Negli anni ’80 e ’90 non c’era internet, ma i giovani dell’epoca si divertivano ugualmente, anche con poco. Le loro challenge, i loro “numeri da circo” non sono passati di certo da TikTok, ma quelle generazioni non avevano niente di meno rispetto a tanti improvvisati influencer dei nostri giorni. Con l’aggravante che difficilmente i genitori dell’epoca sono venuti a conoscenza di quanto erano spericolati e, a volte anche incoscienti, i propri figli.
Ai giovani di oggi sembrerà forse ridicolo che papà e mamma, che oggi probabilmente considerano boomer, passavano aghi o spilli sotto la pelle senza fare uscire il sangue per dimostrare di essere una sorta di highlander. Bastava sterilizzare col fuoco le crune e disinfettarle con l’alcool, quello rosa che bruciava, non entrando troppo in profondità, e l’ago restava “calamitato” sulle dita. Non lo fate, naturalmente.
Gli arti superiori, a quei tempi, erano le “vittime” preferite dai giovani per ammazzare la noia. Senza internet c’era chi passava le pause, tra un compito di scuola e un altro, a riempirsi le mani di colla vinilica che, una volta asciutta, diventava una seconda pelle da spellare. Come quella del post abbronzatura. Relax allo stato puro, anche per il solletico che provocava. Un po’ come farsi le carezze col dorso della mano sulla piegatura del braccio. Altra pratica molto in voga a quei tempi.
Dai pluriball ai popit, passando per le penne bic
Sempre con le mani si scoppiavano i pluriball, ovvero le bolle delle plastiche da imballaggio. Un antistress che ha preceduto di tanti anni i famosi popit che qualche mese fa diventarono la moda del momento.
Se si potessero spiare le stanzette di quegli adolescenti di 30-40 anni fa li troveremmo con le pinze per stendere attaccate al naso o sulle guance e con quelle per i capelli, con i pettini curvi e duri e la molla in acciaio, agganciate sulle labbra. Niente da invidiare agli attuali filtri animati delle chat.
Con le classiche mollette del bucato di legno si facevano anche torri, oppure si smontavano cercando invano di rimontarle. Le bic senza il tappino superiore diventavano cerbottane per sparare le palline di carta ai compagni e le gomme per cancellare erano “mitragliate” di buchi fatti con la matita temperata all’inverosimile. C’era anche chi passava il tempo a disegnare figure geometriche usando il goniometro o la riga, e chi disegnava solo ed esclusivamente casette. Certo, non erano belle come quelle di roblox…
Il gioco del ripiglino
Provetti ingegneri progettavano razzetti di carta che il più delle volte cadevano in picchiata al primo lancio e, sempre con i fogli dei quaderni, facevano barche oppure bocche di papera, improvvisandosi provetti ventriloqui.
La domenica con i cugini, con lo spago che serviva per avvolgere il vassoio dei dolci o il pacco del pane, si giocava al ripiglino. Il filo girava fra le dita e creava forme che passavano di mano in mano, fino a quando si esaurivano le possibilità. Al posto di Candy crash c’era “forza quattro”, al posto delle chat c’erano i messaggi nei foglietti di carta lanciati da un banco all’altro e alle feste c’erano i lenti, il gioco del bastone e quello della bottiglia. Oppure obbligo o verità. Roba inimmaginabile oggi, neppure nel metaverso. Ma il cuore era una continua notifica perché per l’emozione batteva forte.
Altro che autotune, c’era il ventilatore
Una sorta di autotune fu inventato qualche decennio fa, quando si cantava a squarciagola con la faccia poggiata su un ventilatore in azione. Altro che Blanco e Mahmood, la voce che passava dalle eliche era da brividi. E non solo di freddo.
Per non parlare degli smile: “Li sai fare gli occhi storti? La sai mettere la lingua incrociata? E tu li sai fare gli occhi bianchi? Le sai muovere le orecchie? Sai arricciare il naso?”. Chi sono i veri boomer?
Chi ha vissuto gli anni ’80 e’ 90 era certamente un precursore. I ragazzi di oggi pensano di aver inventato nuove forme di comunicazione, associando consonanti e formando parole brevi a volte incomprensibili. Elisa Esposito ha inventato il linguaggio corsivo e pensa di essere all’avanguardia. Chi glielo dice che prima degli anni 2000 i giovani parlavano con l’alfabeto farfallino e in casi estremi usavano anche l’alfabeto muto, sfruttando incroci di dita, occhiolini, tiratine di orecchie e smorfie?
Playstation? No, atari, vic20 e commodore 64
E dopo essere sopravvissuti all’alcool rosa sulle ginocchia sbucciate, alla frittata e alla banana delle nonne al cinema, alle tre ore di insolazione dopo aver mangiato e prima di fare il bagno, alla penicillina, al servizio di leva militare obbligatorio, alle rimandature estive e chi più ne ha più ne metta, sono arrivate finalmente le consolle. Playstation e Nintendo Switch? Neanche per sogno: atari, vic20, commodore 64. Ogni cosa a suo tempo. E di tempo, in quel periodo, ce n’era tanto. Un’epoca lenta e a volte un po’ noiosa, ma chiedete ad un quarantenne-cinquantenne se ha nostalgia di linee che inseguono puntini, di pacman che mangia le palline o di nastri magnetici che sembrano girare all’infinito. Fatevi raccontare la trepidante attesa di quell’upload dei commodore 64 nella speranza, spesso vana, che quel loading diventasse ready. La soddisfazione di sentirsi all’inizio di una nuova era, passeggiando e ancheggiando con le cuffie nelle orecchie e il walkman (il nonno dell’ipod) agganciato alla cinta del pantalone, inconsapevoli forse che ció che sembrava evoluzione tecnologica e modernità era solo un puntino di un oceano sconfinato.
Ma quelle, e chi c’era lo sa, erano allo stesso modo di quelle attuali generazioni di potenziali super influencer, ai quali sono mancate, per sfortuna o forse per fortuna, soltanto strumenti come i social e una connessione ad internet per divulgare al mondo il fermento e la creatività che le percorreva. Non ci credete? Fidatevi, parola di boomer.








