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Blitz contro il clan Pillera-Puntina, i retroscena dell’interrogatorio di Di Martino

Blitz contro il clan Pillera-Puntina, i retroscena dell’interrogatorio di Di Martino
martello-giudice-tribunale Pixabay

Di Martino aveva dapprima non raccontato il vero agli inquirenti, salvo poi decidere di rivelare la verità e fornire dettagli chiave

Emergono importanti retroscena sull’interrogatorio chiave di Filippo Di Martino per concludere le indagini ed incastrare il clan Pillera-Puntina con il blitz della scorsa settimana culminato con i 17 arresti per estorsione e traffico di stupefacenti. “No, non ho corrisposto alcuna somma di denaro a Giovanni Ruggeri”. Aveva inizialmente negato infatti lo stesso Di Martino. al vertice dell’azienda di trasporti vittima di estorsione, di conoscere Ruggeri, cognato del boss Nuccio Ieni, quando gli inquirenti hanno pronunciato il suo nome durante il colloquio. Negando, così, di aver pagato il pizzo e contraddicendo l’esito dell’attività investigativa. .Poi però, il quadro è mutato, con Di Martino che ha deciso di raccontare la verità alle autorità e contribuire in modo decisivo all’arresto dell’uomo. Suo fratello Angelo, nel 2021 vicepresidente di Confindustria Catania, dimessosi pochi giorni fa dalla presidenza conquistata nel 2023, è stato sopposto anche lui all’interrogatorio, rcordando di aver denunciato gli estorsori 20 anni fa e non solo. Tutti elementi che sono serviti come detto agli inquirenti per incastrare il clan Pillera-Puntina, all’interno dell’inchiesta coordinata dal procuratore aggiunto Ignazio Fonzo e affidata ai magistrati Fabio Saponara e Assunta Musella.

L’interrogatorio di Filippo Di Martino: prima la menzogna

“Confermo che stamattina è venuto presso la sede della F.lli Di Martino S.p.a. il signor Giovanni Ruggeri per scambiarci gli auguri di Natale. Aspettavo Ruggeri perché ieri ci siamo sentiti per telefono concordando di vederci stamattina. Con lo stesso, abbiamo sorbito un caffè e poi ci siamo spostati nel piazzale per fumare la sigaretta. Quindi, lì ci siamo salutati e Giovanni Ruggeri è andato via”. Poi la prima informazione importante, ossia la presenza di un uomo all’interno dell’azienda “che ho saputo essere un nipote di Giovanni Ruggeri, per avermelo detto lui stesso”. Il dipendente era prima un addetto al lavaggio dei mezzi, ma poi, per una certificazione medica, è stato “assegnato ai contrrolli dei mezzi in entrata e uscita”, aggiunge l’imprenditore. Dal cognato del boss, Di Martino precisa di non avere mai acquistato alcunché, ma di avere un accordo commerciale per il ritiro del metallo dall’azienda, accordi che ci sono anche con altre ditte.

Troppe incongruenze e gelo all’interno dell’aula, con “Filippo Di Martino – annota la polizia – che viene invitato a rispondere secondo verità, poiché dichiarare il falso o essere reticenti configura il reato di favoreggiamento personale aggravato, poiché commesso a favore di soggetti appartenenti ad organizzazione mafiosa”. A quel punto l’imprenditore si concede “un’ampia riflessione”. Subito dopo, la svolta, con la decisione di inizia a parlare dei dettagli.

La confessione di Di Martino: “Ho dato 4000 euro a Ruggeri”

“Intendo rispondere secondo verità. Sì stamattina ho consegnato la somma di 4.000 euro (composta da 80 banconote da 50,00 euro) a Giovanni Ruggeri a titolo di protezione da parte del
clan mafioso a cui fa riferimento”. L’imprenditore ammette di pagare il pizzo da 20 anni e di corrispondere, “due volte l’anno”, 4 mila euro agli estorsori della mafia: a Pasqua e Natale. Il pagamento del pizzo sarebbe iniziato a seguito del furto di alcuni mezzi: “Dopo qualche giorno – dice – si sono presentati dei soggetti i quali hanno chiesto del denaro per sovvenzionare le famiglie dei detenuti del loro clan”.

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