Si è conclusa la seconda edizione del “Festival Internazionale dell’Antimafia” che si è tenuta dall’11 al 13 aprile 2024 all’Anteo Palazzo del Cinema. Patrocinato dal Consiglio nazionale dell’Ordine dei giornalisti, il Festival ha potuto contare sul sostegno di Fondazione Cariplo e su quello di una platea di 165 sostenitori. Il Programma della II edizione del Festival Internazionale dell’Antimafia era composto, come nella scorsa edizione, da 14 panel suddivisi in 4 sessioni. E si è parlato anche delle indagini di Paolo Borsellino sulla strage di Capaci: pare che il magistrato dovesse essere sentito a Caltanissetta sul caso. Un evento mai accaduto perché la mafia arrivò a lui e lo uccise prima che potesse presentare i risultati dei suoi approfondimenti sulla morte del caro amico Giovanni Falcone.
Nella giornata del 13 aprile si è tenuto un panel sui depistaggi dei processi per la strage di via D’Amelio cui hanno partecipato Gioacchino Natoli, ex-magistrato, già nel Pool Antimafia, Salvatore Borsellino, fratello di Paolo, fondatore del Movimento delle Agende Rosse e Fabio Repici, avvocato di parte civile del fratello del giudice ucciso dalla mafia il 19 luglio 1992 nei processi relativi alla strage mentre l’organizzazione ha ritenuto di non dover invitare l’avvocato Fabio Trizzino, legale dei figli del dottor Borsellino che, in alcune recenti sedute della Commissiona Nazionale Antimafia, ha tracciato un quadro impietoso riguardante le menzogne che hanno accompagnato questi quasi 32 anni di giustizia e verità negate.
Come spesso accade, esperti improvvisati, lettori distratti o, ancor peggio, pseudo informati senza memoria per convenienze di parte hanno fatto sì che suscitassero molto scalpore, definendole addirittura una novità, alcune dichiarazioni dell’ex pm Natoli che si riferivano al fatto che il dottor Borsellino fu ucciso proprio alla viglia della sua convocazione a Caltanissetta, per – come aveva più volte richiesto nei 57 giorni che separarono la strage di Capaci da quella di via d’Amelio – comunicare alla Procura nissena elementi destinati a chiarire le cause della strage in cui morirono il giudice Giovanni Falcone, la dottoressa Francesca Morvillo e gli agenti della scorta Vito Schifani, Rocco Dicillo e Antonio Montinaro e vi furono 23 feriti, fra i quali gli agenti Paolo Capuzza, Angelo Corbo, Gaspare Cervello e l’autista giudiziario Giuseppe Costanza.
L’ex pm Natoli ha ricordato al Festival Internazionale dell’Antimafia 2024 che: “Nel pomeriggio avevo una riunione di coordinamento con Tinebra, che si era appena insediato a Caltanissetta il mercoledì precedente, il 15 di luglio. Paolo Borsellino in quel periodo, e anche in quei giorni, si stava occupando di capire e di cercare di scoprire quali potessero essere state le cause recenti e acceleratorie della strage di Capaci, in cui era stato ucciso il suo carissimo amico Giovanni“.
“E questo – precisa – perché chiaramente da Palermo non poteva fare indagini relativamente alla stage”, in quanto “erano di competenza della Procura di Caltanissetta, ma egli riteneva di svolgere in via privata degli approfondimenti che avrebbe poi processualizzato, cioè versato nelle indagini di Caltanissetta, puntando a rendere dichiarazioni quando i colleghi di Caltanissetta lo avessero chiamato”. E aggiunge “il procuratore aggiunto di Caltanissetta Francesco Paolo Giordano, aveva programmato di sentirlo a Caltanissetta o per il lunedì 20 o per il martedì 21. Era programmato nell’immediatezza un esame di Paolo Borsellino, al quale sarebbe stato chiesto tutto quello che lui riteneva di poter dire per individuare le cause della strage di Capaci”.
In realtà non c’è nessuna novità perché, in un’intervista rilasciata il 4 gennaio 2015 a Tony Zermo, l’ex procuratore Giovanni Tinebra, che fu procuratore capo di Caltanissetta dal 15 luglio 1992, ne parla. A una domanda di Zermo rispose: “Con Paolo eravamo vecchi amici, eravamo in confidenza. Mi disse: ‘Senti, vieni presto, ho delle cose da dirti, però non ti seccare, parliamo quando tu sarai investito ufficialmente’. Era molto rispettoso delle regole. Quella settimana accaddero tante cose: giorno 15 luglio presi possesso della Procura, lui mi disse che l’appuntamento del venerdì doveva saltare perché doveva ancora rientrare dalla Germania e stabilimmo che ci saremmo visti il lunedì. La domenica doveva andare a salutare sua madre e quel giorno ci fu la strage in via D’Amelio. In pratica non abbiamo avuto tempo per parlare di niente. Quindi m’è rimasto il dubbio su che cosa mi voleva dire”.
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Sempre nella medesima intervista di Zermo a Tinebra sono contenuti altri elementi che spesso sono considerati non significativi. “Ma almeno ti aveva fatto capire che pista stava seguendo per la strage di Capaci? ‘L’idea, l’idea, è quella dell’alta mafia, di altissima mafia, quella delle menti raffinatissime di cui parlava Falcone dopo l’attentato dell’Addaura’”. Cosa possiamo intendere per altissima mafia? Anche quella legata ai gruppi industriali del Nord? ‘Non posso dire, perché non ci sono prove’. Ma Paolo che ti diceva? Aveva una pista? La pista degli appalti ad esempio? ‘Lui diceva di sì, o comunque si occupava anche degli appalti. D’altra parte la pista era quella: o mafia e appalti, o mafia e politica, o mafia e imprenditoria. O mafia e basta, perché c’è anche questa ipotesi, perché la mafia aveva tale e tanta forza da poter contare sui contatti che voleva, sulle consulenze che le servivano’”.
Era invece il 29 novembre 2019 quando Francesco Paolo Giordano, ex procuratore aggiunto di Caltanissetta, deponendo al processo sul depistaggio nell’inchiesta della strage di via D’Amelio dichiarò che il dottor Borsellino avrebbe dovuto essere sentito dalla Procura di Caltanissetta sulla strage di Capaci “dopo il 20 luglio 1992. Dal traffico del cellulare di Borsellino fu riscontrato un contatto con il procuratore di Caltanissetta Giovanni Tinebra, quindi evidentemente c’era questa idea di sentirlo perché Borsellino parlava con Tinebra tra giugno e i primi di luglio”.