, 1637. Numeri alla mano significa una spiaggia blu ogni 150 chilometri circa. Il confronto che ne viene fuori è impietoso e sintetizza i numerosi gap che la Sicilia sconta ancora nella gestione dei propri mari. In ballo ci sono tante questioni: dalla qualità delle acque, che anche quest’anno hanno registrato pesanti censure nel momento in cui la Regione è stata chiamata a stilare i divieti di balneazione, alla capacità delle istituzioni di rendere fruibile in maniera sostenibile spiagge e scogliere.

Se nel primo caso il pensiero corre ai depuratori – in molti casi ancora da realizzare nonostante i cospicui finanziamenti che l’Unione Europea ha messo sul piatto, in altri spesso incapaci di assolvere al proprio compito per cattiva manutenzione o vetustà – e alle conseguenti infrazioni comunitarie attivate contro l’Italia, nel secondo la critica abbraccia questioni più ampie.

In ballo anche altre questioni ambientali

La valutazione che precede l’assegnazione delle bandiere blu tiene conto, infatti, anche di altri elementi oltre alle condizioni ambientali. “Grande rilievo viene dato alla gestione del territorio messa in atto dalle amministrazioni comunali”, si legge in un comunicato del Consiglio nazionale delle ricerche. Dove oltre a depuratori e allacci fognari vengono citati “la gestione dei rifiuti, l’accessibilità, la sicurezza dei bagnanti, la cura dell’arredo urbano e delle spiagge, la mobilità sostenibile, l’educazione ambientale, la valorizzazione delle aree naturalistiche, le iniziative promosse dalle amministrazioni per una migliore vivibilità nel periodo estivo”. In merito a quest’ultimo punto si specifica che “non bisogna inoltre dimenticare l’azione di sensibilizzazione intrapresa affinché i Comuni portino avanti un processo di certificazione delle loro attività istituzionali e delle strutture turistiche che insistono sul loro territorio”.

“Registriamo un incremento dei Comuni che hanno ottenuto il riconoscimento della Bandiera Blu, 246 con 15 nuovi ingressi – ha dichiarato Claudio Mazza, presidente della Fondazione Fee Italia -. Quest’anno abbiamo chiesto alle amministrazioni comunali di redigere e presentare un Piano di azione per la sostenibilità, con le attività realizzate e programmate nel triennio 2025-2027. Uno strumento che seguirà il Comune in tutto il suo percorso di Bandiera Blu, aiutandolo ad avere una visione unitaria rispetto agli interventi da compiere e a mantenere la rotta sull’impostazione al miglioramento continuo”.

Un giudizio favorevole a livello nazionale, ma che a livello regionale risente di una differenza di valutazione: la Sicilia tra il 2024 e il 2025 ha visto perdere la bandiera blu a due Comuni – Lipari e Ispica – salutando invece l’ingresso nell’elenco di Messina e Nizza di Sicilia. Una fotografia a sommatoria zero, verrebbe da dire, ma che non suggerisce rilassamenti, se si considerano anche i problemi a livello di cementificazione dei litorali e la diffusa presenza di abusi edilizi che, dopo la recente sentenza della Corte Costituzionale sull’applicabilità sin dal 1976 del divieto di realizzare manufatti a 150 metri dal mare, sono tornati al centro dell’attenzione.

“Il soggetto cardine per tutto il percorso della Bandiera Blu è la comunità nel suo insieme con l’obiettivo di rispondere alle sfide ambientali globali, rafforzando il proprio impegno nella tutela dell’ambiente, nella lotta al cambiamento climatico e nel miglioramento della qualità della vita per cittadini e turisti”, ha concluso Mazza.

Una regione divisa tra bellezza e divieti: 465 km di costa inibiti alla balneazione

Anche quest’anno la Sicilia sarà metà di turisti e visitatori in estate. L’isola arriva alla stagione calda confermando il numero di bandiere blu ricevute l’anno passato e ciò servirà, almeno nelle località che hanno ottenuto il riconoscimento, come ulteriore volano economico. La cronaca però dice come continuino a essere molti i tratti di costa inibiti alla balneazione. I motivi, come risaputo, sono tanti: dall’inquinamento all’esistenza di vincoli di altra natura. E il problema riguarda in qualche caso anche zone ufficialmente protette. Nei mesi scorsi, il Quotidiano di Sicilia ha mappato le aree dove, a meno di non infrangere le prescrizioni, non ci si potrà tuffare. In totale tratta di circa 465 chilometri, di cui 37 inibiti per presenza di valori inquinati superiori alla norma.

“I tratti di mare e di costa già vietati alla balneazione per inquinamento possono essere soppressi o rideterminati, per la successiva stagione balneare, solo a seguito di acquisizione di idonea documentazione, da parte dei sindaci dei Comuni interessati, attestante l’avvenuta messa in atto delle misure di risanamento o consolidamento dell’area interessata”, ha ricordato la Regione, in uno dei decreti emessi a inizio primavera. La questione della pulizia dei mari è nota non solo a biologi e tecnici, ma a chiunque trascorra una giornata in spiaggia, specialmente nelle zone che in estate vedono aumentare la popolazione per la presenza di villeggianti. All’origine del problema ci sono le inadeguatezze dei depuratori o, in non pochi casi, la loro totale assenza. Le storie sono diverse, ma sono tutte legate da un filo rosso: l’inerzia delle istituzioni nel correre ai ripari di un problema che causa costi non solo d’immagine ma anche finanziari alle casse dello Stato, in seguito alle infrazioni aperte già tanti anni fa dall’Unione europea.

