Da qualche tempo comincia a circolare la voce: “Cairo sindaco di Milano”. Sulle prime, sembrava una bufala, ma poi, piano piano, questa voce ha cominciato a prendere consistenza perché da parte del primo editore di giornali d’Italia non solo non vi è stata alcuna smentita, ma anzi un non diniego rispetto a questa possibilità.
Noi, non perché siamo di parte, ma perché da sempre sosteniamo che il sindaco debba essere un ottimo manager, non riteniamo balzana questa ipotesi, anzi essa dovrebbe essere supportata e spalleggiata, in modo tale che divenga una proposta concreta e non una fake news.
Cairo ha dimostrato di saperci fare, dai tempi in cui era un semplice venditore di Mediaset fino a quando è diventato il multieditore che è attualmente. È stata sempre apprezzata la sua capacità non solo di inventarsi motivi di vendita che erano una sua specialità, ma anche quella di tenere i conti in ordine, di tagliarne altri superflui, di far funzionare una macchina economica che produce ricchezza, ovvero utilità stabile.
Con l’assistenza finanziaria delle banche ha cominciato a prendere il gruppo televisivo La7, poi ha acquisito la maggioranza del gruppo Rcs, facendo funzionare un elevato numero di periodici e altre attività del ramo e non. Comunque, in tutte c’è l’impronta di chi è capace di sviluppare il business, da un canto, e di contenere i costi, dall’altro. Cosicché, le aziende amministrate da Cairo producono utili e quindi imposte per le casse dello Stato, oltre che mantenere migliaia di dipendenti, pagando i relativi contributi.
Insomma, la persona ha dimostrato di essere capace, di produrre ed erogare servizi per il settore privato. Per conseguenza, non c’è motivo di mettere in dubbio che la stessa capacità applicata al settore pubblico, come può essere l’importante Comune di Milano, non debba produrre risultati altrettanto positivi a favore degli/delle utenti, cioè dei/delle cittadini/e.
Se qualcuno cita l’esempio di Berlusconi, imprenditore-politico, non riteniamo che possa essere valido come paragone, perché una cosa è amministrare l’Italia, altra cosa è amministrare Milano.
Non è da oggi, nel commentare l’ipotesi Cairo-sindaco, che portiamo all’opinione pubblica la necessità dei sindaci-manager, dai più piccoli ai più grandi. Ovviamente, più essi/e amministrano territori vastissimi, come Roma, e più la capacità manageriale deve aumentare.
Chi sono i manager? Persone dotate di competenze vaste in organizzazione, efficienza e capacità di raggiungere risultati. Professionisti/e che hanno fatto master in Università prestigiose, che hanno le idee chiare sugli obiettivi da raggiungere e sui mezzi per raggiungerli nei modi più efficienti e produttivi. Sono professionisti/e che sanno cosa significhi produttività: fare più e migliori cose nello stesso tempo.
Non è che manchi nel nostro Paese la “materia prima”, solo che i partiti politici vanno alla ricerca di coloro che sono capaci di radunare consensi, non di coloro che sono capaci e basta. E va da sé che i/le bravi/e manager, anche professori e professoresse di organizzazione, non sono capaci di ottenere consensi.
Così posta la questione sembra irrisolvibile, perché se chi è capace non ce la fa a ottenere consensi, d’altra parte non si viene eletti/e se tali consensi non vi sono.
Invece la soluzione ci sarebbe e cioè che i partiti politici si rendessero conto che sarebbe loro interesse ottenere il consenso degli/delle elettori/trici sulle cose che si fanno e che si fanno bene; e per farle e farle bene non occorrono gli/le incapaci, ma i/le competenti. Dunque, essi dovrebbero scegliere proprio questi/e ultimi/e.
Un Comune che funziona bene, che rende i migliori servizi possibili ai/alle cittadini/e, ottiene il consenso di questi/e ultimi/e e quindi, verosimilmente, anche i voti.
In altre parole, il ceto politico non dovrebbe essere così miope piazzando i propri donne e uomini solo per questioni di fedeltà e di obbedienza, ma scegliere nella società civile tutti quei soggetti che, diventando sindaci, potrebbero rivitalizzare il sistema degli ottomila Comuni italiani, di cui oltre la metà è in gravissime condizioni economiche ed eroga servizi scadenti di cui i/le cittadini/e si lamentano ampiamente.

