Viaggio tra i Cammini di Sicilia, c’è la legge: via alla valorizzazione

Viaggio tra i Cammini di Sicilia, c’è la legge: via alla valorizzazione

La Sicilia si colloca sempre di più tra le nuove mete preferite dei viandanti in arrivo da altre regioni italiane come da diversi paesi esteri

La via dei Frati

Da quando è stata concepita 6 anni fa, la Via dei Frati attira soprattutto viandanti devozionali. Da Caltanissetta a Cefalù, da duomo a duomo, questo cammino si snoda per un totale di 166 chilometri, otto tappe a piedi, oppure 5 indicate per i ciclisti, attraversando 14 territori comunali con soste presso 5 santuari di riferimento: quello del Signore di Bilici a Marianopoli, il sacrario della Madonna dell’Olio, a Blufi, il santuario della Madonna dell’Alto, a quasi 1900 metri di quota, nel territorio di Petralia Sottana; e ancora quello dello Spirito Santo a Ganci e il santuario di Gibilmanna, a 8 chilometri da Cefalù. “Questo percorso nasce per ricordare la figura dei frati questuanti, che raccoglievano l’oblazione tra le campagne per riportarla nel proprio santuario di provenienza: dazioni non soltanto i denaro ma anche consistenti in beni alimentari, come derrate d’olio, grano, formaggio, che i frati si guadagnavano lavorando a fianco dei contadini nelle campagne di passaggio”, illustra Santo Mazzarisi, psicologo e presidente dell’associazione di volontariato culturale “Amici della Via dei Frati” che provvede alla sua gestione e promozione. “Questo cammino è nato – specifica – “dopo studi sulle carte per ricostruire le tracce dei frati viandanti. Dal 2018 queste sono a disposizione di tutti gratuitamente sul web (laviadeifrati/wordpress); e sempre a partire da quel periodo, sul modello del Camino de Santiago, è nata l’idea di rilasciare oltre alla credenziale anche il testimonium all’arrivo a Cefalù: documento simile alla ‘compostela’ che certifica il compimento dell’intero pellegrinaggio”. Nel periodo invernale alcune delle tappe della Via dei Frati vengono supportate da varianti: per esempio quella di Resuttano, nella provincia di Caltanissetta, relativa all’attraversamento dell’Imera meridionale, il fiume più lungo della Sicilia, nel caso che il corso d’acqua sia in piena. Inoltre, attraversa il Parco delle Madonie, il tragitto offre una varietà paesaggistica strepitosa – dice Mazzarisi -Dai campi grano alle alture chiazzate da boschi, fino alla macchia mediterranea del paesaggio costiero davanti al Tirreno”.

Itinerarium Rosaliae

Non manca insomma nulla nel colorato reticolo dei siculi cammini. Neanche le criticità legate a ambiguità tra progettazione e effettiva fruizione. L’esempio più lampante riguarda l’Itinerarium Rosaliae, da Palermo all’eremo della Quisquina, cuore dei Monti Sicani nel territorio di Agrigento: la spelonca in cui Rosalia Sinibaldi, la santa patrona di Palermo, si rifugiò a 12 anni nel 1152 fuggendo dal matrimonio impostole dal padre con un nobile palermitano e dove visse per oltre un decennio prima di tornare nel capoluogo dietro il permesso della regina Sibilla e occupare un’altra grotta, quella situata sul Monte Pellegrino. È qui che morirà a 40 anni nel 1170: cinque secoli prima di salvare Palermo dalla peste a seguito di sue apparizioni a alcuni abitanti della città.

Nella sua originaria concezione, questo sentiero, naturalistico e di fede, reputato tra i più affascinanti e performanti tra quelli istituiti finora in Sicilia, si articola su circa 180 chilometri: 11 giorni di cammino con l’attraversamento di 14 comuni e ben 7 riserve naturali. Ma si tratta di un progetto calato dall’alto, dai tavoli dell’azienda foreste presso l’assessorato territorio e ambiente della regione. Sicché sin dal suo avvio nel marzo del 2017 è l’associazione ‘Amici del Trekking sui Sicani’ a curarne di fatto la promozione e lo sviluppo. “Purtroppo non sono stati mai affrontati gli aspetti indispensabili a farlo decollare – lamenta Giuseppe Geraci, guida del Club Alpino Siciliano e referente di questo cammino – Era stata avviata una app dall’azienda foreste, risultata errata in diverse parti della mappatura. Un esempio? L’avvicinamento al Lago di Piana degli Albanesi: le indicazioni erronee conducevano alla diga sopra la quale però non è possibile transitare senza autorizzazione. Quindi i camminatori, respinti dai guardiani, finivano per chiamare noi per avere soluzioni. E apprendere che l’unica sarebbe stata quella di aggirare la zona con un percorso alternativo di almeno altri 7 chilometri in più”. Inoltre, continua Geraci, non pochi tra totem e frecce sono stati sistemati a casaccio, altri sono stati divelti o si sono ammalorati a causa degli agenti atmosferici e degli inadeguati materiali. Insomma, al momento c’è una differenza sostanziale tra l’Itinerarium Rosaliae, concepito solo a tavolino e altri cammini siciliani nati perlomeno con cognizioni di causa e quindi correttamente segnalati”.

Il percorso

Il percorso di questo cammino è comunque mozzafiato. Per renderlo più appetibile, gli operatori privati che lo gestiscono lo hanno un po’ ridotto: 160 chilometri per 9 giorni di marcia. Dopo la partenza da Monte Pellegrino si raggiungono nell’ordine Monreale, Piana degli Albanesi, Monte Rossella e poi Ficuzza; dall’omonimo bosco si prosegue verso Corleone, Campofiorito con la stazione situata due chilometri a valle trasformata in suggestiva struttura ricettiva (ma al momento non operativa), Chiusa Sclafani, con due affascinanti guadi del fiume Sosio, Burgio con la vicina località di Campello per giungere a Palazzo Adriano. Da quisi entra nei Monti Sicani attraversando una delle 4 riserve naturali orientate del comprensorio. La meta è Santo Stefano Quisquina, dal cui bosco si sale, lungo le terre che furono di proprietà del padre di Rosalia, all’eremo-santuario, a 970 metri di altitudine.

Antonio Schembri

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