Cancro al cervello, studio italiano in Usa: speranze per la cura del 20% di casi killer - QdS

Cancro al cervello, studio italiano in Usa: speranze per la cura del 20% di casi killer

Cancro al cervello, studio italiano in Usa: speranze per la cura del 20% di casi killer

domenica 17 Gennaio 2021

Terapie personalizzate per attaccare metabolismo del glioblastoma, il più letale dei tumori

MILANO – Nuove speranze di cura contro il glioblastoma, il cancro al cervello più aggressivo e letale, con una sopravvivenza mediana di appena 15 mesi dalla diagnosi. Un team di scienziati della Columbia University di New York, guidato dagli italiani Antonio Iavarone e Anna Lasorella, ha scoperto nel 20% circa dei glioblastomi un’iperattività dei mitocondri, le centrali energetiche della cellula. Questa anomalia alimenta i tumori in cui si presenta, che quindi possono essere contrastati usando farmaci inibitori dei mitocondri, già disponibili o in sperimentazione clinica. Secondo gli autori dello studio – pubblicato su ‘Nature Cancer’ – il lavoro apre la strada a terapie personalizzate in grado di bersagliare il cancro non più in base all’organo o al tessuto in cui nasce, bensì in base al suo metabolismo.

La nuova scoperta è stata possibile grazie ai recenti progressi delle tecniche di analisi molecolare effettuate su singole cellule tumorali. Complessivamente, i ricercatori hanno caratterizzato le proprietà biologiche di 17.367 singole cellule da 36 diversi tumori cerebrali. In questo modo, esaminando la malattia e classificandola a seconda delle sue caratteristiche biologiche fondamentali, hanno descritto l’esistenza di 4 tipi differenti di glioblastoma: di questi – spieganogli scienziati – 2 ricapitolano le funzioni attive nel cervello normale, rispettivamente le cellule staminali o i neuroni, mentre gli altri 2 gruppi includono i tumori mitocondriali e una tipologia con attività metaboliche multiple (tumore ‘plurimetabolico’) che è altamente resistente alle attuali terapie.

I pazienti con tumori mitocondriali hanno una sopravvivenza più lunga rispetto a quelli colpiti dagli altri 3 tipi. E ora potrebbero contare su un nuovo approccio terapeutico: dallo studio emerge infatti per i farmaci che inibiscono i mitocondri “un potente effetto antitumorale” contro le cellule di glioblastoma con mitocondri iperattivi. E il follow-up del lavoro, non ancora pubblicato, ha anche mostrato che gli stessi medicinali sono attivi contro i glioblastomi mitocondriali nel topo.

Farmaci inibitori dei mitocondri sono già in sperimentazione in pazienti il cui glioblastoma presenta la fusione genica Fgfr3-Tacc3, precedentemente individuata dal gruppo di Iavaronee Lasorella, che promuove l’attività mitocondriale e genera tumori dipendenti da questa iperattività. Ma “ora possiamo espandere questi studi clinici a un gruppo più ampio di malati – afferma Iavarone, docente di Neurologia alla Columbia – perché possiamo identificare i pazienti con tumori che, indipendentemente dalle alterazioni genetiche, sono caratterizzati da attività mitocondriale elevata”.

“Siamo incoraggiati per la scoperta del gruppo mitocondriale di tumori al cervello, perché abbiamo già farmaci per questo gruppo in fase di sperimentazione clinica – commenta Lasorella, docente di Pediatria dell’ateneo newyorkese – ma la nuova classificazione ora ci dà idee sucome aggredire anche gli altri 3 sottotipi e su questo ci stiamo concentrando. Abbiamo superato il concetto che la terapia personalizzata del cancro coincida soltanto con farmaci contro specifiche mutazioni”, precisa la scienziata. “Raramente è possibile ottenere risposte cliniche in questo modo, ma oggi possiamo trattare i tumori bloccando quelle caratteristiche biologiche fondamentali che sostengono l’espansione tumorale e possono essere causate da molteplici combinazioni genetiche”.

“Riteniamo che uno dei motivi per cui i progressi terapeutici nel cancro al cervello sono stati così lenti – riflette Iavarone – sia proprio l’assenza di classificazioni funzionali di questi tumori”. Adesso invece, classificando i tumori cerebrali in base alle loro caratteristiche biologiche chiave e non solo alle alterazioni genetiche o ai biomarcatori cellulari, la speranza della coppia di ricercatori è di recuperare il gap sull’esempio dei successi già segnati ad esempio contro il cancro al seno: “Nel caso dei tumori della mammella – ricordano – si sono identificati sottotipi molto ben definiti, e questo ha portato allo sviluppo di terapie che hanno come obiettivo le caratteristiche chiave di ogni particolare tipo di tumore”.

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