L’analisi dell’Istat sulla vita quotidiana degli italiani nel 2021: meno di un isolano su quattro pratica attività fisica. Peggio della Sicilia, solo Campania e Calabria
PALERMO – I siciliani sono sempre più pigri: secondo i dati dell’Istat appena il 23,2% degli isolani pratica una attività sportiva.
Peggio della Sicilia, solo la Campania, al 20,8%, e la Calabria, al 22,5%. Numeri molto più bassi di quelli che si registrano ad esempio nel Nord Ovest della penisola, dove la percentuale della popolazione di tre anni e più che si dedicano allo sport sale al 41,6%, seguito dal Nord Est, al 39,9% e il Centro, al 36,7%.
In media, al Sud, si arriva al 24,8%, mentre le isole salgono al 25,4%. Sebbene nell’arco degli ultimi 20 anni l’attitudine allo sport sia aumentata in tutto il territorio nazionale, la distanza tra il Centro-Nord e il Mezzogiorno continua ad ampliarsi: tra il 2000 e il 2021, infatti, la propensione a fare sport è aumentata di circa il 25% nel Centro-nord e soltanto del 15% nel Mezzogiorno, incrementando le distanze tra le diverse macro aree del Paese.
L’analisi dell’Istat si basa sui dati provenienti dall’indagine su “Aspetti della vita quotidiana” relativi all’anno 2021; l’indagine fa parte del sistema integrato sulle famiglie, avviato nel 1993, e costituisce la principale fonte statistica sulla struttura familiare e sulle caratteristiche sociali delle famiglie.
Nello specifico, nel rapporto Bes2021 sempre dell’Istat, sono stati individuati un’altra serie di elementi che mostrano come lo stile di vita dei siciliani non sembri essere tra i più salutari, oltre alla sedentarietà, solo il 13,2% dei siciliani ha una alimentazione adeguata, contro il 17,6% degli italiani. L’insieme di abitudini assolutamente sbagliate fa si che l’eccesso di peso riguardi oltre il 49% dei siciliani, contro il 44,4% del resto della penisola.
Tutti questi elementi insieme fanno sì che in Sicilia diminuiscono le aspettative di vita, di 3 anni inferiori rispetto a quelle degli adulti centro-settentrionali. Se si guarda ai numeri a livello nazionale in base all’età, è evidente come a praticare sport sia specialmente la popolazione più giovane di 6-24 anni; tale abitudine decresce nelle età centrali, ma aumenta la frequenza di qualche attività fisica.
Anche la sedentarietà aumenta al crescere dell’età: riguarda generalmente due persone su 10 tra gli adolescenti e i giovani fino a 24 anni e quasi sette su 10 tra la popolazione di 75 anni e più. Negli anni è sicuramente aumentata la consapevolezza di quanto l’attività fisica sia importante per la propria salute: tra il 2000 e il 2019 la pratica sportiva cresce in tutte le classi di età.
Gli incrementi sono nell’ordine di circa 15 punti percentuali tra i bambini di 3-10 anni e di oltre 10 punti tra la popolazione di 45-74 anni mentre triplica la quota tra gli ultra74enni (dal 2,6% al 7,2%). Il recupero osservato nella popolazione anziana riguarda entrambi i generi, ma in misura maggiore le donne (dall’1,7% al 5,9%).
Nel 2020, primo di anno di pandemia, aumenta rispetto all’anno precedente la percentuale di donne giovani e adulte di 18-54 anni che hanno dichiarato di praticare discipline sportive (dal 35,5% al 40,5%). Tale quota rimane invariata anche nel 2021. Per gli uomini adulti si registra invece una sostanziale stabilità nel biennio pandemico. Se si guarda al territorio in base alla distribuzione demografica, i livelli di pratica sportiva sono più elevati nei comuni, centro e periferie dell’area metropolitana (rispettivamente il 36,0% e il 35,0%) e nei grandi comuni con oltre 10mila abitanti (circa il 34,5%). Quote meno elevate si hanno invece nei piccoli comuni fino a 2mila abitanti (30,6%).
Anche il livello di istruzione rappresenta un elemento rilevante per la pratica sportiva: pratica sport il 51,2% dei laureati, il 38,3% dei diplomati e soltanto il 15,6% fra coloro che hanno la licenza della scuola media dell’obbligo.