Da domenica 18 dicembre, per otto giorni consecutivi, si festeggia il Canukkah, la festa delle luci
Il mondo ebraico da domenica 18 dicembre, per otto giorni consecutivi, festeggia Canukkah, la festa delle luci. Evento in cui si rafforza l’identità ebraica. Una festa tipicamente invernale che si svolge in un periodo dell’anno in cui il periodo della luce del giorno dura meno delle tenebre della notte.
Ragion per cui le luci che si accendono nella ricorrenza stanno a rappresentare che la luce della fede e della speranza può sempre vincere il buio più cupo. Un’ immagine da cui è agevole desumere che in un mondo in cui il suo corso, pare affidato al caso ed alle leggi di un ignoto meccanismo materialistico, che non lascia spazio a Dio, si oppone una realtà che ha ricevuto le sue regole da quel medesimo Creatore, che neanche per un istante si distoglie dalla storia dell’umanità e di ciascuno di noi.
Festa che ha origini storiche antichissime, che celebra il miracolo avvenuto in occasione della riconsacrazione del Tempio di Gerusalemme, avvenuta dopo la riconquista, a seguito della sconfitta degli occupanti ellenici del re Antioco IV, nel secondo secolo a. C.
Si narra che occorreva tornare ad accendere la Menorà, all’interno del Tempio, e la boccetta, rinvenuta tra quanto era stato abbandonato dagli invasori ormai in fuga, era sufficiente per far luce per un solo giorno. La consacrazione del nuovo olio richiedeva un tempo di otto giorni e quindi sarebbe stato violato il precetto di tenere sempre accesa la luce nel luogo più sacro di tutto Israele.
Quando la realtà dell’esperienza, fondata sulla misura e sulla ragione sembrava non dare soluzione al problema, ecco il miracolo. L’olio sacro rinvenuto fa luce, illuminando il Tempio, per ben otto giorni, il tempo esattamente necessario per la consacrazione di quello nuovo.
La Festa ci ricorda che l’uomo ha bisogno della luce per vincere le tenebre della propria esistenza e quindi ha bisogno di credere, se non vorrà credere nel Dio che la tradizione gli consegna, crederà agli idoli, che lui stesso si sarà creato: denaro, efficienza, eterna giovinezza, potere e quant’altro la congenita debolezza della sua natura gli suggerisce, o ancor peggio crederà di potere sfuggire alle tenebre rifugiandosi in ingannevoli paradisi artificiali. Nel bet hakkenèset della Schola degli ebrei di Catania si sono tornate ad accendere le luci di Canukkah ed è stato un altro vero ed irreversibile miracolo.
Dalla Sicilia gli ebrei erano stati cacciati dai sovrani di Spagna, che con il loro infame editto del 31 marzo 1492 bandivano gli ebrei da tutti i loro possedimenti. Una operazione di pulizia etnica di grandi dimensioni che spense l’ebraismo in tutto il meridione d’Italia. Ma sotto le ceneri, nel disinteresse generale, la fiamma dello spirito ebraico non si è mai spenta.
In Sicilia, lo scorso 29 ottobre quando il Sefer Torah donato dalla Comunità Ebraica di Washington è giunto a Catania, per passare dalle mani del rabbino della Comunità d’oltre oceano, Samuel Hertfield a quelle del presidente della Comunità catanese avvocato Baruch Triolo, alla presenza del rabbino italiano, Scialom Bahbout, ha avuto luogo un nuovo capitolo della storia dell’ ebraismo italiano che pone Catania al centro delle nazioni di cultura e fede giudaica del Mediterraneo.