Contributo femminile fondamentale per lo sviluppo della scienza
CATANIA – L’Istituto nazionale di fisica nucleare etneo ha promosso negli anni iniziative mirate ad aumentare il numero di scienziate sul territorio nazionale e regionale. Uomo e donna offrono punti di vista diversi ed equipollenti, per questo è un errore privarsi del contributo che le donne possono dare alla ricerca.
Il direttore dell’Infn di Catania, Santo Gammino, lo ha evidenziato di recente durante l’incontro “Oltre il soffitto di cristallo: donne e scienza tutti i giorni dell’anno” organizzato nella sala congressi Migneco dell’ente. “Non possiamo fare a meno – ha affermato – del contributo scientifico di donne e uomini. L’inclusione ha sempre permesso passi avanti nella fisica. Nel film Oppenheimer viene raccontato come la fisica Leona Woods abbia avuto un ruolo essenziale nel gruppo di scienziati che hanno lavorato all’operazione Manhattan, ma è praticamente stata dimenticata dalla storia”.
A una platea composta prevalentemente da giovani, ragazze e ragazzi, delle scuole superiori di secondo grado, il direttore dell’Infn ha ricordato come “ancora oggi manca la potenza del punto di vista delle donne nella scienza. Il motivo è da ricercare nel passato, ma dobbiamo essere noi a porre le basi per un cambiamento nel futuro”.
In aumento le donne all’iterno dell’Infn di Catania
Durante l’appuntamento è stata la presidente del Comitato unico di garanzia dell’Infn, Angela Badalà, a condividere i dati che mostrano un aumento delle quote femminili all’interno dell’Istituto nazionale di fisica nucleare italiano. “Le donne – ha evidenziato – sono più degli uomini nel personale tecnologico (11 uomini e 13 donne) e tra il personale amministrativo (5 uomini e 34 donne), ma il numero di ricercatrici e di impiegate nel personale tecnico è totalmente appannaggio degli uomini”. Su un totale di 699 impiegati nella ricerca, infatti, 544 sono uomini e 155 donne. Tra i tecnologici, che sono 447 all’interno dell’Infn, 357 sono uomini e 90 donne.
La presenza femminile diminuisce anche ai vertici della carriera: l’80 per cento dei dirigenti di ricerca di livello uno è uomo e solo la restante parte composta da donne. Al livello due gli uomini sono il 79 per cento contro il 21 delle donne. Tra i ricercatori di terzo livello le percentuali femminili aumentano (24 per cento), ma è evidente come i dati in rosa siano ancora ampiamente sfavorevoli. Badalà ha condiviso poi anche i numeri sul personale associato: le donne dottorande sono il 26,4 per cento, le assegniste solo il 26 per cento, le borsiste il 16,5 per cento. Le ricercatrici universitarie sono il 22,7 per cento.
Presente a Catania anche la presidente area scientifica di Park Trieste, Caterina Petrillo. “Quando mi sono laureata nel 1984 – ha raccontato – solo il 20 per cento delle studentesse era donna e appena il 5 per cento di quelle studentesse conseguiva la laurea. C’è una forza particolare nelle discipline scientifiche che azzera le differenze ed è il prevalere delle capacità. Chi è capace riesce ed è solo successivamente, quando la carriera si sviluppa, che purtroppo subentrano altri condizionamenti legati agli stereotipi di genere. Dobbiamo sradicare la paura dell’errore nella donna. Anche le donne devono poter sbagliare e serve partire dalle scuole per modificare questo grande limite all’affermazione femminile”.
L’incontro è stato inoltre caratterizzato da una tavola rotonda, partecipata solo da donne protagoniste dello studio delle materie Stem, anticipato dall’intervento della due volte campionessa olimpica Antonella Bellutti, prima donna a correre per la presidenza del Coni.
“Oltre il soffitto di cristallo: donne e scienza tutti i giorni dell’anno” è stato concluso dalle osservazioni della sociologa Graziella Priulla: “La stima delle donne è stata azzerata da definizioni come ‘il sesso forte’ o ‘il sesso debole’, al punto da togliere al genere femminile anche il proprio posto nella storia. Perché le donne devono fare così tanta fatica per arrivare ai ruoli di vertice? Perché devono avere paura di camminare per strada? Perché devono difendersi dal fatto di essere donne?”.