La crisi del calcio in Sicilia, Mutti: "Scarsa programmazione, Atalanta modello da seguire" - QdS

La crisi del calcio in Sicilia, Mutti: “Scarsa programmazione, Atalanta modello da seguire”

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La crisi del calcio in Sicilia, Mutti: “Scarsa programmazione, Atalanta modello da seguire”

Antonino Lo Re  |
domenica 20 Marzo 2022

L'opinione dell'ex allenatore di Messina e Palermo sullo stato di salute del calcio siciliano

Il suo Messina ha fatto sognare i cittadini peloritani, raggiungendo una promozione in Serie A da ultimo in classifica. Bortolo Mutti ha scritto le pagine calcistiche più importanti della Città dello Stretto. Lo abbiamo sentito e gli abbiamo chiesto un parere sullo stato di salute del pallone in Sicilia.

Mister, c’era una volta il calcio siciliano. Cos’è successo in questi anni?

“Sicuramente escluderei la sfortuna. Sono situazioni che vanno di pari passo con programmazione e gestioni più oculate. Quando Palermo, Catania e Messina erano in Serie A c’erano Zamparini, Pulvirenti e Franza che gestivano delle società in un calcio imprenditoriale ma anche passionale. Quando ero a Messina, dove ho vissuto anni stupendi, il presidente Franza viveva il calcio con grande amore. Lo stesso Zamparini, anche se non era siciliano. Si era legato fortemente alla Sicilia e a Palermo. Per avere un calcio di alto livello è necessario avere le risorse e le persone adatte a gestire tutto questo”.

E nessuno ha più investito. Perché i club dell’Isola non sembrano essere più appetibili?

“Difficile dare una risposta. I tifosi siciliani sono sempre vicini alle proprie squadre. Io ho un grande legame con la vostra terra, mi dispiace vedere questa situazione. Investitori stranieri potrebbero avere una visione imprenditoriale più ampia con Palermo, Catania e Messina, ma purtroppo questo non sta succedendo. L’Atalanta, per esempio, si è dimostrata molto appetibile agli imprenditori esteri. Spero che lo stesso accada anche in Sicilia, dove porterebbero capitali e un entusiasmo nuovo”.

In Sicilia hanno giocato tanti campioni che poi hanno calcato grandi palcoscenici nazionali e internazionali. Le nostre società potevano gestire gli incassi delle loro cessioni in modo migliore?

“Certamente. Da Palermo, Catania e Messina sono usciti calciatori molto importanti che hanno fatto la fortuna di tanti club. Con queste risorse si poteva programmare, capire come sostituire al meglio questi ragazzi. In certi momenti la Sicilia era un palcoscenico di grande richiamo, non riesco a capacitarmi come in poco tempo sia precipitata in un limbo dal quale è difficile uscire. E quando ti trovi in questa situazione le difficoltà si moltiplicano. C’è stata poca programmazione e infrastrutture non all’altezza. Lavorando meglio su questi aspetti si potevano fare anche più plusvalenze attingendo dal settore giovanile”.

In un calcio siciliano già in crisi è arrivato anche il Covid, che ha messo in ginocchio tante squadre, anche nel resto d’Italia. Qual è il suo pensiero sull’azionariato popolare?

“Un solo proprietario con le giuste risorse credo possa essere una guida più che sufficiente. Però circondato da gente competente che lavori con qualità. Poi per carità, può andar bene anche l’azionariato popolare pur di trovare risorse che possano aiutare la squadra. Però dove si ottengono risultati ci sono delle società importanti che determinano tutte le strategie, a partire dal settore giovanile. L’Atalanta è un modello da seguire. Avere una società forte alle spalle aiuta a gestire le difficoltà che potrebbero presentarsi. Se lavori bene, il calcio dà, non ti impoverisce”.

Mister, facciamo un passo indietro. Il ricordo più bello che ha delle esperienze in Sicilia da calciatore e allenatore?

“La promozione che abbiamo fatto a Messina da ultimi in classifica è stato qualcosa di incredibile. Si tratta di una storia calcistica che i messinesi porteranno sempre con loro”.

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