Ma perché non cambiare il nome dell’isola, Sicilia, con Caponata? C’è niente di più rappresentativo della nostra sicilitudine del piatto principe dell’estate? Intanto non c’è ristorante, trattoria, pub, gastronomia, bar con cucina della Sicilia che non l’abbia in menù. Forse è la ricetta più diffusa dell’isola, ma come per tutte le cose siciliane è ambiguamente cangiante in ogni luogo.
A Palermo ci mettiamo melenzane, olive verdi, salsa di pomodoro, cipolla bianca, sedano, capperi, pinoli e mandorle, per questa volta vi risparmiamo la passolina che i palermitani mettono ovunque, oltre che a basilico e fondamentalmente l’accoppiata agrodolce, zucchero ed aceto. Cuore della ricetta. Qualcuno più “fino” o ardimentoso ci aggiunge una spolverata di cacao. A Cianciana ci mettono i carciofi, e pure, udite udite, pere e pesche.
A Catania aggiungono i peperoni gialli e rossi e pure le patate. Ad Agrigento ci mettono, oltre alle immancabili melenzane, i peperoni gialli, le olive nere, le carote, i cetrioli, il miele, aglio e olio. Di fatto con tutte le sue versioni, se ne contano decine, la caponata è pirandellianamente una, nessuna e centomila. Ovviamente va tutto fritto, perché a noi siciliani il mangiare leggero solo ai malati in ospedale, e nemmeno a tutti. Perché se uno si è rotto una gamba, un po’ di caponata non se la può mangiare il meschino? Mica a problemi allo stomaco.
La caponata è l’equilibrio agrodolce, una sottile linea di confine che divide due emisferi, come quella che divide il bene dal male, parti conviventi in questa terra in mezzo al Mediterraneo. Lo Yin e lo Yan, la contraddizione in servizio permanente effettivo che è il mantra isolano.
Sembra che il nome Caponata derivi dal pesce Capone, in italiano lampuga. Solo che il pesce, che era condito in agrodolce, era troppo caro per il popolo povero e senza un tallero. Per cui il pesce venne sostituito con verdure più economiche, tanto era il gusto agrodolce la forza del piatto, non gli ingredienti. I quali appunto cambiano contrada per contrada, è il concetto di fondo, il gusto, che non cambia.
La Sicilia è povera, ma ricca di fantasia, come i suoi abitanti ed il suo piatto principe. Propongo, visto che su questa prelibatezza, nonostante le varianti, non ci si divide come per le arancine, di cambiare il nome dell’isola da Sicilia a Caponata. Almeno una cosa ci unisce.
Così è se vi pare