Per cercare di sbrogliare la matassa, è stata istituita la struttura commissariale nazionale dedicata alla depurazione delle acque. A guidarla attualmente, su designazione del governo Meloni, è Fabio Fatuzzo, l’ex presidente di Sidra. I poteri commissariali consentono di velocizzare gli iter amministrativi per arrivare alla costruzione dei depuratori, tuttavia le strade in più di un caso continuano a sembrare in salita. A dimostrarlo è il caso di Acireale, dove un progetto, che vale centinaia di milioni di euro e che dovrebbe servire a trattare i reflui di una decina di centri del comprensorio, è finito al centro delle polemiche perché prevede la realizzazione dell’impianto in un’area che ricade in zona C di un parco archeologico. Si tratta dell’ultimo capitolo di una polemica che si trascina da decenni e che non ha mai portato a nulla, con le amministrazioni locali in primis incapaci di prendere scelte chiare per timore di perdere consensi elettorali. Ciò che è certo è che nell’Acese come in altri punti dell’isola anche quest’estate bisognerà valutare quando entrare in acqua, onde evitare di imbattersi in correnti che trasportano rifiuti di ogni tipo.

Per provare a schivarle, può tornare utile tenere a mente le zone vietate alla balneazione.

Agrigento

Divieto per 500 metri alla foce del fiume Akragas; 400 metri alla foce del fiume Naro; 500 metri alla foce del fiume Salso (Licata); 450 metri alla foce del fiume Palma (Licata); 200 metri alla foce del vallone Forte (Realmonte); poco più di 500 metri al lido Salus (Sciacca); 480 metri alla foce di due torrenti (Sciacca); 350 metri alla foce del torrente Canne (Siculiana).

Caltanissetta

Oltre 600 metri alla foce del fiume Gela; 800 metri alla foce del torrente Gattano.

Catania

630 metri alla foce del fiume Alcantara (Calatabiano); 75 metri alla foce del torrente Minissale (Calatabiano); 200 metri alla foce del torrente Angullara (Mascali); oltre 700 metri alla foce del torrente Macchia (Mascali); 150 metri allo scarico di via Colombo (Riposto); 45 metri in via Gurne e 280 metri in via Garitta fino al termine della baia (Capomulini, Acireale); 450 metri nei pressi del porto vecchio e 100 metri sul lungomare (Aci Castello); divieti sparsi a Catania nei punti di immissione del canale di cintura: via dei Villini a Mare, piazza Europa, zona stazione centrale e fino al limite con l’area portuale.

Messina

Oltre 400 metri a nord della foce dell’Alcantara (Giardini Naxos); 6,4 chilometri tra le foci dei torrenti Larderia e Portalegni (Messina); 630 metri tra la zona sud dell’ospedale Regina Margherita e la zona nord della foce Annunziata; 200 metri nell’area del canale Lago Piccolo Torre Faro; 100 metri a est della foce del torrente Boncoddo (Rometta); 100 metri a est della foce del torrente Senia (Venetico); 250 metri tra le foci del Senia e del torrente Fondachello (Valdina); 300 metri a ovest del torrente Fondachello (Torregrotta); 800 metri in due tratti distinti (Barcellona Pozzo di Gotto); 200 metri alla foce del vallone Cannamelata e 400 metri alla foce del torrente Ciaramisello (Sant’Agata di Militello).

Palermo

250 metri in via Barcarello (Sferracavallo); 300 metri a ovest dello sbocco Ferro di Cavallo Locamare (Mondello); 3,7 chilometri tra porto Sant’Erasmo e porto Bandita; 2,5 chilometri tra porto Bandita e Lido Olimpo; 760 metri a Lido Olimpo; 1,1 chilometri a ovest della foce del fiume Eleuterio (Ficarazzi); 200 metri nella spiaggia Solarium (Ficarazzi); 750 metri a ovest del piazzale Prime Rocche e 150 metri a est dalla spiaggia Sarello (Bagheria); 800 metri nella zona del ponte San Michele e 300 metri sul litorale della Bruca (Altavilla Milicia); 300 metri in località Fondachello e 600 metri a Sant’Elia (Santa Flavia); 400 metri a est del porto Trabia Pescatore e 1,2 chilometri davanti allo svincolo autostradale (Trabia); 200 metri a est del fiume San Leonardo e 200 metri in contrada Bragone (Termini Imerese).

Siracusa

400 metri a Brucoli (Augusta); tratto da 200 metri a nord dello scarico Enel fino al confine con Melilli (Priolo); 1,1 chilometri da Faro Rosso a 200 metri a sud del collettore fognario (Pachino); 800 metri da porto Pidocchio a 200 metri a sud dello scarico fognario (Portopalo di Capo Passero).

Trapani

200 metri alla foce del torrente Canalotto (Alcamo); 690 metri alla foce del torrente Linciasella (Valderice).