PALERMO – È stato presentato ieri, nella sede palermitana, il rapporto annuale “L’economia della Sicilia” elaborato dalla Banca d’Italia. Il rapporto è stato presentato da Emanuele Alagna, direttore della sede di Palermo di Banca d’Italia, Giuseppe Saporito e Patrizia Passiglia, entrambi della Divisione Analisi e Ricerca economica territoriale della sede palermitana di Banca d’Italia.
Il dato che emerge dal rapporto è che, nel 2023, l’attività economica in Sicilia è cresciuta, ma a ritmi molto contenuti e più bassi di quelli dell’anno precedente. Secondo l’Indicatore trimestrale dell’economia regionale, l’Iter, il prodotto è aumentato dello 0,7 per cento, in misura lievemente inferiore rispetto al Pil italiano. I segnali di ripresa che si erano manifestati nel primo trimestre si sono attenuati nei mesi successivi. In base alle indicazioni di carattere qualitativo raccolte, la crescita economica sarebbe modesta anche nell’anno in corso.
In Sicilia l’attività industriale è storicamente concentrata in aree che coincidono con i poli di sviluppo creati negli anni sessanta nell’ambito del cosiddetto Intervento straordinario nel Mezzogiorno. L’azione pubblica ha avuto, nel complesso della macroarea, conseguenze positive nel lungo periodo, favorendo l’agglomerazione di imprese e lavoratori nelle aree target, sebbene in alcune di queste zone la dipendenza da un singolo settore o da un numero limitato di grandi operatori abbia rappresentato e possa ancora rappresentare un fattore di rischio. Il valore aggiunto si è ridotto nell’agricoltura e nell’industria ha rallentato nelle costruzioni e nei servizi. Nell’industria il perdurare di una congiuntura debole e l’elevato costo del credito hanno frenato gli investimenti delle imprese siciliane; si è intensificata l’espansione della capacità produttiva di energia elettrica da fonti rinnovabili. Le esportazioni sono diminuite sia per i prodotti petroliferi sia per il complesso degli altri comparti. Pur in decelerazione, l’attività si è mantenuta su livelli elevati dell’edilizia, beneficiando ancora dello stimolo derivante dagli incentivi fiscali oltre che della domanda proveniente dall’operatore pubblico.
L’indebolimento dei consumi si è riflesso sull’andamento dei servizi privati non finanziari, la cui dinamica è stata però sostenuta dai risultati positivi del turismo e dei trasporti aerei e marittimi. Nonostante il rallentamento ciclico e l’aumento del costo del credito, una quota elevata di imprese ha conseguito risultati reddituali positivi; ciò ha sostenuto l’accumulazione delle disponibilità liquide, che hanno raggiunto un picco storico alla fine del 2023. I finanziamenti al settore produttivo sono risultati in calo, risentendo della riduzione della domanda, in un contesto di maggiore cautela delle politiche di offerta delle banche. In base alle elaborazioni di Bankitalia su dati Istat, la flessione della produzione industriale regionale, più marcata nella prima metà dell’anno, si è attenuata nell’ultimo trimestre del 2023.
Per il 2024 le aspettative sono orientate alla ripresa. Oltre sei imprese su dieci prevedono un aumento del fatturato, meno di un quinto una diminuzione, mentre non si prefigurano rilevanti difficoltà di approvvigionamento di materie prime e beni intermedi, in linea con quanto emerso alla fine dello scorso anno.
L’espansione dell’occupazione è proseguita anche nel 2023, in misura più intensa rispetto all’anno precedente. La crescita ha interessato soprattutto i lavoratori alle dipendenze; nel settore privato la creazione di nuove posizioni lavorative è stata supportata in prevalenza dalla componente a tempo indeterminato e i livelli occupazionali sono risultati superiori a quelli del 2019. Come nel 2022 l’aumento del tasso di occupazione è stato particolarmente elevato per gli individui tra 25 e 34 anni e contestualmente si è registrato un nuovo rilevante calo dell’incidenza, tra i giovani dai 15 ai 34 anni, di coloro che non sono occupati, non studiano e non frequentano corsi di formazione. Rispetto al 2022 l’occupazione è aumentata sia per gli uomini sia, più intensamente, per le donne ed è tornata a crescere anche per i lavoratori autonomi, pur rimanendo per questi ultimi sotto ai livelli pre-pandemia.
Nel 2023 il tasso di attività è nuovamente aumentato. Il forte calo della popolazione residente in regione prospettato per il prossimo ventennio in base alle ultime previsioni demografiche potrebbe incidere negativamente sull’evoluzione dell’offerta di lavoro; una maggiore partecipazione delle donne, ancora particolarmente contenuta in Sicilia, potrebbe parzialmente compensarne gli effetti.
