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Beni archeologici trafugati dalla Sicilia all’estero attraverso una fitta rete, i dettagli dell’operazione Ghenos

Beni archeologici trafugati dalla Sicilia all’estero attraverso una fitta rete, i dettagli dell’operazione Ghenos
Tribunale di Catania – Imagoeconomica

Le operazioni che hanno portato all’applicazione di 45 misure cautelari si sono svolte a Catania, Messina, Siracusa, Ragusa, Caltanissetta, Enna, estendendo le attività a Roma, Firenze, Ravenna, Ferrara, fino anche in, Regno Unito e Germania

Emergono i dettagli dell’operazione Ghenos condotta dai carabinieri carabinieri del nucleo tutela patrimonio culturale di Palermo. Alle prime ore dell’alba, i militari dell’Arma, coordinati dalla Procura distrettuale di Catania, hanno eseguito un’ordinanza di applicazione di misure cautelari personali, emessa dal giudice per le indagini del Tribunale etneo nei confronti di 45 persone.

La vasta operazione ha interessato le province del territorio siciliano, Catania, Messina, Siracusa, Ragusa, Caltanissetta, Enna, estendendo le attività di delega anche a Roma, Firenze, Ravenna, Ferrara, fino all’estero: Regno Unito e Germania.

Le accuse, dall’associazione a delinquere a ricettazione di beni culturali

Gli indagati sono tutti ritenuti responsabili, a vario titolo, dei reati di associazione per delinquere, violazione in materia di ricerche archeologiche, impossessamento illecito di beni culturali appartenenti allo Stato, impiego di denaro di provenienza illecita, furto di beni culturali, ricettazione di beni culturali, autoriciclaggio di beni culturali, falsificazione in scrittura privata relativa a beni culturali, uscita o esportazione illecita di beni culturali, contraffazione di opere d’arte e ricettazione.

Le persone erano organizzate in più associazioni a delinquere radicate nell’area catanese e siracusana, finalizzate ad un’attività sistematica e organizzata di scavi archeologici in plurimi siti riconosciuti di valenza archeologica dalla normativa regionale e nazionale, insistenti nell’intero territorio siciliano e in parte in quello calabrese.

I provvedimenti

I citati provvedimenti cautelari personali riguardano nello specifico, 9 ordini di custodia cautelare in carcere, 14 arresti domiciliari, 17 obblighi di dimora (tra cui 8 con obbligo di permanenza notturna in casa), 4 obblighi di presentazione alla polizia giudiziaria (di cui 2 notificati in territorio estero) e 1 sospensione dell’esercizio di impresa a carico del titolare di una casa d’aste.

L’indagine Ghenos, sequestrati circa 10mila reperti archeologici

L’indagine Ghenos condotta dai carabinieri del nucleo Tpc di Palermo, aveva portato nella prima fase investigativa al sequestro di circa 10mila reperti archeologici, di cui circa 7mila monete antiche riconducibili a diverse tipologie di conio raro, di epoca greca emesse nei territori della Magna Grecia e della Sicilia: vi sono esempi rarissimi di emissioni di monete in bronzo di eccezionale importanza storico-culturale appartenenti alle zecche di Heraclea, Reggio, Selinunte, Katane, Siracusa, Panormos e Gela.

Un altro gruppo di monete bronzee provengono da produzioni minori della cuspide nord-orientale dell’isola, quali Calactae, Alaesa Archonidea, Alontion e Tyndaris, quasi tutte in eccellente stato di conservazione. Alcune emissioni sono state ritenute da esperti numismatici di elevato interesse storico e scientifico per la loro rarità.

Si segnalano, inoltre, monete pertinenti a zecche magnogreche e siceliote, la cui cronologia si estende dalla metà del V sec. a.C., con un’emissione in bronzo di forma piramidale di Akragas che costituisce la più antica produzione numismatica della città, fino all’avanzata età ellenistica, periodo al quale appartengono bronzi reggini e della Sicilia orientale (Menaion, Alaisa Archonidea, Kalacte e Mamertini).

Ritrovata anche una rara moneta bronzea di Alykiai

Le attività investigative condotte sui territori della Sicilia occidentale hanno permesso si sequestrare anche un raro esempio di moneta bronzea della zecca di Alykiai e due della zecca di Iaitas (Monte Jato). Si menzionano anche alcune rarissime frazioni numismatiche originarie della zecca di Ziz-Panormos, nonché altre rare litre della nota area archeologica di Morgantina ed Herbessos.

Nello sviluppo dell’indagine sono stati eseguiti cinque riscontri investigativi conclusi con l’arresto in flagranza di sei indagati, tra cui cinque sorpresi in flagranza di reato nelle attività dello scavo clandestino, nel 2022, all’interno del sito archeologico di Baucina, mentre in altre due circostanze sono stati bloccati tre indagati all’atto dell’esportazione illecita all’estero di reperti archeologici, con il sequestro di numerose monete avvenuto a Dusseldorf, con l’ausilio della polizia tedesca.

