MESSINA – Si dovrà ancora attendere perché la proposta di legge per lo stop alle baraccopoli finisca il suo percorso parlamentare, nel frattempo il Covid ha reso più complicata la vita in pochi metri quadri di oltre ottomila persone.
La fotografia viene da una relazione dell’Asp che conferma allarmi e timori. A maggio, secondo calendario, è prevista la discussione alla Camera dei Deputati della proposta della deputata messinese Matilde Siracusano (Forza Italia), ma l’iter non sarà certo breve. Si continua così ad assistere al degrado di intere aree in cui il tempo sembra essersi fermato da decenni mentre le casette lasciate libere da chi ha avuto assegnata un’abitazione sono ancora lì, sempre più epicentro di nuove discariche abusive.
Nel frattempo, si susseguono le sollecitazioni da parte di consiglieri comunali per mettere in sicurezza per esempio le baracche di Camaro San Paolo sottomontagna. L’ultima segnalazione all’Amministrazione comunale è arrivata dal consigliere Salvatore Sorbello, che ha parlato di baracche non ancora demolite né transennate con all’interno lastre di amianto sgretolato, carcasse di animali e rifiuti di ogni tipo. Tutto questo a ridosso di complessi residenziali, prova ulteriore che il fenomeno delle baracche non è un problema di isolati rioni periferici ma pervade l’intera città condizionandone la crescita.
Il sindaco Cateno De Luca è recentemente tornato sull’insostenibilità della vita all’interno delle baraccopoli, luoghi, secondo il primo cittadino, in cui è più alto il rischio di ammalarsi, specie di quelle malattie correlate al contatto con gli inquinanti ambientali presenti. Nel 2018 il primo cittadino emise anche un’ordinanza sindacale in cui chiedeva che si facessero degli accertamenti per verificare la portata di questa correlazione. L’Asp si mise al lavoro, effettuò degli screening e fece una relazione che nel 2020 ha aggiornato inserendo dei dati legati all’emergenza Covid.
Il documento datato 29 marzo, firmato da Bernardo Alagna, dg facente funzioni dell’Azienda sanitaria, evidenzia che tra le 2.275 famiglie ci sono almeno cento malati in gravi condizioni. L’Asp rileva anche che secondo l’analisi effettuata tra ottobre e dicembre 2018, sollecitata dall’ordinanza sindacale, non è stata diagnosticata alcuna patologia respiratoria correlata all’esposizione a inquinanti ambientali. Resta comunque l’inadeguatezza e l’insalubrità delle abitazioni e nella relazione vi è un’articolata descrizione delle condizioni di vita all’interno delle baraccopoli. Si parla di aree notevolmente degradate, di costruzioni che non rispettano i più elementari requisiti igienico edilizi sia per tipologia che per materiali utilizzati. La distanza delle abitazioni è minima e questo non consente vie di fuga né la possibilità, in caso di calamità, dell’intervento dei mezzi di soccorso. Durante i sopralluoghi, all’interno gli operatori hanno trovato quello che spesso le immagini ci hanno mostrato: locali piccoli con pavimenti sconnessi, muffa e umidità alle pareti, distacco di intonaco, impianti elettrici con fili pendenti, servizi igienici inadeguati, smaltimento dei reflui in strada. È rilevante, poi, la presenza di amianto in numerose costruzioni, materiale in molti casi degradato e quindi potenziale rischio per la salute e l’ambiente.
La relazione è stata aggiornata con i risultati dei controlli Covid e le varie campagne di screening, facendo emergere “un’enorme difficoltà di tracciamento” e “un rifiuto generalizzato allo screening“, si legge nel documento, specie dopo il trasferimento dei positivi nei Covid hotel, vista la difficoltà di garantire in baracca idonee condizioni di isolamento e distanziamento.
Una situazione difficile che si è ulteriormente complicata, quindi, aggravata dal fatto che molti soggetti non sono iscritti all’anagrafe assistiti. Una criticità in rapporto al Covid è rappresentata poi dalla presenza di pazienti fragili affetti da gravi patologie (morbo di Parkinson, insufficienza renale, vascolopatia cerebrale, encefalopatia, ulcere trofiche, spina bifida) sono un centinaio, novanta in assistenza domiciliare integrata e dieci in Adi palliativa.