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Bene l’occupazione, resta il gap col Nord

Bene l’occupazione, resta il gap col Nord
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Pil Nord-Sud, forte differenza

Il Governo ha comunicato, con giusta soddisfazione, che l’occupazione nel Sud ha superato la soglia del cinquanta per cento. Questo limite è il quoziente fra popolazione attiva e persone che lavorano e quindi va da sé che esso migliora quando il denominatore si abbassa, cioè la popolazione dell’Italia. Questo calcolo matematico serve solo a capire l’effettività delle percentuali, le quali spesso ingannano.
Infatti, l’abitudine di Governi e maggioranze degli ultimi trent’anni, ma anche prima, di utilizzare le percentuali, ha reso possibile trasmettere informazioni sbagliate, che vengono prese per vere da chi le riceve, cioè cittadine e cittadini.

Quello che conta, quando si fa una verifica, è sempre il numero, non la percentuale, perché se vi sono ventiquattro milioni di occupati non ha un senso concreto parlare del cinquanta per cento per il Sud e del sessantacinque per cento per il Nord, poiché non si capisce bene quanti siano effettivamente coloro che lavorano.
Non si tratta di un gioco di prestigio o di un gioco di parole, ma, com’è nostra abitudine, di puntualizzare le informazioni vere.

Lo stesso discorso di metodo vale per il Pil, per cui sembra che il divario fra Nord e Sud diminuisca, ma in effetti aumenta. Vi facciamo un esempio: il dieci per cento su cento è dieci, il cinque per cento su mille è cinquanta. Ora, è evidente che cinquanta è più di dieci, però percentualmente nel primo caso si registra un incremento del dieci per cento, mentre nel secondo del cinque per cento. Dal che, chi è ignorante o in malafede, dice che dieci è più di cinque, ma in realtà cinquanta è più di dieci.

Perché questo chiarimento sui dati? Perché rimane tutto intero l’enorme problema irrisolto, dal dopoguerra in avanti, della grande differenza fra occupazione/disoccupazione, Pil per regione e Pil pro capite, e reddito individuale.
Queste differenze macroscopiche fra Nord e Sud costituiscono la palla al piede dell’intero Paese. I Governi avrebbero dovuto, e l’attuale Governo dovrebbe, mettere in atto dei piani per fare decollare il territorio ove risiedono venti milioni di persone, cioé il Sud.

Questo Governo ha varato il cosiddetto Piano Mattei, che è di per sé una buona iniziativa, in quanto serve a far effettuare investimenti nei Paesi arretrati dell’Africa. La via è buona, non c’è dubbio, perché se quei Paesi si potessero sviluppare adeguatamente, migliorerebbe la qualità della vita colà e diminuirebbero fortemente i tentativi di emigrazione verso l’Europa.

Orbene, occorrerebbe un Piano Mattei di superiori dimensioni per fare decollare il Sud e finalmente portarlo a un livello di Pil regionale e Pil pro capite allo stesso livello di quello delle otto regioni del Nord.
Quella che scriviamo è storia vecchia perché la riportiamo da quarantacinque anni, la vita di questo quotidiano. Ma abbiamo sempre riscontrato sordità, perché sono mancate le riforme strutturali che avrebbero consentito l’adeguata crescita di tutto il Meridione. Ciò perché, come ci ha detto Mario Monti nel Forum pubblicato ieri, tutti i Governi non hanno mai cercato di fare riforme strutturali, a eccezione del suo, con la più importante di esse che fu quella delle pensioni.

A economiste ed economisti è noto, ma ai politici meno, che ogni miliardo investito in un territorio arretrato genera ricchezza, poniamo, per cinque miliardi, mentre lo stesso miliardo investito in un territorio molto sviluppato moltiplica la ricchezza, poniamo, per un miliardo.
Da questa considerazione è del tutto evidente che il Governo dovrebbe promuovere gli investimenti dove essi generano più incremento di Pil e cioè al Sud.
È vero che esiste il Dipartimento per le politiche di coesione e per il Sud, che promuove gli investimenti in quel territorio, ma non è sufficiente. Infatti, anche nel Def (Documento di economia e finanza) annuale vi sono previsioni di mantenimento delle differenze del Pil fra Nord e Sud, mentre esso dovrebbe evidenziare le iniziative per diminuire fortemente tali differenze.
Continueremo a tornare su questo quadro.