Per capire meglio quanto sia verosimile un evento del genere, al QdS.it è intervenuto un esperto dall'alta competenza e affidabilità
L’incendio di Bellolampo, discarica che si trova a Palermo, è diventato un caso da risolvere. I punti da chiarire sono la causa dell’incendio, oltre che i danni delle diossine non tanto nell’aria, ma anche sul terreno e dunque che impatto ha sulla catena alimentare.
I roghi nella discarica del capoluogo siciliano si sono verificati il 24 luglio, giornata nera per Palermo ma un po’ per tutta la Sicilia. Ci si trovava in una vera e propria morsa del fuoco, i danni sono stati immani. Nella giornata di ieri il Comune di Palermo ha ufficialmente aperto la possibilità di richiedere il risarcimento dei danni tramite la compilazione di un’apposita domanda. Tutte le istruzioni qui.
Le prime ipotesi dell’incendio a Bellolampo
Qualche giorno fa, giovedì 3 agosto, la Commissione Antimafia dell’Ars con il presidente Antonello Cracolici è andata in sopralluogo alla discarica. Durante la visita, il presidente ha dichiarato che secondo una prima ipotesi il rogo sarebbe stato causato da “autocombustione”. Una possibilità, ma è stato ribadito il “dovere di approfondire” la questione.
Secondo la possibilità riportata, si è addirittura parlato di una probabilità secondo la quale l’autocombustione si sarebbe verificata con il picco di calore “alle ore 14 circa”, il 24 luglio era una giornata particolarmente calda e soffiava un forte vento di scirocco, e con del possibile vetro.
Il commento dell’esperto
Per capire meglio quanto sia verosimile un evento del genere, al QdS.it è intervenuto un esperto dall’alta competenza e affidabilità. Si è interrogato su quanto pronunciato dal presidente della Commissione e questo è quanto ha dichiarato: “Molto difficile, improbabile che si tratti di un’autocombustione. Considerando la prima ipotesi fatta al sopralluogo nella discarica analizziamo le condizioni del caso: poniamo che vi erano 43 gradi percepiti e mettiamo caso che vi era del vetro che avrebbe potuto causare un incendio. Questo materiale al massimo avrebbe potuto raggiungere una decina di gradi in più rispetto alla temperatura percepita, dunque insufficiente per scatenare un incendio così grosso. Il vetro avrebbe dovuto essere orientato in un modo particolare in modo che i raggi del sole si sarebbero riflessi e così via, insomma si pensi ad Archimede”.
Per orientarsi al meglio e in modo pratico si è fatto un ragionamento sulla probabilità dell’evento prendendo in considerazione una scala da 1 a 10, la quale non ha alcun rigore scientifico, con il solo scopo di rendere chiaro i livello di probabilità. “Da 1 a 10 quanto è probabile? Be’, 1”.
Tuttavia, pure ragionando sulla peggiore delle ipotesi che si sarebbe potuta verificare, l’esperto di chimica ha detto: “Poniamo che vi fossero dei rifiuti organici e che particolari processi chimici erano in azione in quel momento con tutti i fattori a favore per un’autocombustione, la probabilità rimane sempre 1”.
La congettura fatta su rifiuti di tipo organico d’altronde è inverosimile, in quanto dal fumo che vi era e dalle diossine di cui si parla, e l’ha confermato anche il chimico, molto difficile che lì vi fosse del materiale organico.
Le coincidenze
Infine, un episodio che fa riflettere, ma che non sarebbe connesso agli incendi, è la lettera di minacce indirizzata a un dirigente della Rap – la società che si occupa della raccolta e gestione dei rifiuti a Palermo – il giorno del sopralluogo della Commissione antimafia dell’Ars nella discarica.