Coronavirus, "Seconda ondata in autunno? Non è detto” - QdS

Coronavirus, “Seconda ondata in autunno? Non è detto”

Liliana Rosano

Coronavirus, “Seconda ondata in autunno? Non è detto”

venerdì 24 Aprile 2020

L’intervista del Qds al professor Bruno Cacopardo, membro del Comitato tecnico-scientifico regionale per l’emergenza. “Potrebbe spegnersi fino a non lasciare traccia come la Sars ma ci aspetta comunque una nuova quotidianità”

PALERMO – Il Quotidiano di Sicilia ha intervistato il professor Bruno Cacopardo, direttore dell’Unità “Malattie infettive” del Garibaldi di Catania e membro del comitato tecnico-scientifico regionale per l’emergenza coronavirus.

Criteri, difficoltà, infettività. come si prepara la Sicilia alla fase due?
“Il virus perderà la sua virulenza e procederà con un andamento endemico”.

Professore, ci prepariamo alla fase due ma è indispensabile non abbassare la guardia. Alcuni suoi colleghi hanno affermato che il “virus sembra essere meno contagioso”. Lei cosa ne pensa?
“Il virus ha due caratteristiche: la contagiosità e l’aggressività clinica o virulenza. La contagiosità, si calcola sulla base del parametro R0, ovvero il numero di nuovi contagi che ogni positivo produce. Se interveniamo sulle modalità di trasmissione del virus con azioni messe in atto come il contenimento, il lockdown, è chiaro che l’indice di contagiosità si riduce notevolmente, come sta accadendo in questi giorni, passando da 2,9 a 0,6. L’aggressività clinica o virulenza è legata ad una serie di fattori che coinvolgono la proteina ACE2, il recettore a cui il covid-19 si lega per invadere le cellule umane. L’impressione è, senza che ci siano evidenze scientifiche, che il virus si stia modificando per mutazione perdendo la sua carica virulenta. Ma ripeto, parliamo di impressioni”.

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Bruno Cacopardo

Test sierologici, individuazione di nuovi focolai, diagnostica, medicina territoriale, contact tracing. Quali sono i criteri e le difficoltà nell’affrontare la Fase 2 in Sicilia ed evitare il contagio di ritorno?
“Alcuni dei criteri, ai quali il comitato tecnico scientifico sta lavorando, sono innanzitutto quelli adottati durante la fase del contenimento: tamponi a soggetti sintomatici o in stretto contatto con soggetti contagiati. I test sierologici sono pensati per una popolazione su vasta scala. Le difficoltà principali sono legate all’individuazione della graduazione del rischio di alcune attività che dovrebbero ripartire e alla risposta della popolazione. Una cosa è dare alla popolazione delle indicazioni, altra cosa è la percezione e il comportamento che la popolazione adotta rispetto alle indicazioni della Fase 2. Alcuni percepiranno la seconda fase come un senso di liberazione e “tana libera tutti”, altri invece rispetteranno le indicazioni e manterranno il contenimento della diffusione”.

Mentre i tempi per un possibile vaccino sono lunghi, quali sono invece gli ultimi dati relativi alla cura farmacologica? Si parla di antivirali, antimalarici, anticoagulanti. Quale cura farmacologica avete messo in atto per i vostri pazienti?
“Non essendoci ancora un farmaco ad hoc per la cura, noi abbiamo scelto un cocktail di farmaci che si è rivelato efficace. Nello specifico, abbiamo utilizzato l’idrossiclorochina e l’azitromicina con una particolare attenzione ai pazienti con patologie cardiache pregresse nella somministrazione dell’idrossiclorochina. Attualmente, stiamo affiancando anche l’eparina, un anticoagulante.

Come spiega la presenza di più contagi nel capoluogo etneo?
“Diversi sono i fattori in questione. A cominciare dalla particolare predisposizione alle interazioni economiche e sociali del capoluogo etneo. Ricordiamoci che Catania è stata sempre definita la Milano del Sud, proprio per le sue caratteristiche di dinamicità e scambio economico. A questo va ad aggiungersi l’operatività dell’aeroporto di Catania, il secondo per il traffico nazionale, il numero di chi ha fatto ritorno dal Nord, i focolai delle RSA, ultimo quello di Caltagirone”.

Ogni giorno si aggiungono tasselli in più nel complicato puzzle del Covid-19. Le ultime notizie ci rivelano la presenza di sequenze genomiche nelle acque di scarico e una certa resistenza nelle secrezioni oculari. Tutto questo complicherebbe la lotta al Covid-19?
“La presenza di sequenze virali nelle acque di scarico non coincide con l’infettività. Diverso è il discorso della camera anteriore dell’occhio che, come il liquido seminale, sono considerati “roccaforti” predilette dei virus. Non dimentichiamoci che così è stato per l’Ebola e l’Hiv dove si sono rilevate sequenze genomiche del virus nel liquido seminale e nel bulbo oculare. Si tratta di capire se le sequenze genomiche del Covid-19 rimangono a lungo nella camera anteriore dell’occhio e nel liquido seminale come nel caso dell’Hiv (dove rimangono a vita) o resistono in maniera parziale e limitata come nel caso dell’Ebola”.

C’è chi parla di un ritorno in autunno del virus, di una seconda ondata. Dobbiamo imparare a convivere con il Covid-19?
“Questo virus potrebbe seguire diverse strade. Potrebbe ritornare con le modifiche climatiche, quindi potremmo aspettarci un ritorno in autunno, potrebbe spegnersi fino a non lasciare traccia, come nel caso della Sars-CoV, potrebbe procedere con andamento endemico e non epidemico o procedere con impennate epidemiche ondulanti. Personalmente, ritengo che il Covid-19 perderà la sua virulenza, infettività e procederà con un andamento endemico. Il virus cioè si manifesta uniformemente nel tempo con pochi casi. Questo significa che dovremmo, in ogni caso, adattarci ad una nuova quotidianità e modalità di vivere con azioni costanti come il lavaggio frequente delle mani, il distanziamento sociale, l’uso di mascherine”.

Con l’arrivo dell’estate, come dobbiamo comportarci al mare?
“La concentrazione salina, i raggi solari ridurranno l’infettività del virus. A preoccuparci non deve essere un tuffo al mare o la tintarella ma l’assembramento delle persone, la promiscuità e la concentrazione nelle spiagge”.

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