Una grande battaglia dalle conquiste graduali, potremmo definire così lo stato dell’arte nella dialettica Stato – pazienti italiani in cura con cannabis terapeutica, impegnati attraverso le associazioni territoriali ad affermare il diritto all’accesso ai farmaci cannabinoidi.
Un diritto sancito ma troppo spesso non reale, a fronte di spese che per i malati si aggirano tra i 300€ e i 500€ euro mensili e ricordiamo come, in Sicilia, la possibilità di reperire le prescrizioni gratuite in farmacia sia plausibile solo nelle città di Ragusa, Messina e Catania, Caltanissetta e Trapani.
La politica si è mossa e ha dato il proprio contributo direttamente da Roma con l’approvazione in Commissione Giustizia del testo base che liberalizza la coltivazione fino a 4 piante femmina in casa.
Il testo è stato presentato da Riccardo Magi di +Europa, ma è stato supportato anche dall’impegno della deputata siciliana Caterina Licatini del Movimento Cinque Stelle.
Non è stato approvato all’unanimità, ma con voto contrario di Lega, Fratelli d’Italia, Coraggio Italia e ha visto l’astensione di Italia Viva.
Quello romano è un quadro politico che non rispecchia le intenzioni di diverse regioni sulla materia, i territori infatti sembrano favorevoli in toto a importanti aperture e lo è certamente la Sicilia.
A confermare questo indirizzo e anche far luce sugli aspetti che non rendono del tutto “soddisfacente” la nuova depenalizzazione è la vice presidentessa del Comitato Pazienti Cannabis Medica Sicilia, Santa Sarta.
“Spero le forze politiche che hanno votato contro si rendano conto come nelle regioni ci sia un umore completamente differente. In Sicilia, ad esempio, la Cannabis terapeutica è sostenuta da tutte le forze politiche, destre in primis – commenta la vice presidentessa siciliana -. Stavamo ovviamente seguendo i lavori della Commissione e accogliamo positivamente questa azione della politica, per questo ci aspettiamo anche un rispetto degli impegni presi dal Ministero della Salute e in particolare l’autorizzazione alla coltivazione di cannabis anche per associazioni e caregivers.
Uso personale ma non solo, perché questa opportunità tutela solo il 2 per cento dei pazienti su 20 mila e non supplisce ad un bisogno di 700 tonnellate di prodotto. Il passo è positivo, ma dobbiamo tutelare tutti perché i pazienti più fragili restano esclusi, penso ai giovanissimi per cui sono necessarie officine farmaceutiche o l’appoggio delle associazioni per accedere al farmaco”.
Il testo non è ancora pronto per l’approvazione in aula, la prospettiva rivoluzionaria per i malati è portata dalla depenalizzazione della coltivazione domestica ad uso personale, contestualmente vengono inasprite le pene per coloro che, pur avendo autorizzazione alla coltivazione in casa, cedono illecitamente le sostanze (reclusione da 8 a 20 anni e multa da 30 mila a 300 mila euro).
Chiara Borzì