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Patrimoni confiscati alla mafia, se la burocrazia diventa “ostacolo” alla ricchezza dei beni comuni

Patrimoni confiscati alla mafia, se la burocrazia diventa “ostacolo” alla ricchezza dei beni comuni
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Oltre 19 mila immobili in gestione, il 38% in Sicilia. Le imprese sequestrate vengono liquidate nel 95% dei casi

La chimica applicata alla lotta alla mafia. “Nulla si distrugge, tutto si trasforma”. Soldi, ville, case, terreni e aziende: tutto quello che era in mani sporche non solo viene sequestrato, ma torna nelle casse dello Stato e diventa un beneficio per cittadini e territori. Questo sono i beni confiscati ai mafiosi quando diventano beni comuni: una grande dimostrazione di forza da parte dello Stato. Tra le armi migliori che esistano nella guerra contro la criminalità organizzata. Le “armi”, però, bisogna saperle usare: basta un colpo sbagliato, una mira di sbieco, e si può fallire (o fare danno). E non sempre il complesso iter che va dalla confisca alla riassegnazione di un bene confiscato coglie il segno.

In Italia, secondo l’ultima relazione dell’Agenzia nazionale dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata, al 31 dicembre 2023 i beni complessivamente oggetto di destinazione erano 23.658 (di cui 18.006 destinati dall’istituzione dell’Agenzia). Tra questi, 19.071 (cioè l’81%) sono quelli trasferiti al patrimonio degli Enti locali, mentre il 13% è stato mantenuto al patrimonio dello Stato (3.091) e il 2% è stato destinato alla vendita.

Per quanto riguarda la capacità destinatoria dei beni, in riferimento all’anno 2023, c’è da notare un incremento nell’anno 2023: l’Agenzia ha destinato infatti 3.927 beni immobili

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