Nel 2023 l’indicatore regionale del reddito disponibile lordo delle famiglie consumatrici siciliane elaborato dalla Banca d’Italia (Iter-red) è cresciuto del 5,5% a valori correnti rispetto all’anno precedente, beneficiando della prosecuzione della fase espansiva dell’occupazione. Il potere d’acquisto, tuttavia, ha continuato a essere eroso dall’incremento dei prezzi: in termini reali lo stesso indicatore è rimasto sostanzialmente stabile, 0,2% contro lo -0,5 in Italia, mostrando un significativo miglioramento negli ultimi mesi dell’anno in concomitanza con il calo dell’inflazione. La ricchezza finanziaria, cresciuta per l’accumulo aggiuntivo di risparmio durante la pandemia di Covid-19, in seguito al rialzo dei tassi d’interesse è stata caratterizzata da una ricomposizione a favore di forme d’investimento maggiormente remunerative.
Nel corso del 2023 la crescita dei prestiti alle famiglie si è sensibilmente attenuata, per effetto della minore domanda di mutui per l’acquisto di abitazioni. Il credito al consumo ha continuato invece a espandersi a un ritmo sostenuto, favorito anche dall’ampliamento del numero dei prenditori. Secondo i dati preliminari diffusi dall’Istat per le macroaree e il Paese, nel 2023 la quota di famiglie in povertà assoluta era pari al 10,3% nel Mezzogiorno e all’8,5% in Italia, in linea con i valori dell’anno precedente. La dinamica dell’inflazione nel 2022 aveva comportato anche in regione l’innalzamento dei livelli delle soglie di povertà. Alla fine del 2022, ultimo anno disponibile, la ricchezza netta delle famiglie siciliane ammontava a 458 miliardi di euro e, in termini pro capite, era pari a 95.000 euro, a fronte di una media nazionale di circa 177.000. Nel 2023 i prestiti di banche e società finanziarie alle famiglie consumatrici siciliane hanno fortemente rallentato: a dicembre il tasso di variazione sui dodici mesi è sceso all’1,5% mentre era il 4,1 a fine 2022.
La crescita dei prestiti al settore privato non finanziario nel corso del 2023 si è progressivamente indebolita fino ad arrestarsi. Gli indicatori della rischiosità del credito, che nel 2022 avevano raggiunto valori molto contenuti, hanno messo in evidenza qualche segnale di peggioramento. Per le famiglie è cresciuto il flusso di nuovi prestiti deteriorati; per il settore produttivo è aumentata l’incidenza, tra i prestiti in bonis, di quelli che hanno registrato un ritardo nei rimborsi. Alla fine del 2023 operavano in Sicilia con propri sportelli 41 banche; 15 avevano sede amministrativa in regione, meno della metà rispetto a dieci anni prima e una in meno rispetto al 2022. Sul ridimensionamento dell’ultimo decennio hanno inciso le operazioni di aggregazione tra intermediari, in particolare tra le banche di credito cooperativo.
Il numero di dipendenze bancarie ha continuato a ridursi nel corso dell’anno: rispetto al 2022 gli sportelli sono diminuiti di 56 unità e i comuni serviti da banche sono passati da 253 a 244 ma, nel contempo, si è rafforzato l’utilizzo dei canali telematici da parte della clientela. L’accessibilità ai servizi bancari da parte della clientela è garantita anche dalla presenza in tutto il territorio regionale di sportelli postali, 756 alla fine del 2023 in Sicilia, che offrono servizi in parte sovrapponibili a quelli bancari.
Le spese degli enti territoriali siciliani sono cresciute, in prevalenza per il contributo della componente in conto capitale; la spesa per investimenti è stata sospinta dalle risorse messe a disposizione nell’ambito del Pnrr. Gli interventi del Piano si concentrano sulla transizione ecologica e sulle infrastrutture per la mobilità sostenibile. I Comuni siciliani, che sono i principali soggetti attuatori delle misure insieme agli operatori nazionali, nonostante l’incremento degli investimenti informatici, presentano un grado di digitalizzazione in termini di servizi offerti inferiore alla media italiana.
Le entrate degli Enti territoriali siciliani sono ulteriormente aumentate rispetto all’anno precedente, ma permangono difficoltà legate ai processi di riscossione. Nel complesso le condizioni finanziarie degli enti, pur in miglioramento, rimangono fragili. Secondo i dati del Sistema informativo delle operazioni degli enti pubblici (Siope), nel 2023 la spesa primaria totale degli enti territoriali siciliani, al netto delle partite finanziarie, è cresciuta del 6,1 per cento, in misura inferiore rispetto alla media delle Regioni a statuto speciale (Rss) e a quella nazionale (rispettivamente 11,0 e 7,7 per cento; all’incremento hanno contribuito soprattutto le spese in conto capitale. In termini pro capite la spesa è stata pari a 4.459 euro, il valore più basso tra le RSS e di poco superiore alla media italiana.
