Stimati 50 mld di spesa cattiva
Elon Musk, di cui si possono dire le cose peggiori, è certamente un genio perché dalla sua terra natia (Sud Africa) agli Stati Uniti, partendo da una situazione economica di famiglia buona, ma non esaltante, è riuscito in poche decine di anni a mettere insieme un immenso patrimonio, che supera i quattrocento miliardi di dollari.
Con tutti i limiti familiari e della sua vita che si dice dissennata (undici figli, moltissime mogli, droga, etc.), non si possono non evidenziare le cose importanti che ha fatto, più volte elencate su questo giornale.
Si può senz’altro aggiungere che è stato l’artefice primario della seconda elezione di Donald Trump, quarantasettesimo presidente degli Stati Uniti. Successivamente, Musk è stato subito nominato capo del Doge, cioè il dipartimento per l’efficienza del Governo, e intende smantellare enti, cancellare centinaia di migliaia di regolamenti e altre strutture burocratiche tagliando posti di lavoro improduttivi; un programma che intende attuare con decreti presidenziali che hanno efficacia immediata.
Musk sta arruolando persone di grandissima competenza – un po’ come fa con le sue imprese – per rendere efficienti le strutture pubbliche, tagliando la spesa corrente cattiva, che danneggia le/gli americane/i in quanto non produce niente di buono. Inoltre, sta procedendo a modellare l’organizzazione in rapporto agli obbiettivi semplificati, come chiudere tutti i rapporti dei dipendenti in smart working.
Nel Doge vengono tagliati sprechi vari, per esempio le inserzioni relative al censimento o a ricerche inutili, mentre ha puntato la sua attenzione sulla modernizzazione delle tecnologie in tutta la Pubblica amministrazione, inserendo un meccanismo di formazione continua.
Ecco una serie di elementi che dovrebbero essere presi a esempio – a prescindere da chi li sta mettendo in funzione – dal nostro ministro dell’Economia e Finanze, Giancarlo Giorgetti, il quale ha realizzato e proposto la legge di bilancio 2025 con grande oculatezza, resistendo alle pressioni che gli arrivavano da tutte le parti per aumentare la spesa. Quindi merito a Giorgetti, ma anche un’osservazione costruttiva: egli non è riuscito a tagliare la spesa cattiva, cioè quella superflua, stimata da Banca d’Italia, Istat e altri Enti in circa cinquanta miliardi.
Nel nostro Paese, quindi, non c’è solo un problema di spesa inutile, che invece dovrebbe essere destinata a servizi fondamentali, ma anche della stessa qualità della spesa.
Per esempio, nel settore delle ferrovie – che per quanto concerne la rete è gestito da Rfi (Rete ferroviaria italiana) – sono stanziati all’incirca sette miliardi di spesa corrente all’anno, oltre a sei miliardi di spesa per investimenti. Ma qual è la qualità di questa spesa?
Da più parti viene rilevato che i prezzi rispetto alle prestazioni e ai prodotti sono all’incirca triplicati, il che significa che si potrebbe risparmiare se la spesa fosse qualificata. Perché accade questo fenomeno? Per il semplice motivo che le lobby spingono i prezzi verso l’alto, a prescindere dalla loro corrispondenza con materiali e prestazioni.
Di fatto si è verificato il fenomeno negativo con il Super Bonus perché l’allora presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, non riuscì a capire che non mettendo limiti ai prezzi di materiali e prestazioni, questi sarebbero costati allo Stato da due a tre volte in più del loro valore intrinseco, a causa degli approfittatori.
Sprechi enormi vi sono nella Pa, con oltre tre milioni di dipendenti che non funzionano in base a piani organizzativi efficaci e moderni. Nella Pa il livello di digitalizzazione è ancora modesto, nonostante il processo sia cominciato da decenni, perché manca il progetto organizzativo che assegni compiti a ciascun dipendente, funzionario/a e dirigente.
La controparte dei sindacati di dirigenti e dipendenti è l’Aran, sia a livello nazionale che regionale. Ma chi la gestisce? Professori/esse di organizzazione o altri grandi competenti di sistemi funzionali oppure persone nominate per la loro vicinanza ai partiti? È evidente che solo la qualità e la professionalità di chi gestisce tali trattative può portare a una funzionalità con enormi risparmi sia sui materiali che sui consumi e sullo stesso personale, il quale deve essere pagato a compensi di mercato. Ma questi debbono essere proporzionati alla professionalità e al raggiungimento degli obiettivi.
Tagliare, dunque, si può, ma bisogna volerlo.