Home » Sicilia » Barriera artificiale per proteggere gli squali grigi nell’isolotto di Lampione: il progetto finanziato dall’Ue

Barriera artificiale per proteggere gli squali grigi nell’isolotto di Lampione: il progetto finanziato dall’Ue

Barriera artificiale per proteggere gli squali grigi nell’isolotto di Lampione: il progetto finanziato dall’Ue
Gli squali di Lampione

Il progetto Elife, finanziato anche dall’UE, si pone come obiettivo la conservazione delle specie di elasmobranchi, ossia squali e razze

Una barriera corallina artificiale, fatta di materiali inerti, per contrastare la pesca illegale e provare a salvaguardare gli squali grigi che da anni sono tornati nelle acque intorno all’isoletta di Lampione, a circa 18 miglia da Lampedusa. È una parte del progetto Elife, finanziato anche dall’Unione Europea, con l’obiettivo di conservazione delle specie di elasmobranchi – squali e razze – e di promuovere migliori pratiche di pesca professionale.  Oltre all’arcipelago delle Pelagie, gli interventi sono previsti anche in altre parti d’Italia, dalla Calabria alla Sardegna. L’obiettivo in Sicilia è quello di contrastare soprattutto la pesca a strascico. 

Un ritorno da proteggere 

Che gli squali grigi – il nome scientifico è Carcharhinus plumbeus – siano ormai di casa a Lampione è un dato ormai acquisito. “In questa zona all’inizio degli anni Duemila e negli ultimi 15 anni molti gruppi sono stati regolarmente osservati dai subacquei ricreativi attorno all’isola. Inoltre, i pescatori locali hanno segnalato circa cinquanta catture o avvistamenti accidentali all’anno”, si legge in una delle relazioni che fanno parte della documentazione recapitata alla Regione, dove sarà valutato dal punto di vista dell’incidenza ambientale l’apposizione dei blocchi cubici di due metri per lato e del peso di circa dieci tonnellate.  
“Le strutture saranno costruite in calcestruzzo inerte a basso impatto ed alta ruvidità, sulla base delle indicazioni delle linee guida della Fao e delle numerose esperienze realizzate con successo in diverse aree del Mediterraneo. Tale materiale – prosegue la relazione – oltre a non rilasciare contaminanti nell’ambiente acquatico, assicura resistenza nel tempo e permette di realizzare strutture di diversa forma, dimensioni e, ove necessario come nella presente proposta, di peso sufficiente a contrastare la pesca a strascico illegale. Infine, conferisce alle superfici dei moduli la ruvidezza necessaria per favorire l’insediamento e lo sviluppo di specie bentoniche, sia vegetali che animali”. 

Il progetto prevede l’utilizzo di due tipi di blocchi: entrambi in calcestruzzo, il primo sarà provvisto di fori che consentiranno il passaggio dell’acqua e fungeranno da rifugio sia per invertebrati e che specie ittiche, mentre il secondo avrà anche putrelle in ferro sporgenti. “Al fine di aumentare l’ingombro e – viene sottolineato – aumentare le capacità di difesa e arrecare disturbo non solo nei confronti delle attività di pesca illegale effettuate tramite reti a strascico, ma anche della pesca con palangari di profondità e reti a circuizione di fondale”. 

Pescherecci non Ue 

Tra i principali soggetti da contrastare ci sono, secondo la relazione, i pescherecci che appartengono a Paesi extra Ue e che spesso attuano azioni illegali. 

“L’isola di Lampione è, infatti, spesso raggiunta da pescherecci non Ue (prevalentemente tunisini), che esercitano attività di pesca illegali nelle acque circostanti. Come evidenziato anche da un recentissimo contributo scientifico presentato all’ultimo congresso della Società Italiana di Biologia Marina (Fiorentino, 2024) – si legge – tali imbarcazioni non adottano forme di geolocalizzazione attiva del natante, quali i trasponder Ais e blue box e, quindi, sono difficilmente identificabili, se non con metodologia di localizzazione passiva. Lo studio evidenzia la notevole presenza di imbarcazioni dedite ad attività di pesca anche nelle acqua antistanti l’isola di Lampione”. 
Per tale motivo, il progetto prevede tra le azioni di monitoraggio sugli effetti della barriera artificiale sommersa anche “lo sviluppo di un apposito questionario finalizzato al Corpo della Capitaneria di Porto, al fine di acquisire informazioni sulla presenza di motopescherecci nell’area di Lampione, così da valutare nel tempo l’efficacia dell’azione di protezione ambientale”. 

Sul fatto che sia necessario intervenire con l’apposizione dei blocchi, sembrerebbero non esserci dubbi: “La pesca illegale è un problema persistente ed è difficile limitarne l’impatto perché un controllo e un monitoraggio costanti sono molto costosi per l’Area marina protetta e le autorità locali”. 

Iscriviti gratis al canale WhatsApp di QdS.it, news e aggiornamenti CLICCA QUI