Mentre la Banca d’Italia presentava i dati sull’Economia dell’Isola, alla Regione si controllavano gli ultimi dettagli relativi al comunicato stampa sul Documento di economia e finanza regionale (Defr) 2025-2027, approvato ieri mattina a Palazzo d’Orlèans dalla Giunta di Renato Schifani. Un documento che traccia le linee guida e gli obiettivi da perseguire nell’azione di Governo per lo sviluppo dell’Isola.
Secondo le stime regionali, da una crescita dello 0,7% del Pil siciliano per il 2024, si dovrebbe passare all’1,1% nel 2025, allo 0,9% nel 2026 e allo 0,8% nel 2027. Si prospetta un miglioramento di tutti i principali indicatori economici, grazie ai cospicui investimenti programmati con fondi regionali, nazionali ed europei e alle politiche del governo siciliano per il sostegno alle imprese e l’accelerazione della spesa.
“Il Defr – ha affermato Schifani – parte da un dato molto confortante certificato nei giorni scorsi da Svimez, secondo il quale la Sicilia è la Regione che ha registrato la crescita maggiore nel 2023 con un incremento del Pil pari al 2,2%. Il mio Governo intende proseguire nell’azione di sviluppo del contesto economico attraverso un utilizzo ottimale di tutte le risorse disponibili. Il potenziamento delle infrastrutture, oltre a consentirci di impegnare le risorse europee, quelle del Pnrr e dei Fondi di sviluppo e coesione, pone le basi per l’ulteriore crescita del nostro territorio”.
Tra gli obiettivi contenuti nel documento, c’è anche il riassetto organizzativo dell’Amministrazione regionale attraverso piani assunzionali per la copertura delle carenze di organico e di competenze specifiche.
A margine della presentazione del rapporto sull’economia della Sicilia, il direttore della sede del capoluogo isolano di Banca d’Italia, Emanuele Alagna, ha rilasciato un’intervista.
Come si può riassumere l’andamento dell’economia nell’Isola?
“L’economia nel 2023 in Sicilia, seppur essendo inferiore a quella dell’anno precedente, è cresciuta ma non in modo uniforme. Si registrano dati più bassi nell’agricoltura e nel manifatturiero mentre continua a crescere, pur rallentando, nelle costruzioni e nei servizi”.
Il clima è tra le cause di questo dato?
“Sicuramente sì e lo dimostra il calo del valore aggiunto relativo al comparto agricolo condizionato dalle avversità climatiche. Nel comparto manifatturiero ha inciso negativamente il costo del credito e le esportazioni che, nel 2023, sono diminuite. Il comparto costruzioni ha continuato a beneficiare degli stimoli fiscali mentre quello dei servizi si è avvalso del buon andamento dei flussi turistici e dei trasporti aerei e marittimi”.
Possiamo dire che il settore trainante è quello turistico?
“Il comparto del turismo ha dimostrato buone performance ed è cresciuta di circa il 20% la spesa dei turisti provenienti dai mercati internazionali”.
Cresce il tasso di occupazione, ma che tipo di occupazione è?
“È un dato sicuramente positivo, con un incremento del 5,5% e oggi siamo sopra i livelli di occupazione del 2019, segno che abbiamo totalmente recuperato. Il dato importante è che si tratta di occupazione a tempo indeterminato e che riguarda, soprattutto, le donne”.
La cancellazione del Reddito di cittadinanza ha inciso sul livello di povertà in Sicilia?
“Dallo scorso dicembre la misura Rdc è terminata e oggi abbiamo l’assegno di inclusione. Al 31 dicembre scorso il 5% di famiglie siciliane ne usufruiva contro il dato nazionale del 2%. Certamente è venuto meno uno strumento ma la nuova misura entrata in vigore, seppur con un cambiamento di logica, continua nel sostegno alla povertà”.
Lo stato delle infrastrutture dell’Isola continua a essere una “spada di Damocle” che minaccia la crescita dell’imprenditoria siciliana e quindi dell’economia in generale…
“Certamente il tema delle infrastrutture continua a essere essenziale per la crescita economica di ogni Paese, figuriamoci se non lo è per la nostra regione. Quello che possiamo rilevare di positivo, quest’anno, è l’incremento degli investimenti legati al Pnrr, investimenti molto centrati sulla mobilità sostenibile che cercano di aggredire proprio questo problema”.