Le perquisizioni eseguite nel mese di novembre scorso su quei territori, propedeutiche alle odierne misure cautelari, hanno permesso di scoprire nell’area catanese anche un laboratorio (una zecca clandestina) utilizzato per la produzione di falsi manufatti archeologici in ceramica e per la contraffazione di monete e rame allo stato puro (stampi, strumenti per la colatura, conii e bilancini).

Tra le migliaia di reperti, sono stati sequestrati reperti monetali archeologici, in bronzo e in oro, alcuni rari o unici esemplari, centinaia di reperti fittili, tra cui crateri integri a figure nere e rosse, chiodi e frammenti, fibule protostoriche, anelli in bronzo, pesi, monete rudimentali (aes) in bronzo con globetti indicanti il valore ponderale e/o nominale, fibbie, punte di freccia e askos buccheroide. Sequestrati, inoltre, anche circa 60 strumenti predisposti alla ricerca di metalli preziosi, tra cui metal-detectors e diversi arnesi idonei agli scavi clandestini.

Il valore economico complessivo dei reperti sequestrati ammonta a 17 milioni di euro.

Indagine avviata nel 2021

La complessa attività investigativa era stata avviata nel 2021,a seguito della denuncia della dirigenza del Parco Archeologico di Agrigento per le plurime attività di scavo clandestino compiute dal giugno 2019 nel sito archeologico di Eraclea Minoa, insistente nel territorio di Cattolica Eraclea. L’indagine seguita dai carabinieri Tpc è stata attivata con il monitoraggio dei tombaroli paternesi e lentinesi che, organizzati in diverse squadre, erano riusciti a raggiungere e penetrare in ben 76 scavi clandestini nelle aree archeologiche siciliane e, in due circostanze, anche nel sito calabrese di Scolacium.

Lo sviluppo internazionale

L’inchiesta si è poi sviluppata anche sul piano internazionale, supportata da articolate attività tecniche realizzate con servizi dinamici, acquisizione di dati del traffico telefonico e telematico, attività di videoripresa presso i luoghi di incontro tra gli indagati, perquisizioni, sequestri, arresti in flagranza, attività di pedinamento, fino anche perquisizione e sequestri esegue in Germania tramite richiesta alla magistratura estera con l’Ordine Europeo di Indagine, tracciando il percorso di illegalità dei beni sottratti al patrimonio indisponibile dello Stato italiano, sino alla loro vendita in case d’aste straniere.

Tutto ciò ha consentito alla magistratura catanese e ai carabinieri del nucleo Tpc di Palermo di delineare e intercettare una complessa articolazione criminale, composta da più distinte consorterie strutturate dedite allo scavo clandestino e al traffico illecito di reperti archeologici, anche a livello internazionale.

Ricostruita l’intera filiera clandestina

I militari specializzati in questo tipo di indagini, hanno, così, potuto ricostruire l’intera filiera associativa che, nella tipica struttura organizzativa denominata “archeomafia”, si compone dei diversi ruoli che partono dalla base con le squadre dei tombaroli specializzati nello scavo clandestino (utilizzando vari strumenti per analizzare il terreno come metal detector, “branda”, georadar e per effettuare gli scavi “spillone”, “zappetta”, macchine per movimento terra), che, con le loro illecite condotte predatorie, distruggono inevitabilmente la morfologia dei siti.

Questa manovalanza aveva eseguito una sistematica sequenza di escavazioni con apposite attrezzature in numerosi siti archeologici della Sicilia e, in parte, anche di Calabria. Il sodalizio si componeva anche dei ricettatori locali, fino a raggiungere le figure dominanti dei trafficanti internazionali del mercato illecito dell’arte. Le meticolose investigazioni svolte dai carabinieri Tpc hanno permesso di smantellare e neutralizzare i diversi sodalizi criminali che operavano principalmente nell’area etnea, fino ad estendere le proprie ramificazioni in Germania e Regno Unito.

Le ricerche hanno portato anche al sequestro di notevole documentazione probatoria trovata nella disponibilità degli indagati, a dimostrazione delle loro attività illecite nel traffico di reperti archeologici, anche in ambito di contraffazione, nonché la documentazione contabile, a dimostrazione delle transazioni illecite correnti.

Le attività investigative ruotavano fin dall’inizio attorno alla figura di un ricettatore di reperti archeologici, che operava in località del versante sud-occidentale dell’Etna, già in passato interessato da vicende giudiziarie che lo hanno visto coinvolto nella ricettazione di monete d’interesse archeologico.

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