In occasione dei due anni dall’uccisione del giovane pakistano che si è battuto per denunciare i soprusi nelle campagne, associazioni e istituzioni si sono riunite per confrontarsi sul fenomeno
CALTANISSETTA – La piaga del caporalato e dello sfruttamento dei lavoratori sembra non attenuarsi nonostante siano passati ben cinque anni dall’entrata in vigore della legge 199 del 2016. Un fenomeno che non riguarda solo il Sud, che vede sempre più inchieste ma ancora poche denunce.
Lo sfruttamento lavorativo e il caporalato non riguardano soltanto l’agricoltura, anche se resta il settore numericamente più rilevante, ma è in crescita anche in altri settori e comparti produttivi. Una piaga presente anche nel territorio nisseno pagato da Adnan Siddique, pakistano di 32enne, con il sangue per avere aiutato due connazionali a denunciare i caporali. Da quel momento per lui sarebbe iniziato un vero e proprio calvario fatto di aggressioni e minacce fino all’assassinino nella sua abitazione in via San Cataldo. Secondo i carabinieri, ai braccianti veniva tolta, dal gruppo di pakistani, la metà del guadagno che ricevevano raccogliendo frutta e verdura nei campi.
In occasione del secondo anniversario dell’omicidio di Siddique si è tenuto nella Casa delle culture e del volontariato l’evento “Il silenzio del sudore”, un’occasione per non dimenticare e accendere ancora una volta i riflettori sul caporalato e lo sfruttamento dei lavoratori in agricoltura. Tra gli intervenuti il presidente della Commissione d’inchiesta all’Ars sul fenomeno della mafia, Claudio Fava, il prefetto Chiara Armenia, il redattore regionale del Dossier statistico immigrazione Idos Abdelkarim Hannachi, l’avvocato della famiglia Siddique Salvatore Patrì e il presidente del Movi (Movimento del volontariato italiano), Filippo Maritato. A organizzare l’incontro proprio il Movi, l’Auser e l’associazione “Il circo pace e bene” con il sostegno finanziario del Cesvop (Centro servizi volontariato di Palermo).
Il Movi, costituitosi parte civile al processo ancora in corso sul delitto di Adnan Siddique, da tempo ha intrapreso una battaglia culturale e sociale di contrasto al caporalato costituendo anche un comitato “Giustizia per Adnan”.
“Il fenomeno del caporalato nell’entroterra siculo – ha detto Claudio Fava – è grave perché la capacità della mafia di inserirsi in questi processi economici continua a essere molto forte, nonostante una legge eccellente che permette di reprimere e sanzionare, come in passato non accadeva”.
“Mezzo milione di persone – ha aggiunto – vive nello sfruttamento organizzato dai caporali. Adnan è morto per aver tentato di riscattare alcuni di loro da questa forma di dominio. Raccontare, denunciare, creare condizione di norme e di comportamento affinché questo non accada mai più credo sia un dovere di tutti e non soltanto di coloro che lavorano nell’ambito agricolo. Non è una battaglia che si può lasciare solo sulle spalle dei sindacati, la mia presenza all’incontro vuole essere una testimonianza ma anche un impegno affinché queste cose non accadano”.
Un momento di riflessione che si è concluso con la proiezione del reportage “Il silenzio del sudore”, diretto da Elia Miccichè e prodotto dalla Scuola nazionale di Cinema, sede Abruzzo, del Centro sperimentale di Cinematografia che prende spunto dall’efferata uccisione di Adnan Siddique.
Sempre nell’ottica di contrastare il caporalato e favorire l’integrazione degli immigrati è nato in città il Polo inclusione sociale, realizzato nell’ambito del programma Supreme Italia, che mira al superamento di tutte le forme di grave sfruttamento lavorativo, di grave marginalità e vulnerabilità dei lavoratori migranti nei territori che presentano maggiori criticità nelle cinque regioni del sud meno sviluppate.
Nei mesi scorsi il tema dello sfruttamento degli immigrati è stato anche al centro di una riunione del Comitato provinciale per l’ordine e la sicurezza pubblica convocato dal prefetto Armenia. Prevenzione, vigilanza, protezione e assistenza ai lavoratori, reintegrazione socio-lavorativa sono le linee d’azione approvate dal ministero del Lavoro all’interno del Piano triennale 2020-2022 per il contrasto allo sfruttamento lavorativo in agricoltura e al caporalato.